Pushing Daisies: 5 motivi per cui la serie tv ci manca da morire

Pubblicato il 3 Ottobre 2016 alle 13:00

Quasi 10 anni fa andava in onda l’episodio pilota di uno dei serial più originali degli anni 2000

Ci sono serie tv che lasciano il segno come poche altre nel panorama televisivo e nel cuore degli spettatori. Pushing Daisies, nonostante sia andata in onda per sole due stagioni sulla ABC (colpa soprattutto del maledetto sciopero degli sceneggiatori americani) e per soli 22 episodi in totale (dal 2007 al 2009), si è rivelata uno dei telefilm più originali degli anni 2000 e uno di quelli di cui si sente di più la mancanza.

Il serial ha portato in auge Bryan Fuller, fino ad allora conosciuto solo per aver scritto alcuni dei più riusciti episodi di Heroes e per gioiellini incompresi come Wonferfalls e Dead Like Me.

Dimostrando tutta la propria capacità narrativa, Fuller avrebbe poi sorpreso ancora in Hannibal, e ai auguriamo lo farà di nuovo in American Gods e Star Trek: Discovery.

Pushing Daisies è tutto questo e molto altro per 5 motivi principalmente, che vi raccontiamo qui di seguito – che sono poi gli stessi per cui il dramedy soprannaturale manca da morire agli spettatori, che hanno ancora ben stampati in mente e nel cuore i personaggi bizzarri, i dialoghi brillanti e le ambientazioni fiabesche del serial.

Essi sperano ancora in qualche fumetto o spettacolo teatrale (come si è vociferato più volte, senza successo) o revival sulle tv on demand che oggi impazzano, per poter sognare ancora una volta con i loro beniamini.

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1. La storia

Poche serie sanno essere originali fin dal titolo. Pushing Daisies è una di queste, un idioma per dire “morto e sepolto” ma anche il “tocco della morte”, due elementi centrali nella storia dello show. Nove anni fa il 3 Ottobre 2007 andava in onda negli Usa l’episodio pilota, intitolato Pie-lette, un simpatico gioco col canonico titolo “Pilot” (“pie” sono le torte che fa il protagonista per professione).

Un ragazzo, Ned, e una ragazza, Chuck, sono amici d’infanzia nonché la reciproca prima cotta. Lui però ha un dono: può riportare in vita i morti con un tocco e, se li tocca di nuovo, li fa morire per sempre. Ha un minuto di tempo prima di farli decedere definitivamente e prima che qualcun altro debba morire al loro posto per bilanciare l’equilibrio naturale. Ned è un “fabbrica-torte”, un bravissimo pasticciere la cui unica commessa Olive è innamorata persa di lui, che però nemmeno se ne accorge.

Questa sua capacità lo aiuta nel suo secondo lavoro assieme all’investigatore privato Emerson Cod: chi meglio degli stessi morti assassinati può dire chi è stato ad ucciderli? Ned rivede Chuck dopo che si sono persi di vista per tanti anni, poiché lei è morta: la tocca per sapere chi l’ha uccisa e, potendole parlare ancora una volta, si rende conto di non volerla lasciar più andare: come fare ora a stare insieme se non possono toccarsi altrimenti lei morirà per sempre?

Già dalla trama si può dedurre quanto originale sia l’utilizzo che qui Fuller fa di un elemento soprannaturale mainstream come il riportare in vita i morti. Non solo: lo unisce a una storia d’amore impossibile (vi sfido a trovarne tante altrettanto improbabili), ad un aspetto comico per tutto ciò che la paradossale situazione comporta, senza dimenticare il contesto giallo che condisce ogni episodio, con casi dal classico colpo di scena finale eppure raccontati in modo – per contrario ed estensione – coloratissimo. Tutto attraverso dialoghi carichi di giochi di parole e di simpatiche allitterazioni nei nomi.-

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2. I personaggi

Ned, Chuck, Olive e Emerson sono sono alcuni dei tanto bizzarri quanto adorabili personaggi dell’universo di Pushing Daisies. Lui è così dolce e generoso e con Chuck per una volta fa un po’ l’egoista con l’universo; lei è ciò che dà una scossa al mondo altrimenti abitudinario e senza rischi di Ned, che ha allontanato tutti nella vita per paura del proprio dono.

Ci sono poi le zie di Chuck, la determinata Lily (Swoosie Kurtz) e l’agorafobica Vivian (Ellen Greene), due zitelle ex campionesse di nuoto sincronizzato; quando la prima ha perso un occhio – ora gira con una benda come un pirata – le due hanno scelto di esiliarsi dal mondo dopo aver lasciato la carriera agonistica.

Ci sono poi gli attori che li hanno interpretati, che rimarranno per sempre legati a quei ruoli – ma non in modo negativo, semplicemente quasi per magia: Lee Pace (ora fra i protagonisti della quasi sconosciuta in Italia ma molto apprezzata serie di AMC Halt and Catch Fire), Anna Friel (protagonista del serial su Netflix Marcella), Kristin Chenoweth (attrice di Broadway celebre per aver dato vita al musical Wicked assieme a Idina Menzel, apparsa in Glee e prossimamente proprio in American Gods) e Chi McBride (visto tra gli altri nel fumettistico Almost Human).

A proposito di cast, mai voiceover fu più azzeccato e necessario per raccontare questa favola dei giorni nostri eppure d’altri tempi: la voce narrante di Jim Dale, una terza persona onnisciente che accompagna lo spettatore nella storia e nel mondo di Pushing Daisies per mano, con una voce accogliente, che commenta ironicamente gli sviluppi della storia fra Ned & Chuck, proprio come se ci leggesse una favola della buonanotte, ogni volta.

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3. Scenografia, fotografia e costumi

La serie tv fin dal suo debutto è stata definita come “un incrocio fra Il favoloso mondo di Amélie e un film di Tim Burton e mai definizione fu più azzeccata. Non si tratta però di una banale copia, bensì di un’ispirazione narrativa e grafica senza precedenti.

Tutto è curato nell’aspetto visivo dello show ed è qualcosa che mai si era visto prima in tv, soprattutto su un network broadcast come ABC (di proprietà Disney, la casa delle favole della nostra infanzia, anche se il telefilm era prodotto dalla Warner Bros.).

Lo scenografo Michael Wylie ha dichiarato che il suo obiettivo era “far diventare una fiaba realtà; volevo che tutto sembrasse quasi come un’illustrazione” mentre il direttore della fotografia Michael Weaver voleva creare “qualcosa di più luminoso e più grande della realtà”.

Ci sono riusciti in pieno, supervisionati da Fuller, che ha saputo tenere le redini di quest’universo dalle linee simmetriche e tondeggianti, dai costumi dai colori vivaci e retrò, come le automobili utilizzate dai protagonisti. Senza dimenticare il font e lo stile visivo del titolo e della sigla… Brick Heck avrebbe apprezzato enormemente.

Le inquadrature che accentuano la prospettiva dall’alto in basso e l’uso massiccio di CGI con blue screen per gli ambienti e gli edifici, anch’essi dai colori più à là Big Fish che in stile Nightmare Before Christmas rendono tutto così sopra le righe, così finto da non poter che essere vero per gli spettatori, pronti a sentirsi a casa ogni volta che tornano in uno degli ambienti facendo partire un episodio.

Ispirazioni artistiche sono presenti tanto nel telefilm stesso – da Magritte a Hopper – quanto nei poster promozionali dello show, che si incentrano guarda caso un su… celebre tocco (vedi qui sopra).

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4. I momenti musical

Come se la commistione unica di romance, commedia, giallo e soprannaturale non fosse abbastanza, Fuller fornisce agli spettatori – è proprio il caso di dirlo – la ciliegina sulla torta con alcuni momenti musical, tanto perfettamente incastonati nella trama quanto estremamente spassosi.

Non troppi – il ritmo veloce della narrazione ne avrebbe risentito – e prima che il fenomeno Glee impazzasse in tv qualche anno dopo influenzando gli altri show. Kristin Chenoweth, da ex veterana di Broadway, conosce bene il suo mestiere e replica con alcune indimenticabili cover di Hopelessy Devoted To You oppure di Eternal Flame, o ancora scene iconiche come quella di Tutti insieme appassionatamente.

La colonna sonora è altrettanto fiabesca, accompagna lo spettatore assieme alla voce del narratore; curata inizialmente da Blake Neely (Everwood) e in seguito da Jim Dooley, fornisce il contesto musicale adatto a raccontare una storia bizzarra e adorabile come quella di Ned & Chuck, ma anche di Olive & Emerson e degli altri.

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5. Le guest star

Quando una serie ha successo attira un gran numero di star più o meno importanti di Hollywood che vogliono farne parte anche se solo per una breve sequenza.

Ebbene nonostante gli ascolti bassi (causa della chiusura della serie) ma grazie al sostegno unanime della critica e a una fanbase che pochi show possono vantare, Pushing Daisies ha ospitato un numero impressionante di attori e attrici per il così ridotto numero di episodi prodotti (come si diceva 22 totali spalmati su 2 stagioni).

Nomi come David Arquette, Debra Mooney, Stephen Root, i burtoniani Paul Reubens e Missi Pyle, Raul Esparza, Josh Randall, Willie Garson, Beth Grant, Rachael Harris, Josh Hopkins, Orlando Jones, Hamish Linklater, Wendie Malick, Jayma Mays, Joel McHale, Molly Shannon, Eric Stonestreet, Gina Torres, Fred Willard, Constance Zimmer.

Non solo: la serie ha avuto la soddisfazione di essere subito nominata sia ai Golden Globe che agli Emmy e di aver vinto qualche meritato premio tecnico in entrambi gli awards televisivi, come quello per le musiche di Jim Dooley.

Inoltre nel 2009 Kristin Chenoweth è stata miglior attrice non protagonista in una comedy (ma erano stati nominati anche Lee Pace e Anna Friel) e Barry Sonnenfeld (La famiglia Addams) ha vinto per la regia dell’episodio pilota, oltre a vari premi minori di cui è stato insignito il telefilm.

Non sono meno importanti gli animali del serial, come Digby, il cane di quando Ned era piccolo e che ora non può toccare se non attraverso una manina di legno, o Pigby, un simpatico animaletto che fa la sua comparsa nella stagione 2.

Il finale di serie, grazie alla trasmissione tardiva degli ultimi tre episodi causa ascolti bassi, è stato rimaneggiato e rigirato in modo da fornire almeno in parte una chiusura alle storyline principali che erano state aperte.

I fan non potranno però mai smettere di chiedersi – se Pushing Daisies fosse andato avanti per altre stagioni – come sarebbe proseguita la storia di Ned e Chuck, quale sarebbe stata la soluzione finale di Fuller al loro amore e quante altre meravigliose favole della buonanotte egli sarebbe stato capace di raccontarci.

Chiudiamo con il promo della ABC del 2008 (tempi d’oro, basta vedere le serie tv in onda) e mentre cliccate play e fate un tuffo nel passato assieme a noi, prestate attenzione al cane che funge da collante all’intero video e alla scena dedicata a Pushing Daisies:

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