Recensione: Marvel Masterworks – Fantastici Quattro 2
Pubblicato il 8 Agosto 2011 alle 17:59
Marvel Masterworks – Fantastici Quattro 2
Autori: Stan Lee (testi), Jack Kirby (disegni)
Casa Editrice: Panini Comics
Provenienza: USA
Prezzo: € 25,00, 17 x 26, pp. 320, col.
Quando si ha a che fare con determinate opere, in un certo qual modo non avrebbe forse senso recensirle. O dare un giudizio o un voto. Poiché, se le suddette opere rientrano a pieno titolo nella categoria ‘classico’, ogni discorso è ozioso. Un classico è un classico e a che serve considerarlo in maniera positiva o negativa? E le prime, leggendarie storie del comic-book Fantastic Four, che diede vita, grazie alla mitica coppia Lee/Kirby, al Marvel Universe, sono appropriate per questo discorso.
Tuttavia, è bene scrivere qualcosa al riguardo, malgrado tutto. Se non altro perché, penso, i lettori più giovani tendono di solito ad ignorare i prodotti d’annata, a vantaggio delle storie contemporanee. Da un lato, li capisco: in effetti, un fan dei comics USA abituato a colorazioni computerizzate, lay-out particolari, story-line complesse e situazioni adrenaliniche e aggressive, a prima vista faticherebbe a farsi coinvolgere da storie simili.
D’altronde, questo secondo volume della linea Marvel Masterworks dedicato al Favoloso Quartetto ha i disegni, gradevoli e fascinosi, ma piuttosto grezzi e acerbi, di un Kirby che non aveva ancora dato il meglio di sé quando, in anni successivi, sarà coadiuvato dal grande inchiostratore Joe Sinnott. E i testi del sorridente Stan Lee, pur vivaci e ironici, sono verbosi e un po’ datati, se analizzati sulla base degli stilemi espressivi odierni.
Però, lo ripeto, si tratta di un classico. I Fantastici Quattro ebbero una valenza rivoluzionaria nel comicdom a stelle e strisce e nella concezione del super-eroe. In piena Silver Age, inaugurata dal revival di Flash e Green Lantern della DC e dalla pubblicazione della JLA, Martin Goodman, direttore della Marvel, chiese a Stan Lee di inventare un fumetto supereroico in grado di sfruttare il trend. E Lee, insieme a Kirby, ideò i Fantastici Quattro, appunto.
Come tutti sanno, tuttora si discute sulla paternità effettiva dei personaggi (e anche degli altri celeberrimi Marvel characters dei sixties) e non si può stabilire chi, tra Lee e Kirby, abbia effettivamente avuto l’idea dei Fab Four. Di certo Kirby li aveva in parte anticipati con i Challengers of The Unknown della DC; ma Stan Lee ci mise del suo.
Ciò che è indubbio è che i quattro furono di rottura: non avevano un’identità segreta; nei primissimi episodi non indossavano neanche un costume; svolgevano pubblicamente l’attività di super-eroi in un quartier generale conosciuto da tutti; e le storie si svolgevano nel mondo reale, precisamente a New York. Leggendo gli episodi del volume, che include i nn. 10-20 di Fantastic Four, nonché l’annual che descrive la prima invasione di Atlantide guidata dal rissoso Sub-Mariner (una delle storie più amate dai fans), percepirete l’atmosfera di un’epoca: gli anni sessanta kennedyani che rappresentarono un profondo rinnovamento della società, del costume e della mentalità statunitensi, non solo giovanile. E ci sono già i prodromi del nascente Marvel Universe, con vari personaggi coinvolti nelle vicende di Reed, Sue, Ben e Johnny e che rimandano a diverse story-line.
E ci sono le guest-star, come il minuscolo Ant-Man (in una specie di primo, timido team-up). Così come non mancano characters di seminale importanza: il Dr. Destino, nemico per eccellenza del gruppo; il già citato Sub-Mariner; il Super Skrull; o creazioni minori che, dopo parecchi anni, avrebbero fatto la loro ricomparsa, tipo l’Uomo Impossibile o la Principessa Perla del Microverso.
Le psicologie dei quattro eroi, sebbene meno sofisticate se le confrontiamo con quelle di oggi, sono già ben definite: Reed è il cervellone, più propenso a rintanarsi in laboratorio e meno a farsi coinvolgere dal fascino di Sue; quest’ultima è svenevole e vanesia, lontanissima dalla donna forte e sicura di sé che è oggi; Johnny è il giovane sbruffone interessato alle ragazze e alle macchine; e Ben, la mostruosa Cosa, una mina vagante, tormentato dalla sua mostruosità, pronto a cedere all’ira in qualsiasi istante. E la Cosa fu rivoluzionario: fino a quel momento, infatti, i mostri nei fumetti erano sempre stati presentati in chiave negativa; e per la prima volta una creatura simile fu utilizzata come super-eroe (e Lee e Kirby approfondirono il concetto con il non meno famoso Hulk).
Ma ciò che noterete subito è un elemento, che poi è quello che ha reso grandi gli eroi Marvel: la loro umanità. Reed, Johnny, Sue e Ben amano, soffrono, odiano; in poche parole, al di là dello sfondo fantascientifico delle trame, hanno le stesse reazioni, plausibili e realistiche, della gente vera. Sono ‘super-eroi con super problemi’, come dirà Lee, utilizzando una definizione destinata a rimanere proverbiale. Ed è tale dettaglio che intrigherà il pubblico, stimolando il processo di identificazione tra lettore e character, base preponderante della Marvel.
Per riassumere, ripeto: non troverete in questo libro colori computerizzati, influssi manga, violenza a go go e così via. No, Marvel Masterworks – I Fantastici Quattro n. 2 ha il fascino di una ristampa, ottimamente realizzato dal punto di vista editoriale. E se volete addentrarvi in un’era fumettistica più semplice e ingenua, ma valida, tenetelo d’occhio.