Visione di Tom King e la ricerca ultima dell’umanità [Recensione]
Pubblicato il 24 Novembre 2016 alle 11:25
Visione, di Tom King, è un’opera unica che si avvicina più al fumetto autoriale che a quello mainstream statunitense. Panini Comics porta in Italia la serie regolare di Visione. La testata, acclamata da pubblico e critica, verrà pubblicata in 2 volumi cartonati.
King analizza all’interno della sua serie temi sempre attuali: la paura di ciò che è diverso, la difficoltà di integrarsi all’interno di un ambiente già costituito e diffidente e le problematiche che si vivono all’interno di una famiglia. Come Occhio di Falco, il capolavoro di Matt Fraction e David Aja, anche Visione di King porta avanti l’idea di voler raccontare la vita privata di un eroe.
Visione, figlio di Ultron creato per distruggere i Vendicatori, ha fatto del tentativo di evidenziare il proprio lato umano, la sua caratteristica principale. Ha infatti tentato più volte di avvicinarsi ad esso, sentendolo sempre vicino e allo stesso tempo lontano, trovandosi costantemente in bilico tra macchina e uomo.
In passato, insieme a Wanda Maximoff (Scarlet Witch), aveva tentato di dar vita ad una famiglia ma per i due Vendicatori la storia finì in tragedia e Visione da quel momento ha continuato la sua ricerca, per riuscire ad umanizzarsi, da solo.
Questa volta il tentativo di Visone per ottenere una parvenza di umanità e normalità è estremo. Il Sintezoide crea per sé una famiglia e una vita che rispetti i canoni dell’american way, costruisce una moglie, Virginia e due figli Viv e Vin e si trasferisce al di fuori della base degli Avengers dando così inizio ad una vita normale, inseguendo, in quei momenti in cui può sfilarsi il mantello da eroe, il sogno americano.
L’opera di King è curata nei minimi dettagli e una delle peculiarità della serie è certamente l’attenzione al linguaggio. La famiglia di Visione, in particolare i due genitori, ha un vocabolario e un modo di esprimersi estremamente formale.
Questo porta, anche tra i due figli del sintezoide, ad interessanti disquisizioni linguistiche in particolar modo sul reale significato delle parole. Dietro questi problemi di semantica, che diventano il filo conduttore del primo story-arc, si celano in realtà problemi filosofici e più precisamente ontologici sulla natura stessa della famiglia di sintezoidi.
I figli di Visione ad esempio, vivono una difficile situazione di emarginazione a scuola dove vengono visti come diversi in quanto androidi, mentre essi si sentono normali ragazzini. La famiglia Visione nel suo interrogarsi non è dissimile dall’uomo comune.
Si chiedono chi sono realmente, quale sia il proprio scopo, cosa li distingua dagli esseri umani e se possano raggiungere quel livello di umanità che tanto ardentemente Visione vuole che loro ottengano. Ma la conquista di tale obiettivo è realtà o semplice finzione?
L’umanità è qualcosa che possono davvero ottenere o solo fingere di avere? Punto chiave di questi ragionamenti sono i dialoghi tra i due coniugi i quali si interrogano su cosa renda l’uomo tale, su quale sia il suo scopo e sulla profonda tautologia della natura umana è emblematica la fresa di Visione:
Affermare come vero ciò che non ha senso è la missione principale dell’umanità.
Questa missione che appare senza senso a chi ragiona principalmente come un computer è però il cuore della libertà secondo Visione, il quale cerca in ogni modo di liberarsi dal fardello di essere il figlio di Ultron, il figlio di un Tiranno che cerca di raggiungere i propri fini solo con gli strumenti della logica.
Il perseguimento di una fine inottenibile tramite strumenti illogici è la via della libertà. Questa è la mia visione del futuro, del nostro futuro
Visione vuole portare la sua famiglia a raggiungere un reale grado di umanità nella speranza di allontanarsi dalla sua effettiva e primaria natura.
Sebbene siano i dialoghi i veri protagonisti di questo fumetto, Virginia emerge come il personaggio fulcro della storia che, pur cercando di recitare/vivere al meglio il ruolo di moglie, si trova ben presto schiacciata dal peso di ciò che si sente costretta a nascondere al marito per il bene della propria famiglia.
Un personaggio tormentato sulla natura stessa della propria esistenza e della propria essenza formata dalle onde cerebrali, appartenenti ad un’altra donna, la cui identità, facilmente intuibile, sarà un elemento caratterizzante del secondo story-arc.
King dà vita ad un primo arco narrativo dedicato esclusivamente alla famiglia di Visione, permettendo al lettore di capirne le dinamiche e di conoscerne i personaggi.
Nel primo volume vengono raccontati il primo approccio alla vita umana della famiglia Visione, i loro rapporti con il vicinato, finto e diffidente, i primi giorni di scuola di Viv e Vin con la conoscenza dei loro compagni di classe e la difficoltà di Visione nel far convivere il suo essere un Avengers con il padre di famiglia, ruolo per lui nuovo e che ancora non sa gestire adeguatamente.
In particolare King si soffermerà sui problemi esistenziali delle nuove creazioni di Visione, Virginia Vin e Viv i quali trovano difficile accettare le decisioni prese dal sintezoide senza ricevere sufficienti spiegazioni.
Fin dai primi numeri, l’autore, introduce elementi che aprono le porte ad un secondo arco narrativo dove la testata, pur continuando a concertarsi sull’aspetto psicologico, si immette in una dinamica più complessa che coinvolge anche altri personaggi della Marvel.
A partire infatti dal primo numero originale, con la terribile intrusione che porterà la tragedia nella famiglia Visione, King gioca con gli elementi del passato del sintezoide portandoli man mano alla luce. Tra questi Agatha Harkness, maestra di Scarlet Witch, che avrà una visione sul futuro del sintezoide che sarà centrale nel secondo story-arc.
Il reparto grafico è perfettamente adatto alla storia, ai disegni troviamo Gabriel Hernandez Walta e ai colori Jordie Bellaire. La coppia riesce a declinare con estrema naturalezza in immagini la difficoltà di far apparire delle emozioni in una famiglia di androidi, donando una forte espressività ai personaggi tramite giochi di ombre e un attento uso del linguaggio del corpo.
Walta delinea dei volti dai quali traspare sempre una forte tristezza, grazie soprattutto ai grandi occhi bianchi dei 4 sintezoidi. Ballaire invece usa una tavolozza di colori spesso tenui che specialmente nelle sfumature di rosa della pelle dei sintezoidi donano una patina delicata a questi personaggi.
I due artisti dunque riescono nel difficile compito di dar vita ed espressioni a questi androidi, facendo sì che il lettore riesca a provare empatia per loro
Se Roy Thomas e John Buscema in Avengers #58 hanno mostrato per la prima volta le emozioni, la commozione di Visione, con la significativa storia “Even an android can cry“, Tom King con la sua serie sta dimostrato che anche un sintezoide può provare le gioie e i dolori di una vita normale.