Assassin’s Creed – Recensione in anteprima

Pubblicato il 4 Gennaio 2017 alle 00:04

Callum Lynch, condannato a morte per omicidio, viene salvato dall’esecuzione dalla Fondazione Abstergo e condotto in un impianto a Madrid. La Fondazione è il paravento dell’Ordine dei Templari che vuole impadronirsi della Mela dell’Eden, un antico artefatto contenente il codice genetico del libero arbitrio. Gli si oppone l’Ordine degli Assassini di cui Callum è un inconsapevole discendente. Viene quindi collegato all’Animus, un macchinario che gli permette di rivivere in prima persona le esperienze del suo antenato Aguilar ai tempi dell’inquisizione spagnola per scoprire l’ubicazione della Mela.

Punto di forza nell’esperienza della celebre saga videoludica di Assassin’s Creed sono le dettagliate ricostruzioni metropolitane nel contesto di suggestive epoche storiche. Sotto questo punto di vista, la trasposizione cinematografica parte già svantaggiata poiché siamo già abituati a sontuose scenografie d’epoca sul grande schermo che non possono quindi evocare lo stesso sense of wonder dell’esperienza immersiva di gioco. Come se non bastasse, viene qui commesso il gravissimo errore di ambientare due terzi della storia nel presente.

Michael Fassbender, protagonista e produttore della trasposizione, ha deciso di affidarsi nuovamente al regista australiano Justin Kurzel, che lo aveva già diretto nel recente Macbeth, e ha voluto ancora al suo fianco Marion Cotillard, co-protagonista della traslazione shakespeariana, qui in veste dell’algida scienziata dell’Abstergo e figlia del capo dell’azienda, un Jeremy Irons che si limita al minimo sindacale.

Viene del tutto a mancare il dilemma morale che sta alla base quantomeno dei primi episodi del videogioco. La sceneggiatura è assolutoria fin dalle prime battute nei confronti degli Assassini e il testo del prologo condanna subito i Templari. Anche le ragioni della condanna a morte del protagonista sono tali da non suscitare antipatia nei suoi riguardi (ricordate Nicolas Cage in Con Air? Ecco.)

Rivivere le esperienze del proprio antenato attraverso l’Animus ed assorbirne le peculiarità psicofisiche è la componente metavideoludica della saga che pure il film non può replicare poiché non può esserci il coinvolgimento in prima persona dello spettatore. La parte ambientata nella Spagna dell’inquisizione conta tre scene action che sono un copia-incolla fan service del videogame ma non ci viene detto assolutamente nulla di Aguilar, il personaggio non è approfondito come gli Altair e gli Ezio Auditore della serie originale, ci si concentra soprattutto su Callum nel presente.

Nelle scene di combattimento si ricorre ad un montaggio incrociato per farci vedere come Callum segua le gesta di Aguilar nel presente e il risultato sono sequenze frammentarie che tendono ad essere ulteriormente estranianti. Oltretutto la risoluzione del mistero sull’ubicazione della Mela dell’Eden è piuttosto prevedibile dal momento che l’anno in cui si svolgono le peripezie di Aguilar è il 1492.

Per il resto, il film si limita ad inanellare spiegoni per gettare le basi del franchise anche al cinema, una sfilza di dialoghi che annoieranno il pubblico generalista e stancheranno i fan che conoscono già a menadito tutte le dinamiche esposte. Gli appassionati avranno bisogno di un bel balzo della fede per appassionarsi al film ma non ci sarà un mucchio di paglia ad attenderli al momento dell’atterraggio.

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