The Last Guardian [Recensione]

Pubblicato il 24 Gennaio 2017 alle 15:10

Dopo sette anni dall’annuncio e uno sviluppo complesso la nuova opera di Fumito Ueda è finalmente disponibile per i possessori di Ps4.

The Last Guardian ha sicuramente avuto una storia travagliata, annunciato nel 2009 dal Team ICO di Fumito Ueda (già famoso per i successi di ICO e Shadow of Colossus) come esclusiva PlayStation 3, ha sofferto di numerose complicazioni e ritardi, tra cui la separazione di Ueda da Sony e, quando non sembrava più una priorità per l’azienda, all’E3 2015 ne è stata annunciata l’uscita a fine 2016 in esclusiva per la Ps4.

Il gioco è uscito il 7 dicembre, noi l’abbiamo giocato per intero e ora vi raccontiamo se c’è piaciuto o meno.

La trama del gioco è raccontata sotto forma di flashback, il protagonista, un ragazzo vestito come un monaco e con degli strani tatuaggi si risveglia in una vallata dalla quale sembra impossibile fuggire.

Non si sa nulla dei motivi della sua presenza in quel luogo ma fin dalle prime battute ci si ritrova in compagnia di un’enorme creatura mitologica, simile ad un grifone con la testa simile ad un gatto di nome Trico – dall’unione di “uccello” (tori) e “gatto” (neko)

Il rapporto tra i due protagonisti è centrale per lo sviluppo della trama ed è destinato ad evolversi nel tempo fino a diventare una colonna portante della produzione. La storia è narrata in maniera semplice, diretta e progressiva e come per Ico e Shadow of Colossus il titolo trasmette emozioni al giocatore tramite immagini visive, ambientazioni e atmosfere.

Il gioco è di per se un’ avventura dinamica con caratteristiche acquisite dai puzzle-game e dai platform, quindi ci saranno enigmi da risolvere per superare le varie ambientazioni e il giocatore, utilizzando esclusivamente il ragazzo, dovrà sfruttare la collaborazione tra questi e Trico, il quale man mano che si andrà avanti nel gioco risponderà sempre più alle nostre indicazioni per poter attraversare ponti, muovere oggetti e colpire le armature senz’anima nemiche.

L’ambientazione è composta da strutture imponenti, altezze che provocano vertigini al solo sporgere la testa, ostacoli che richiedono ingegno per essere superati.

La collaborazione tra i due è quindi fondamentale, perché il ragazzo può muoversi agilmente negli spazi angusti o scalare edifici quando vi sono solamente piccoli appigli, invece in groppa alla creatura può balzare tra punti molto distanti.

Nelle prime ore di gioco ma anche in seguito bisognerà guadagnarsi sempre di la fiducia di Trico rimuovendogli delle lance dal corpo e cibandolo con dei barili luminescenti che troveremo sparsi nella mappa di gioco, cosi da potergli poi impartire dei comandi sempre più articolati.

Osservando la creatura per l’intera lunghezza del gioco (completabile in 10-12 ore) si denota come abbia caratteristiche sia da felino, per gli atteggiamenti e gli sguardi tipici di un gatto, e sia da cane poiché proseguendo nella storia si andrà affezionando sempre di più al ragazzo e lo seguirà nei momenti di difficoltà.

La rigiocabilità del titolo è connessa soprattutto alla possibilità di sbloccare costumi alternativi per il ragazzo, legati al numero di barili dati in pasto a Trico.

Dal punto di vista del level design il titolo colpisce positivamente soprattutto negli spazi esterni dove trasmette a pieno il senso di grandiosità e di desolazione delle strutture della vallata.

Inoltre sono stati curati molto attentamente gli aspetti dei due protagonisti, soprattutto la maestosità di Trico, con l’elemento vento che interagisce con le sue piume. Altri elementi di design però hanno accusato i lavori iniziati sulla vecchia generazione come l’interazione con l’acqua e le texture degli edifici che ci sono parsi poco ispirati.

Il comparto tecnico è probabilmente la parte più dolente di tutta l’opera, la telecamera negli spazi stretti accusa qualche problema sia quando si comanda il ragazzo a piedi e ancor peggio quando si è in groppa a Trico in prossimità di un soffitto o di una parate dove diviene schizofrenica.

Su Ps4 standard (dove abbiamo giocato il titolo) il frame rate lascia a desiderare ma sulla versione Pro la situazione migliora un pò e si raggiunge una fluidità perfetta a 30 fotogrammi al secondo.

Infine un plauso va riconosciuto al comparto musicale dove l’ottima colonna sonora creata da Takeshi Furukawa, accompagna i protagonisti in maniera timida quando richiesto, più incisiva nei momenti di maggiore tensione emotiva.

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