Recensione: DMZ 10 – Punizione Collettiva

Pubblicato il 3 Agosto 2011 alle 10:27

DMZ 10 – Punizione Collettiva

Autori: Brian Wood (testi), Andrea Mutti, Nathan Fox, Cliff Chiang, Danijel Zezelj, David Lapham (disegni)
Casa Editrice: Planeta De Agostini
Provenienza: USA
Prezzo: € 12,95, 16,8 x 25,7, pp. 120, col.

Al pari di Scalped di Jason Aaron, DMZ di Brian Wood e Riccardo Burchielli è certamente uno dei serial di punta della divisione editoriale Vertigo della DC, per quanto concerne la produzione degli ultimi anni. È pur vero che, personalmente, nei mesi passati mi era parso di intravedere un po’ di stanchezza e di calo nell’ispirazione di Wood; ma, in generale, credo che si possa affermare con un certo margine di sicurezza che il comic-book in questione è superiore alla media.

Partendo da una geniale idea, cioè ipotizzare che, in seguito a una guerra civile, Manhattan è diventata una nazione indipendente, denominata DMZ (zona demilitarizzata), Wood ha analizzato le contraddizioni e le devianze della società americana post-undici settembre, basata sul clima ansiogeno di ‘guerra di civiltà’, lotta al terrorismo, ‘esportazione della democrazia’ e altre follie partorite dall’America di George W. Bush. In pratica, DMZ è a tutt’oggi uno dei pochi fumetti autenticamente politici presenti nel mercato.

Tuttavia, pur scagliandosi contro gli impeti guerrafondai e pur denunciando le storture dell’apparato (dis)informativo imperante in occidente, Wood non è mai caduto nella facile propaganda e non si è mai dimenticato di dover scrivere una storia a fumetti che, innanzitutto, coinvolgesse il lettore senza annoiarlo. E, malgrado, ripeto, i periodi di calo qualitativo che indubbiamente ci sono stati, DMZ, da questo punto di vista, non è un fallimento.

Imperniato sulle vicende di Mattie Roth, giornalista che, per una serie di circostanze, rimane intrappolato nella DMZ e decide di informare il pubblico ‘esterno’ alla zona occupata della reale situazione esistente, il serial è però ricco di numerosi personaggi comprimari che hanno rivestito spesso un ruolo importante nelle story-line: per esempio, il populista Parco Delgado, che ha vinto le prime elezioni ‘libere’ della DMZ e che, a conti fatti, si è rivelato un’autentica iattura per la popolazione del luogo; oppure Zee, la ragazza di Mattie; o i dirigenti della corrotta Trustwell Inc., una compagnia impegnata nella ricostruzione della zona demilitarizzata.

In questo tp, che comprende i nn. 55-59 del comic-book originale, Wood si concentra, più che su Mattie, comunque presente, proprio su alcuni di questi character, peraltro affrontando un tema decisamente controverso, esplicitato dal titolo: ‘Punizione Collettiva’. Di cosa si tratta? Di una pratica, decretata ufficialmente ‘crimine di guerra’ dall’articolo 33 della quarta Convenzione di Ginevra nel 1949, ma che purtroppo, paesi come Stati Uniti e Israele praticano impunemente, senza che nessuno osi protestare.

Consiste nell’eliminare, a mo’ di rappresaglia, intere popolazioni, ritenute sostenitrici di singoli individui responsabili di attentati. Come è facile intuire, quindi, in seguito ai recenti eventi avvenuti nella DMZ, qualcuno ha deciso di ricorrere alla Punizione Collettiva. Wood, dunque, ci rivela in che modo si comporteranno Amina, l’ex terrorista kamikaze in passato protagonista di uno degli episodi più controversi del comic-book; oppure Wilson, il padrino di Chinatown; o l’artista di strada Decade Later in quella che è forse la storia più dura e scioccante del volume, in cui Wood denuncia senza mezzi termini la barbarie della tortura usata da eserciti di paesi che osano ancora definirsi civili. E non mancano i momenti forti, con esplosioni, morti, uccisioni efferate, insomma, tutti gli elementi che i lettori di DMZ ben conoscono e che costituiscono, di fatto, l’elemento di agghiacciante realismo di un serial che, con il pretesto di uno sfondo fantascientifico, in realtà parla della cronaca dei giorni nostri.

Sul versante grafico, in questa occasione manca il bravo Riccardo Burchielli. Ma i penciler che lo sostituiscono non lo fanno rimpiangere: l’ottimo Andrea Mutti, il grande Danijel Zezelji, gli efficaci Cliff Chiang e Nathan Fox e il non meno abile David Lapham. Costoro ben visualizzano le intense sceneggiature di Wood e rendono giustizia ai testi profondi ed evocativi dello sceneggiatore. Da non perdere.

Voto: 8


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