Storie dello Spazio Profondo, torna il capolavoro di Bonvi e Francesco Guccini [Recensione]

Pubblicato il 24 Dicembre 2016 alle 10:00

Cosa avvenne quando Bonvi e Francesco Guccini decisero di collaborare? Nacque un capolavoro visionario del calibro di Storie dello Spazio Profondo! Non perdete una delle opere di culto del compianto creatore delle Sturmtruppen!

Quando si parla di Bonvi si pensa alle Sturmtruppen e a Nick Carter, due delle sue creazioni più amate in assoluto. Tuttavia, il compianto cartoonist, nel corso della sua straordinaria attività creativa, realizzò molte altre opere, spesso diverse tra loro, e da questo punto di vista non mancano sorprese.

Storie dello Spazio Profondo rientra a pieno titolo nel discorso. Mondadori Comics ha avuto l’ottima idea di proporre in un unico volume i sette episodi che compongono la serie e coloro che non le hanno mai lette ne saranno stupiti.

Furono realizzate in un momento particolare della vita artistica di Bonvi, verso la fine degli anni sessanta. A scrivere i testi c’è anche Francesco Guccini, suo grande amico, e i due decisero di creare un fumetto irriverente e sopra le righe caratterizzato da uno sfondo fantascientifico. Non mancano, però, l’umorismo, e le invenzioni grafiche e linguistiche che i fan di Bonvi amano. Le storie furono originariamente pubblicate nella rivista Psycho ma le ultime due apparvero solo in una successiva edizione in volume.

Risentono del clima contestatario dell’epoca e abbondano i rimandi all’immaginario psichedelico. Bonvi e Guccini traggono in parte ispirazione dalla fantascienza trasgressiva di Robert Sheckley e altri scrittori della new wave, filtrata da una prospettiva peculiare, sarcastica e acre.

I protagonisti sono un avventuriero spaziale (le cui fattezze rimandano a quelle dello stesso Bonvi) e un robottino. Entrambi rimangono coinvolti in situazioni assurde e strampalate che offrono l’opportunità agli autori di prendere in giro la pubblicità che influenza le masse, il militarismo o l’avidità del sistema capitalistico.

Ci sono istanze sessantottine e suggestioni della controcultura fine anni sessanta/primi settanta ma, al di là di questo aspetto, gli episodi sono ancora oggi di una modernità assoluta, sia nel ritmo narrativo sia nelle invenzioni. E’ inquietante scoprire che già all’epoca Bonvi e Guccini avevano pensato a moderne metropoli sottoposte a un esasperato sistema di controllo con telecamere onnipresenti o quanto abbiano anticipato pellicole di successo come Star Wars (le pagine ambientate in un bar pieno di alieni sono  significative in tal senso).

I testi e i dialoghi sono vivaci e scoppiettanti come è lecito attendersi da due giocolieri della parola del livello di Bonvi e Guccini. A tratti, specialmente quando appaiono militari, si colgono anticipazioni di Sturmtruppen, dal momento che viene utilizzato uno slang che fa pensare al famigerato ‘tedeschese’.

Preparatevi dunque ad avere a che fare con impresari senza scrupoli, psicopoliziotti, principesse aliene dal carattere poco accomodante, creature mostruose ma simpatiche, pirati spaziali e allucinazioni, mutuate dall’estetica Flower Power. Si rilevano pure citazioni: i libri di Burroughs, i classici film di Hollywood (un episodio si conclude con la celebre battuta finale di ‘A Qualcuno Piace Caldo’) e persino i versetti della Bibbia.

Dal punto di vista dei disegni, c’è da fare una considerazione. Bonvi aveva detto spesso di non essere un bravo disegnatore e che optava per lo stile cartoon allo scopo  di celare certe sue mancanze, in particolare per ciò che riguardava le anatomie. Possiamo affermare che era troppo severo.

Il tratto di Storie dello Spazio Profondo è infatti meno grottesco e più realistico (benché alcuni personaggi abbiano comunque un aspetto caricaturale) e non è poco valido, anzi. I protagonisti sono tutti ben caratterizzati, valorizzati inoltre da efficaci chiaroscuri. In pratica, Bonvi era un disegnatore impeccabile, dotato di fluidità e dinamismo, e questo volume lo dimostra senza ombra di dubbio.

Insomma, se volete scoprire un lato curioso della poliedrica creatività di Bonvi (nonché di quella di Guccini), questo libro va tenuto d’occhio. Piacerà ai cultori della fantascienza, ai fan dei due autori e a coloro che cercano qualcosa di diverso. Il volume si segnala inoltre per una bella intervista che la figlia di Bonvi ha fatto proprio a Guccini e che aiuta il lettore a contestualizzare quest’opera intrigante.

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