SUICIDE RISK, quando Supereroi, supercriminali e déi sono la stessa cosa! [SPECIALE]
Pubblicato il 24 Ottobre 2016 alle 13:00
Si è da poco concluso in Italia con il sesto volume Suicide Risk. Cosa ci ha lasciato l’opera di di Mike Carey ed Elena Casagrande?
Tra le serie americane pubblicate da Bao Publishing spicca Suicide Risk. Proposta negli Stati Uniti da Boom! Studios, è scritta da uno degli autori britannici più acclamati di questi ultimi anni, Mike Carey, noto per opere dirompenti del calibro di Lucifer o The Unwritten, giusto per citarne alcune.
Il suo punto di forza è la versatilità. Carey, infatti, è in grado di concepire storie horror, fantasy e supereroiche in maniera personale. E’ evidente proprio nel caso di Suicide Risk, un comic-book certamente di difficile classificazione.
Parte come un intrigante mix di crime e supereroi ed è incentrato su Leo, un poliziotto che sembra uscito da un telefilm stile Criminal Minds. Agisce però in un mondo in cui esistono i supereroi. Tuttavia, è arduo considerarli benintenzionati. Molti di essi hanno iniziato la loro attività con l’obiettivo di combattere il male ma in seguito si sono trasformati in esseri malvagi e senza scrupoli.
Da questo punto di vista, quindi, Carey riprende l’idea dei superumani dalle pulsioni discutibili, più simili a villain che a veri e propri giustizieri, in ossequio alla linea a suo tempo tracciata da Alan Moore nel suo capolavoro Watchmen.
Gli inizi
Nel primo volume della collana, per esempio, è evidente soprattutto nel caso del forzuto Grudge e delle terribili Memento Mori e Diva. Un’altra particolarità inserita da Carey è data dal fatto che i super poteri sono ottenuti in maniera illegale, pagando un prezzo considerevole. Ed è ciò che è costretto a fare Leo dopo che un collega perde un braccio a causa di un super impazzito. A questo punto la vita del protagonista diventa un incubo.
Il personaggio principale della serie è concepito da Carey come un uomo idealista, legato alla moglie e ai figli, coinvolto in qualcosa che non comprende.
La trama è piena di misteri e Carey svolge un ottimo lavoro, riuscendo a incuriosire sin dalle prime pagine. Suicide Risk inizia come un poliziesco per poi evolversi in un fumetto supereroico che, analogamente a Powers o ad Astro City, privilegia la prospettiva di un individuo comune. Nei capitoli finali del tp iniziale, inoltre, si rilevano atmosfere misticheggianti che possono far pensare, facendo i debiti distinguo, a quelle di Lucifer.
In effetti, una delle particolarità più intriganti della serie è l’imprevedibilità. Man mano che la story-line si dipana, infatti, Carey abbandona le atmosfere thriller, influenzate dai serial televisivi, per sfiorare tematiche e situazioni che sembrano avere a che fare con l’esoterismo. Tutto si basa sul senso di indeterminatezza, a cominciare da Leo che, episodio dopo episodio, è sempre meno consapevole della sua reale identità.
Forse non è mai stato un uomo qualunque e il suo contesto familiare è un’illusione. La contrapposizione di una falsa vita di normalità e la sua nuova esistenza da superuomo è uno dei dettagli più interessanti di Suicide Risk e Carey lo sviluppa con abilità.
Inoltre, il tema dei super poteri venduti a coloro che possono permetterselo può pure essere interpretato come una critica ironica nei confronti della mercificazione insita nel mercato dei comic-book statunitensi.
I supereroi sono sempre stati un prodotto. Ieri prevalentemente editoriale, oggi cinematografico e nel complesso mediatico. La stragrande maggioranza degli albi sono ormai concepiti in funzione di un film, di una linea di action figures, di un cartone animato, di un videogame. Il business è dominante, ben celato dagli idealismi ufficiali dei Superman sorridenti. Carey usa tale elemento inserendolo sullo sfondo della trama, con esiti efficaci.
C’è anche un ennesimo particolare meritevole di attenzione. Mentre la story-line procede, Carey inizia a rivelare qualcosa sugli esseri potentissimi, a cominciare dalla splendida Diva. Forse non è una supereroina ma una dea e lo stesso vale per altri character di Suicide Risk.
Carey si diverte quindi a giocare con stilemi fantasy e, come ho scritto, mistico/esoterici, al punto che Suicide Risk può essere in parte messo sullo stesso piano di altri suoi lavori come Lucifer e Crossing Midnight. Sembra quasi che Carey faccia sua l’idea che Grant Morrison aveva esplorato nel saggio Supergods e cioè che gli odierni supereroi hanno la medesima funzione delle divinità delle antiche leggende.
Le storie dei supereroi sono dunque una forma contemporanea di mitologia e i fan gli adepti degli déi. In ogni caso, il mito e le divinità potrebbero avere a che fare con gli sviluppi narrativi di Suicide Risk.
L’imprevedibilità
Di nuovo, la testata è imprevedibile e la conferma arriva nel secondo straordinario arco narrativo. Il ritmo della storia si fa più serrato, con avvincenti e drammatici colpi di scena. Carey fa precedere lo story-arc da un episodio autoconclusivo che approfondisce la tematica della vendita dei superpoteri, incentrato su una tipica casalinga disperata che, spinta dalle circostanze, acquista i superpoteri.
La storia in sé è isolata dal contesto generale ma Carey ci fornisce un particolare importante: una volta diventata super, la donna cambia psicologicamente, trasformandosi in una criminale spietata. I poteri e la malvagità vanno quindi di pari passo.
E in effetti è ciò che si scopre. Leo inizia a essere chiamato Requiem, un super che non si ferma di fronte a niente una volta entrato in contatto con I Situazione da Incubo, gruppo guidato dal terribile Prometheus che si rende responsabile di azioni orribili.
Anche in questo caso, Carey insinua il sospetto che i super possano essere déi (lo stesso Prometheus parla della sua furia, definendola ‘ira divina’). E Leo, in particolare, si trasforma e nasce una incomprensione profonda tra lui e la sua famiglia.
Chi è davvero Leo, dunque? La comparsa di alcuni demoni complica la situazione e rende ancora più ingarbugliata (e coinvolgente) la trama di Suicide Risk. In questo secondo ciclo, comunque, Carey va oltre e se già aveva presentato i supereroi in una luce discutibile, adesso tutto peggiora.
Prometheus e compagni, infatti, si impadroniscono di un’intera nazione, instaurando una dittatura. In passato molti autori di area britannica avevano evidenziato l’innato fascismo della figura del supereroe e Carey riprende il discorso, portandolo alle estreme conseguenze.
Le risposte
E nel terzo story-arc Suicide Risk si presta a una lettura politica. Gli elementi supereroici e mystery rimangono predominanti ma l’autore inserisce ulteriori suggestioni, incominciando a fornire qualche risposta ai tanti enigmi. Si scopre che Leo ha falsi ricordi e che è in effetti Requiem, un super proveniente da una terra parallela condannato per un tentato colpo di stato e confinato sul nostro pianeta dopo che gli sono stati cancellati i ricordi.
Lo stesso vale anche per gli altri super della storia. Carey in questo caso si fa influenzare dalla fantascienza, con i concetti delle terre parallele, e abbandona l’esoterismo degli inizi; inoltre, imposta la storia su una contrapposizione tra presente e passato, tra memorie autentiche e fittizie.
Sul filo dell’ambiguità, quindi, Leo può essere considerato un super affetto da amnesia o, più semplicemente, un malato che soffre di sdoppiamento della personalità. Gli stessi superpoteri in questo frangente vengono definiti, appunto, una ‘malattia’. Non mancano però i colpi di scena, incentrati su Tracy, la figlia di Leo. Anche lei è una super proveniente dalla terra parallela, si chiama Terza e i rapporti con il genitore non sono idilliaci. Carey continua perciò a occuparsi dei conflitti familiari, dando importanza al Dottor Forse, uno dei villain della saga che si rivelerà determinante. Nello stesso tempo, continuando a sorprendere i lettori, introduce altri incredibili personaggi.
Sono i cosiddetti Littori (termine che rimanda al fascismo) e hanno l’obiettivo di dare la caccia ai super e a coloro che vendono i superpoteri, per motivi che nel terzo story-arc non vengono ancora spiegati. Suicide Risk, quindi, episodio dopo episodio, è una serie valorizzata da un’incredibile mix di generi narrativi e da una pluralità di tematiche.
Tutti i nodi vengono al pettine…
Vale altresì nel quarto e nel quinto story-arc in cui tutti (o quasi) i nodi vengono al pettine. Pure stavolta, però, Carey ci sorprende e mette sotto la luce dei riflettori Terza, che in un certo qual modo ruba la scena a Requiem e diventa protagonista assoluta di una parte rilevante della story-line. Peraltro, è la stessa Terza a diventare l’io narrante della vicenda, con uno spiazzante mutamento di prospettiva.
Oltre ad approfondire i legami tra sesso e potere, Carey si concentra sui vincoli familiari e sul difficile rapporto che condiziona Requiem con la moglie e la figlia. Tutto ciò avviene in un contesto sempre più immaginifico, ambientato su una moltitudine di terre parallele che paiono mutuate da un albo DC e, in un incredibile episodio, affiorano persino velati riferimenti alla fisica quantistica.
In tale contesto, Terza scopre la verità su Leo/Requiem. La rivelazione dell’autentica identità del personaggio è a dir poco scioccante. Da questo momento le premesse narrative di Suicide Risk cambiano radicalmente ma non aggiungo altro per non spoilerare.
E’ significativo notare che Carey non si allinea, per fortuna, alle attuali convenzioni del politically correct purtroppo dilaganti nei comics e nella fiction. L’autore introduce infatti un personaggio gay, scelta ormai obbligata per qualsiasi sceneggiatore, ma si tratta di un individuo negativo che non corrisponde al cliché del gay bravo, simpatico e sensibile che tanto piace alla propaganda lgbt. In questo Carey dimostra anti-conformismo. In ogni caso, ciò che più gli interessa è approfondire il conflitto di identità che tormenta Requiem e gli altri protagonisti della collana.
Le motivazioni
Nel quinto story-arc Carey fornisce spiegazioni sulle motivazioni di Requiem e sulle cause della ribellione di cui si è reso responsabile e riflette sul concetto del libero arbitrio. C’è lo scontro definitivo tra lui e la sua compagna e qui abbiamo modo di osservare il lato più umano di un essere potente che soffre perché diviso negli affetti. Carey, inoltre, recupera gli elementi esoterici con una intimidente dea e si concede qualche accenno biblico. La conclusione del quinto volume è il prologo di un deflagrante conflitto dai toni cosmici che potrebbe arrecare gravissimi danni al nostro pianeta.
E in effetti nel sesto e conclusivo volume le cose si fanno devastanti. Carey riesce con abilità a concludere tutte le questioni narrative rimaste in sospeso, delineando una trama dai toni apocalittici e drammatici. Sebbene Leo/Requiem abbia sempre il ruolo del protagonista, gli svariati personaggi femminili di Suicide Risk gli rubano la scena e saranno loro a essere determinanti.
In pratica, l’autore si concentra sul concetto di femminilità, collegandolo a quello della divinità. Le donne, sembra volerci dire, salveranno il mondo e sono loro l’elemento essenziale dell’equilibrio esistenziale. Ci sarà quindi un happy end ma quale dei due lati della personalità dell’eroe prevarrà? Ad avere l’ultima parola sarà l’umanità e la sensibilità di Leo o l’aggressività e l’istinto violento di Requiem? La risposta non sarà affatto scontata.
Concludendo
Come si può intuire, Suicide Risk è un’opera pregevole, ricca di spunti e appassionante, con uno script da manuale. Pure l’aspetto grafico non è da trascurare. Quasi tutti gli episodi sono infatti disegnati dalla bravissima Elena Casagrande. Ciò che più colpisce è l’impostazione delle tavole, quasi sempre composte da vignette orizzontali.
La maggior parte delle prospettive sono concepite dall’alto o dal basso e ciò avviene soprattutto nelle sequenze d’azione. Tali scelte espressive conferiscono ai disegni un taglio cinematografico appropriato per una serie che, come si sarà intuito, deve molto all’immaginario filmico degli ultimi anni.
Gli sfondi sono meno particolareggiati ma l’attenzione deve concentrarsi sui personaggi e sulle intense emozioni che li animano. In questo Elena Casagrande è impeccabile ed evoca con maestria i loro stati d’animo tramite gli sguardi, la piega delle labbra e le posture dei corpi. Gli episodi auto-conclusivi dedicati ad alcuni specifici personaggi della saga sono invece illustrati da Joelle Johns, Jorge Coelho, Filipe Andrade e Haemi Jang. Ognuno di essi realizza un gioiello visivo.
Insomma, Suicide Risk è una serie assolutamente da leggere e merita un posto di rilievo nell’ambito della produzione supereroica degli ultimi anni.
Suicide Risk
di Mike Carey, Elena Casagrande
Pubblicato in Italia da Bao Publishing in sei volumi
Disponibile anche su Amazon