Recensione – All the Way, il nuovo film HBO con Bryan Cranston

Pubblicato il 8 Novembre 2016 alle 18:30

In tempo per le elezioni USA 2016, Sky Cinema propone la storia del controverso Lyndon B. Johnson, trentaseiesimo presidente degli Stati Uniti d’America che successe alla tragica fine di JFK.

La HBO affida a Jay Roach (che aveva già lavorato con Bryan Cranston in Trumbo) l’adattamento cinematografico della fortunata opera teatrale di Robert Schenkkan, che nel 2014 vinse addirittura un Tony Award.

Lontano dai palcoscenici di Broadway la sceneggiatura di Schenkkan trova nuova linfa davanti alle cineprese, con un Bryan Cranston quasi irriconoscibile con i sopracciglioni tinti di nero e il naso finto (spesso sembra il sosia di Tommy Lee Jones): nelle mani di Mr. Cranston (vincitore di 4 Emmy e un Golden Globe) questo “presidente per caso” diventa un fantastico compendio di contraddizioni, troppo volgare per essere l’uomo più potente del mondo eppure perfettamente a suo agio nel ruolo.

La sua performance è sempre fervente e magnetica, anche quando la trama si fossilizza specificatamente sui tecnicismi della politica USA, ma anche al suo massimo non riesce mai a raggiungere i livelli più alti visti altrove.

La storia segue il primo anno della presidenza Johnson, dagli istanti immediatamente successivi all’assassinio di John Fitzgerald Kennedy fino alla vittoria delle elezioni del ’64 (niente spoiler, questa è storia, ragazzi). La prima parte è tutta incentrata sugli sforzi di Johnson di far passare la proposta di legge sui diritti civili, barcamenandosi fra i vari schieramenti politici e la sempre più crescente “coscienza nera”, rappresentata dal Martin Luther King di Anthony Mackie.

Ci sono Hubert H. Humphrey, Richard B. Russell, J. Edgar Hoover, e tanti altri personaggi politici di spicco dell’America dei sixties e i discorsi anti-negri dei senatori degli stati del Sud hanno il potere di fare ribrezzo se ascoltati da orecchie del ventunesimo secolo, ma allo stesso tempo ci invitano a riflettere: basta farsi un giro su un qualsiasi social network per collezionare i più disparati epiteti con cui vengono etichettate le persone con la pelle di un colore diverso dalla nostra, quindi dopo quasi sessant’anni è davvero cambiato qualcosa?

La cosa interessante di All the Way è che lo scopo di Roach sembra essere più la decostruzione del potere e delle sue strutture piuttosto che una lezione di storia. Forse un po’ troppo buonista, perché il film non arriva ad abbracciare la crisi della Guerra in Vietnam e tutta l’escalation che Johnson avrebbe causato qualche anno dopo, e forse una mini-serie avrebbe potuto raccontare più approfonditamente questo controverso personaggio.

La pellicola è comunque valida e soprattutto ci regala un’altra grande prestazione di Bryan Cranston, un piccolo gioiello che sarà anche un po’ impolverato, ma che resta pur sempre un gioiello.

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