Recensione Berserk 67 – Planet Manga
Pubblicato il 10 Maggio 2010 alle 11:54
Autore Kentaro Miura
Casa Editrice Planet Manga
Provenienza Giappone
Prezzo 2,20 €
A cura di MikiMoz Capuano
Sebbene i veri fan non potranno mai abituarsi alla cosa, ormai di Berserk, come già da qualche tempo, se ne vede solo un tankobon all’anno, e non più due come in passato.
Sebbene i veri fan non saranno mai sazi, non potranno che accettare la situazione: anche in Italia, come in Giappone, di Berserk se ne vedrà soltanto un volume all’anno.
Al massimo, due volumetti della cosiddetta serie regolare, grazie all’antica abitudine della Planet Manga di separare a metà ogni uscita del capolavoro di Kentaro Miura.
E così, dopo circa sei mesi dalla pubblicazione in madrepatria -ossia i tempi tecnici necessari tra burocrazia e adattamenti- esce anche qui da noi la prima parte del volume 34, ossia Berserk 67.
E’ un volumetto che pare potersi leggere in poco tempo. Perché di parole ne ha poche, preferendo spesso raccontare lo svolgersi della storia con superbi disegni.
Ma è un volumetto che non deve essere letto in poco tempo, perché sebbene manchino spesso le parole -ma quando ci sono, sono ovviamente essenziali e importanti- ci si deve soffermare su ciò che si percepisce dai disegni. Che, a chiamarli semplicemente disegni, sembra essere riduttivi.
Ma che Miura sappia disegnare quasi oltre l’umano, non è certo una novità.
Su tutte, prendete per esempio la prima doppia tavola, quella coi contadini al lavoro nei campi: è un quadro vero e proprio.
Grifis è faccia a faccia con Ganishuka/Shiva, enorme ammasso infernale che ha già raso al suolo Windom. Il gigantesco dio finale è totalmente fuori controllo, confuso e minaccioso: la sua promessa di accogliere il Falco col più terribile degli eserciti si concretizza quando ai suoi piedi nascono orde di mostri pronti a spazzare via il nemico.
Ed è a questo punto che Grifis fa scendere in campo i suoi Apostoli, senza celarne al mondo la loro natura mostruosa.
E gli uomini presenti cominciano a nutrire dubbi, a spaventarsi. Nessun problema, tutto calcolato.
Miura ha già stirato sapientemente la mente dei suoi personaggi-massa, dalla rinascita terrena di Grifis in poi. Quindi, come al solito, basta che il destino –sicuramente aiutato dai programmi del Falco stesso- ci metta del suo, con Sonia che fa la paternale agli spettatori di questo film fantastico, con Arwain-peluche-rassicurante e soprattutto, con le parole del sommo livellatore di cervelli: Sua Santità il Papa, che, in un discorso filosoficamente paraculistico, fa sì che tutti si credano parte di quel miracolo annunciato nel lontano volumetto 33, e che sta per compiersi sicuramente tra la felicità e il gaudio generale. Nonostante i mostri, nonostante il sangue, nonostante le macerie, nonostante tutto.
Il numero 67 paga lo scotto di essere “solo” la prima parte di un tankobon che riserva i grandi colpi di scena nel finale. Quindi, crea l’attesa per i fuochi d’artificio che ci aspettano a breve (giugno), e può risultare così abbastanza dispersivo, soprattutto per chi -complici le uscite annuali- ha perso il filo.
Sebbene quel che succeda sia però assolutamente necessario per la trama.
Una preparazione, quindi. Che racconta passaggi anche ovvi, ma logici per l’intreccio.
E che comunque, porta il lettore a delle riflessioni generali: l’alleanza tra gli umani e gli Apostoli appare assolutamente miracolosa nella sua assurdità, specie considerata l’ultima volta che li abbiamo visti assieme così anima&core (l’Eclisse, e sappiamo bene com’è andata…). Cosa succederà?
Lo stesso Daiba si pone grandi dubbi in merito.
Eppure, e lo si capisce dai disegni, dalle espressioni di uomini e mostri, dai tratti di china che qui dicono più di mille parole…, i due “gruppi” sono felici di collaborare, almeno contro un nemico comune. E non c’è quasi distinzione tra le parti: sia gli umani che gli Apostoli si accettano vicendevolmente, e forse lo sforzo è paradossalmente più dei primi che dei secondi, poiché sembra evincersi che i rinati si sentano quasi reietti, si vergognino della loro condizione mostruosa a cui furono destinati con l’utilizzo del Bejelit (ricordate il Conte e il suo rapporto con la figlia?). Come a voler dire: siamo tutti umani, o almeno lo siamo tutti stati. O almeno, di nuovo, in fondo lo siamo ancora tutti. O, in fondo, siamo tutti mostri?
VOTO 8+