xXx: Il Ritorno di Xander Cage – Recensione

Pubblicato il 24 Gennaio 2017 alle 00:05

Il redivivo Xander Cage, agente xXx, viene reclutato dalla CIA per recuperare il Vaso di Pandora, un congegno che permette di controllare i satelliti militari, rubato dal pericolo Xiang e dai suoi uomini. Xander mette insieme una squadra di spericolati amanti del brivido e si ritrova coinvolto in un terribile complotto.

Neymar, stella del Barcellona e della nazionale brasiliana, prende a pallonate (o giù di lì) un delinquente prima che un satellite caschi loro addosso. Si apre così il ritorno sul grande schermo dello 007 più coatto nella storia del cinema e il regista D.J. Caruso, colpevole di Sono il numero 4, ne mette subito in chiaro il tono surreal-demenziale.

Vin Diesel fa il Vin Diesel, sfoggia il cappottone impellicciato, mostra i muscoli e si atteggia a dio del sesso, senza un minimo d’exploitation (e con poca autoironia), con le bellezze discinte del film. Il James Bond truzzo risponde agli ordini di Toni Collette, algida M, ed è coadiuvato da Nina Dobrev, improbabile Q, nerd che sbava addosso al protagonista.

Tra i compagni d’azione spicca Ruby Rose, nuova stella del genere (la ritroveremo in Resident Evil: The Final Chapter e John Wick 2), Donnie Yen e Toni Jaa mettono in mostra le loro qualità di artisti marziali mentre l’indiana Deepika Padukone è la bond, anzi, la Xander-girl neanche troppo ambigua. Alla fine salta fuori pure il cameo di Ice Cube. Samuel L. Jackson non riesce più a togliersi di dosso il personaggio e la caratterizzazione di Nick Fury.

Se andate a vedere un film di questo genere in cerca di una storia solida e approfondimento dei personaggi, il problema lo avete voi. A partire da tutti questi presupposti, lo sceneggiatore F. Scott Frazier non ci pensa nemmeno a mettere insieme una trama degna di questo nome e preferisce giocare con gli stereotipi del genere senza però la capacità di destrutturarne o parodiarne gli stilemi.

Ne vien fuori un semplice pretesto per appiccicare insieme tre o quattro scene d’azione, unica ragion d’essere del film, che sembrano la versione povera di Fast & Furious, malamente congegnate e rese dinamiche più dal montaggio che dalla regia senza denotare la minima innovazione.

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