Superman L’Uomo d’Acciaio [Recensione]
Pubblicato il 14 Ottobre 2016 alle 11:25
Ritorna la miniserie di John Byrne che diede il via al Superman post-Crisis: Man of Steele! Non perdete questa pietra miliare dei comics scritta e disegnata da un mostro sacro del fumetto statunitense, il grande John Byrne!
Il 1985 fu un anno fondamentale per la DC Comics. Fu allora, infatti, che venne pubblicata Crisis On Infinite Earths, maxisaga di Marv Wolfman e George Perez che pose fine (sebbene momentaneamente) alla voga delle terre parallele che rendeva confusionario e poco coeso l’universo della casa editrice.
Dopo Crisis, nulla fu più come prima e le vicende dei vari DC heroes ricominciarono dal principio. Ciò diede l’opportunità all’etichetta di proporre le sue icone supereroiche in una versione più moderna e al passo con i tempi.
Le origini di Batman furono narrate dal grande Frank Miller che in Batman Year One esasperò gli elementi noir e hard-boiled delle storie del Cavaliere Oscuro. Wonder Woman finì nelle mani dell’abile George Perez che accentuò il lato fantasy/mitologico delle vicende della Principessa Amazzone. E Superman, il celeberrimo Uomo d’Acciaio, il supereroe per eccellenza del fumetto americano, venne affidato a John Byrne.
Negli anni ottanta era forse l’autore più amato e popolare, a causa degli straordinari episodi da lui disegnati per Uncanny X-Men e per la sua seminale run di Fantastic Four.
Proveniva dunque dalla Marvel ma accettò la proposta della DC, sia a causa dei dissapori con l’allora editor in chief della Casa delle Idee Jim Shooter, sia perché la prospettiva di concepire la versione contemporanea di Superman fu particolarmente allettante.
Byrne si occupò di due testate, Superman e Action Comics, realizzando storie entusiasmanti, e rinarrò le origini dell’eroe con la straordinaria miniserie Man of Steele, proposta da Eaglemoss in questo quinto volume di DC Comics Le Grandi Storie dei Supereroi.
E’ un’opera imprescindibile ed è qui che si può vedere la nascita dell’odierno Superman. In realtà, Byrne non stravolge radicalmente il personaggio, ma lo rende più credibile e umano, meno perfetto di quello dell’era pre-Crisis.
Innanzitutto, ci descrive la vita di Clark Kent prima dell’inizio della sua attività di supereroe. Anche in questo caso, viene mandato sulla terra dai genitori, poco prima della distruzione del pianeta Krypton. Peraltro, Krypton è rappresentato come un mondo asettico, quasi disumano, e i kryptoniani hanno un abbigliamento che sembra uscito da Star Wars.
Per conferire a Supes uno spirito americano, Byrne lo fa crescere nel tipico contesto dell’America rurale, ponendo molta attenzione alla psicologia dei genitori adottivi Jonathan e Martha Kent.
Clark è consapevole di avere grandi capacità ma solo quando cresce scoprirà la verità sulle sue origini aliene. Byrne inoltre elimina Superboy. Non c’è mai stato quindi un Clark supereroe adolescente e per giunta quest’ultimo non è affatto imbranato con le ragazze.
E’, anzi, un atleta ammirato che ottiene l’attenzione di avvenenti cheerleaders. Quando, ormai adulto, Clark si trasferisce a Metropolis e incomincia ad agire come Superman, abbiamo modo di vedere altre innovazioni.
Lois Lane, per esempio, collega di Clark al Daily Planet, non è più la ragazza svenevole delle precedenti versioni ma una reporter arrivista, sicura di sé, aggressiva e non priva di fascino.
Perry White, direttore del giornale, è un tipo dal piglio deciso. Lex Luthor non è più lo scienziato pazzo un po’ farsesco della Silver Age, ma un uomo d’affari freddo, cinico e spietato, dotato di un’intelligenza innegabile, e fa affidamento non solo sul denaro ma sui suoi legami con gli ambienti politici e finanziari statunitensi per raggiungere i suoi scopi.
L’episodio in cui Byrne narra gli eventi che faranno di Luthor il nemico per eccellenza di Supes è particolarmente intenso e l’intensità, nel complesso, non manca mai in queste storie.
E’ il caso del primo incontro con Batman. Nella versione di Byrne, i due eroi non sono esattamente amici. Il loro rapporto è piuttosto freddo, dal momento che i rispettivi metodi di comportamento sono opposti. Questa differenza è evidenziata in una bella storia ambientata a Gotham City.
Anche il personaggio di Lana Lang, amore adolescenziale di Clark, simbolo dell’ingenuità solare della Silver Age, viene presentato in una chiave più disincantata, non priva di malinconia.
Di fatto, Byrne parte dalla classicità e la rinnova, semplicemente conservando gli elementi funzionali al nuovo Superman ed eliminando quelli che non erano più proponibili perché legati a un’epoca narrativa troppo semplice (il supercane Krypto, per esempio). E lo fa scrivendo testi e dialoghi curati.
Man of Steele va tenuto in considerazione pure per i disegni dello stesso Byrne. Il suo stile plastico, fluido, dinamico e anatomicamente impeccabile è una gioia per gli occhi.
Il suo Supes ha l’aspetto di un culturista e il carisma tipico di un eroe degno di questo nome. Luthor evoca perfidia ma anche acume pressoché in ogni vignetta. Lois è sensuale senza essere volgare. Batman ha qualcosa che fa pensare all’oscura versione di Neal Adams, filtrata dalla personalità di Byrne.
Insomma, Man of Steele non può mancare nella collezione di un fan dei supereroi.