Jack Reacher: Punto di non ritorno – Recensione

Pubblicato il 25 Ottobre 2016 alle 13:07

Jack Reacher torna al quartier generale della 110ª unità di polizia militare in Virginia dove ha prestato servizio come maggiore per incontrare Susan Turner, la donna che preso il suo posto e con la quale ha avuto diversi contatti telefonici. Tuttavia, Susan è stata arrestata con l’accusa di spionaggio. Convinto della sua innocenza, Jack cerca di aiutarla trovandosi alle prese con una grande cospirazione. Nel frattempo, viene a sapere che potrebbe essere diventato padre.

Jack Reacher poster

Ex-marine, poliziotto ed investigatore, stanco di ricevere ordini fin dall’infanzia e di sentirsi privo di una vera patria, Jack Reacher vive nell’ombra spostandosi in giro per gli USA senza lasciar traccia di sé, un duro dal cuore tenero, fenomenale combattente dallo spiccato acume investigativo, che si palesa per raddrizzare i torti prima di dileguarsi nuovamente. E’ il protagonista della fortunata saga letteraria scritta da Lee Child che sta per raggiungere il ventunesimo volume.

La prima trasposizione cinematografica, uscita nel 2012 e tratta da La prova decisiva (nono romanzo della serie), non ha raccolto esattamente un plebiscito di critica e pubblico ma il riscontro al botteghino è stato più che sufficiente per mettere in cantiere il sequel. Tom Cruise, protagonista e co-produttore, ha voluto stavolta alla regia Edward Zwick, col quale aveva già lavorato ne L’ultimo samurai ed è stato deciso di trasporre uno dei più recenti romanzi della saga, Punto di non ritorno, edito nel 2013.

L’idea che dovrebbe fungere da motore emotivo della storia è quella di dare a Reacher un surrogato familiare. L’action man solitario e tutto d’un pezzo si ritrova così ad avere un punto debole e ad essere ricattabile. Cruise, sempre più tinto, col volto gonfio e la pelle stirata, riesce comunque a conferire il giusto carisma al protagonista con le tipiche battute ad effetto da antieroe hard boiled. Lo affianca Cobie Smulders, sempre a suo agio nel ruolo della donna tosta in divisa, mentre Danika Yarosh è la figura filiale della fortunosa coppia.

L’intreccio, seppur solido, è fin troppo convenzionale ed il film risulta piatto e monocorde ma è soprattutto la componente action ad essere insufficiente. E’ impensabile, oggi, che un prodotto mainstream possa cavarsela proponendo un paio di brevi scazzottate, una corsetta in auto e una mezza sparatoria. Roba che non basterebbe neanche nell’episodio di una serie tv o in un prodotto direct-to-video. Un po’ come accaduto a personaggi letterari come Jason Bourne o Jack Ryan, anche Jack Reacher funziona meravigliosamente sulla carta ma avrebbe bisogno di qualcosina in più nel passaggio sul grande schermo per appassionare il pubblico generalista.

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