Batman: Return of the Caped Crusaders – Recensione
Pubblicato il 8 Novembre 2016 alle 18:57
Siamo di nuovo negli anni ’60. Batman e Robin entrano in azione quando Gotham City è minacciata dalla diabolica alleanza composta dal Joker, l’Enigmista, il Pinguino e Catwoman, intenzionati ad impossessarsi di un Raggio Replicatore. Nel tentativo di fermarli, il Dinamico Duo si spingerà perfino nello spazio ma le cose si complicano quando la personalità di Batman inizia a cambiare.
Un’opera di fiction deve spesso il suo successo al contesto socioculturale nel quale affonda le radici. La serie tv di Batman partita nel 1966, durata tre stagioni e dalla quale scaturì anche il primo lungometraggio cinematografico sul supereroe, rispecchiava il tono ottimista ed ingenuo dell’epoca. Era inoltre una trasposizione piuttosto fedele del fumetto che, in quel periodo, era gravato dalla censura del Comics Code Authority ed aveva un tono fortemente puerile, lontano dalla svolta dark che avrebbe avuto nei decenni successivi.
Replicare con distaccata consapevolezza gli stilemi di un prodotto di cinquant’anni fa, significa fare appello con una certa furbizia alla nostalgia del pubblico, rinunciare ad un approccio più autoriale e a un’interpretazione personale di Batman. Ci sono altri esempi di questo genere. Basti pensare a Grindhouse e Machete di Tarantino e Rodriguez che copiano e incollano lo stile del cinema d’exploitation anni ’70 risultando operazioni divertenti ma, per forza di cose, posticce.
Il nuovo film d’animazione direct-to-video DC Universe può comunque essere interpretato come un omaggio giocoso alla serie tv cult sul Cavaliere Oscuro, tributo già iniziato tre anni fa con la serie a fumetti Batman ’66. Grazie al senno di poi e alla tecnica animata, il prodotto presenta alcuni punti d’interesse.
Il mitico tema musicale originale accompagna i titoli di testa, una sequenza psichedelica di colori sgargianti che mescola la serie tv alle storiche cover di Detective Comics. Lo spirito sardonico della serie è riprodotto fedelmente e alcuni degli interpreti originali tornano a prestare le voci, malinconicamente impastate dall’età, ai rispettivi personaggi. Adam West si ritrova perfettamente nel suo Batman pedante ed impostato, che si esprime con lessico aulico e forbito, fortemente moralista e capace di ragionamenti deduttivi tirati per i capelli che si fanno beffe del pubblico. Ward conferisce un immutato entusiasmo a Robin che il suo tutore sembra mettere alla prova
Sul fronte dei villain si riforma il quartetto del film del ’66. Julie Newmar è di nuovo Catwoman e viene reso omaggio anche a Lee Meriwether ed Eartha Kitt che pure hanno indossato i panni dell’ambigua e ammaliante avversaria di Batman tra lungometraggio e serie. A lei si affiancano il Joker, senza i baffi di Cesar Romero, l’Enigmista sghignazzante che venne reso un autentico cartoon vivente da Frank Gorshin e lo starnazzante Pinguino che fu interpretato dal leggendario Burgess Meredith (l’allenatore Mickey nella saga di Rocky).
I momenti iconici della serie ci sono tutti, con qualche piccola aggiunta che solo i cultori potranno cogliere ed apprezzare. Ad esempio, non era mai stata mostrata nei dettagli la vestizione di Bruce e Dick che scendono nella Batcaverna attraverso il passaggio segreto trasformandosi automaticamente in Batman e Robin. Oppure la galleria che percorre la Batmobile, qui riprodotta in CGI, per uscire dalla caverna.
E, ancora, le inquadrature oblique; il Dinamico Duo che scala comodamente un edificio, in questo caso senza la guest star di turno che si affaccia dalla finestra a salutarli; le scazzottate con le onomatopee che compaiono in sovraimpressione e la trappola assurda nella quale Batman e Robin finivano puntualmente al termine di un episodio creando il cliffhanger per il successivo. Il fatto che non si tratti, in questo caso, di un prodotto seriale priva il momento di una certa efficacia.
Grazie all’animazione, però, il film può spingersi là dove il prodotto televisivo non poteva. Nello spirito della corsa allo spazio dell’epoca, i protagonisti salgono a bordo di un Bat-Razzo per andare ad affrontare i loro avversari a gravità zero. Un combattimento che richiama alla mente una singolare rissa subacquea con le onomatopee a tema che avveniva in un episodio della serie tv (nel quale l’Enigmista fu occasionalmente interpretato da John Astin).
La metamorfosi di Batman nella seconda parte del film è un gustoso gioco metatestuale. Diventa un Cavaliere Oscuro somigliante alle sue versioni successive più adulte, cinico e severo verso il contesto ingenuo e buonista che lo circonda, con una svolta che rimanda ad alcune saghe recenti del personaggio la cui paranoia lo spinge ad instaurare un regime su Gotham City.
Nello scontro finale, il linguaggio del cartoon ha il sopravvento con sequenze action e gag slapstick non sarebbero state possibili nella serie tv. Attenzione alla frecciata che viene scagliata contro l’epilogo de Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno. Anche i titoli di coda presentano un paio di strizzate d’occhio ai fan ed è solo a loro che questo film è dedicato. Se poi avete davvero nostalgia per il Batman degli anni ’60, allora andate a riguardarvi la serie originale. Non c’è paragone.