Recensione – Taboo, episodio cinque
Pubblicato il 5 Febbraio 2017 alle 20:00
“Quando lascerò andare questo fazzoletto, avanzerete l’uno contro l’altro. E, quando vorrete, ci sarà un garbato scambio di pallottole.”
E’ anche dalle parole del giudice di gara che si può dedurre la maestria di uno sceneggiatore, Steven Knight, sempre sagace, pungente e pieno di sorprese. Com’è sagace e sorprendente l’esito del duello fra James e Thorne. Com’è sagace e sorprendente Taboo, del resto.
I personaggi di questo mystery-drama dalle sfumature horror continuano a muoversi sul filo del rasoio, anche nelle mani di Anders Engström (regista finlandese conosciuto soprattutto per la mini-serie Isabella): Lorna è preoccupata di veder finire James sulla forca, l’irritante Thorne vuole liberare sua moglie dall’influsso del fratello, il Principe Reggente è deciso a far guerra alla Compagnia delle Indie piuttosto che a Delaney, e Strange inizia a doversela vedere con i propri peccati del passato.
E poi c’è James, che spinge i suoi nemici gli uni contro gli altri come se il mondo per lui non fosse altro che una grande scacchiera piena di pedine da muovere a proprio piacimento. Ogni volta che vedo Tom Hardy nei panni di questo misterioso e grottesco individuo, non faccio che pensare alle machiavelliche macchinazioni escogitate da Clint Eastwood negli spaghetti-western di Sergio Leone. Tra l’altro, sono certo al cento per cento che anche il regista romano avrebbe adorato James Delaney.
Un genio della tattica capace di prevedere le mosse dei propri nemici con spaventosa accuratezza, meticoloso e concentrato, disposto a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo. Brutale quando serve (la scena del taglio del pollice ce lo ricorda) e sempre schietto, abituato a circondarsi solo di persone utili ai suoi scopi. Gli altri sono nemici, o da buttar via, tutt’al più.
E mentre le macchinazioni di Stuart Strange iniziano a riemergere (scelta di parole quanto mai azzeccata, visto che potrebbe essere coinvolto nell’annegamento di oltre 250 schiavi africani, che si trovavano a bordo della nave che tanto interessa a James), la curiosità di Lorna spinge finalmente James a svelarci qualcosa in più del suo passato: suo padre comprò sua madre insieme alle terre di Nootka, e quando si stufò di lei la fece rinchiudere in un manicomio.
L’obiettivo di James ora è quello di ottenere la polvere da sparo il prima possibile, dato che la richiesta degli Americani si sta facendo sempre più insistente: ad oggi sembrano loro gli unici in grado di ostacolarlo, con il governo britannico e la Compagnia delle Indie troppo impegnati a pestarsi i piedi a vicenda. Ma le conseguenze di questi sibillini giochi di potere potrebbero rivelarsi catastrofici.
Mentre ci si avvicina inesorabilmente alla fine, le domande continuano a crescere. Delaney ha davvero dei poteri? Come faceva a conoscere l’identità del traditore? E come può possedere sua sorella attraverso i sogni?
L’esorcismo cui Thorne sottopone Zilpha per liberarla dall’influsso di James sembra non aver sortito alcun effetto, visto il rapidamente abortito tentativo di pugnalarlo, presumibilmente sotto l’influenza di suo fratello: ma, se James la controlla davvero, o quanto meno la condiziona, l’ha spinta ad afferrare quella lama, oppure le ha impedito di andare fino in fondo?
L’incantesimo di questa tragedia mistica si fa sempre più seducente.