Randagi, una distopia tutta italiana [Recensione]

Pubblicato il 21 Dicembre 2016 alle 10:00

Uno scrittore di romanzi e una disegnatrice proveniente dal fumetto indipendente danno vita al primo volume di Randagi, una graphic novel distopica capace di tenere il lettore incollato alle pagine dall’inizio alla fine.

Tra epoche post-apocalittiche, zombie, malattie globali e dittature di futuri più o meno lontani, la distopia è un argomento che non smette di affascinare, specialmente gli adolescenti e i giovani adulti: insomma, quel target che molti riassumono sotto il termine di young adult.

“Randagi”, primo numero di una serie creata da Alessandro Mari e Francesca Zoni per Rizzoli Lizard, rientra nel filone delle storie distopiche che, come in molte altre saghe post-apocalittiche, ha come protagonisti gli adolescenti. In questo caso, addirittura, sono tutti i personaggi – dai principali ai secondari, da quelli di contorno alle comparse – ad essere adolescenti, o comunque giovani che non raggiungono i trent’anni.

Il motivo è presto spiegato (in “Randagi”, infatti, si entra fin da subito nel vivo della storia, immergendo completamente il lettore in questo futuro alternativo, molto familiare e vicino a noi): una misteriosa malattia colpisce indifferentemente tutti gli adulti e gli anziani, risparmiando adolescenti e bambini, che sono quindi lasciati a loro stessi. Dei “randagi”, per appunto.

È la prima volta che la Rizzoli Lizard pubblica un fumetto originale italiano, il quale deve aver avuto una lavorazione particolarmente attenta, durata circa due anni. Alla sceneggiatura abbiamo Alessandro Mari, scrittore e traduttore noto per i romanzi “Troppa umana speranza” e “L’anonima fine di Radice Quadrata”; ai disegni, invece, troviamo Francesca Zoni, proveniente dal gruppo di autoproduzioni “La Trama”.

La collaborazione tra la storia di Mari e il tratto di Zoni costituisce un connubio perfetto, che offre al lettore una storia con un ritmo serratissimo, ricco di momenti di tensione, che rendono quasi doverosa un’unica lettura ininterrotta.

La trama di “Randagi” si basa su due storie parallele e su due protagonisti: Nina, che durante l’epidemia si trova su una nave, e Tito, che invece è rinchiuso in un carcere minorile. I due personaggi sono praticamente opposti, così come le loro storyline: lei è in mare, lui sulla terraferma (a Napoli, nello specifico); lei diventa un’infermiera improvvisata, lui impara ad usare una pistola; lei prima dell’epidemia aveva una vita perfetta, lui invece un’esistenza problematica.

I due protagonisti, nel corso della narrazione, non si incontrano mai: tuttavia, entrambe le trame seguono lo stesso ritmo narrativo, con gli stessi climax e gli stessi “momenti di distensione”. Infatti la storia di uno è lo specchio della storia dell’altra: sia Nina che Tito si ritrovano ad affrontare lo stesso “ignoto”, sono entrambi impreparati e dovranno imparare non solo a sopravvivere, ma anche a perdere.

Ritmo e motore della narrazione non è solamente la storia in sé, ma anche l’alternarsi di bianchi e neri dei disegni. Si passa da una sottile linea di contorno, accompagnata da un tratteggio delicato e da un tenue azzurro per i mezzitoni, ad intere aree di nero: un mix di tinte decise e linee molto fini, che si sposa molto bene con la trama.

Le due storie individuali di Tito e Nina mostrano anche due approcci umani estremi alla sopravvivenza, nonché due forme di “organizzazione della società”: una simile alla dittatura (quella che vive Nina), l’altra invece molto più “comunitaria” (quella di Tito). Il tutto in un’ambientazione italiana che dovrebbe esserci più familiare di una New York o di una Tokyo post-apocalittica.

Per concludere, “Randagi” è un fumetto scorrevolissimo che, se di primo acchito potrebbe avere pochi elementi originali, costituisce in realtà il solido primo volume di una serie con grande potenziale.

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