Re in Incognito di James Vance e Dan Burr

Pubblicato il 8 Luglio 2011 alle 00:00

Re in Incognito

Autori: James Vance (testi), Dan Burr (disegni)
Casa Editrice: Saldapress
Provenienza: USA
Prezzo: € 26,00, 21 x 29, pp. 200, b/n

Recensione

Per ciò che concerne l’evoluzione del fumetto americano degli anni ottanta, un ruolo preponderante è stato svolto dalle cosiddette etichette indipendenti. Molte di esse hanno avuto l’indubbio merito di introdurre nel comicdom autori che, nel corso del tempo, si sarebbero rivelati fondamentali; e di aver, naturalmente, pubblicato opere spesso pregevoli. È questo l’ambito che ha visto nascere, per esempio, il fenomenale Cerebus di Dave Sim; o l’altrettanto valido Love & Rockets dei fratelli Hernandez.

Le indies di quel periodo, inoltre, sovente cercavano di discostarsi dalle atmosfere supereroiche dilaganti, a volte in netta contrapposizione con le major Marvel e DC. Da questo punto di vista, non si può non citare la Kitchen Sink del grande Denis Kitchen che, tra le altre cose, è ancora oggi ricordata per una graphic novel considerata all’unanimità un capolavoro: Kings In Disguise, scritta da James Vance e disegnata da Dan Burr, disponibile in italiano, con il titolo Re In Incognito, grazie alla coraggiosa Saldapress.

Originariamente pubblicato nel 1988, Kings In Disguise ottenne un successo critico senza precedenti, al pari di Maus di Spiegelman o Watchmen del duo Moore/Gibbons e per molti rappresentò la piena maturazione espressiva di quella particolare forma comunicativa denominata fumetto. James Vance, già affermato autore teatrale, esordì nei comics proprio con questa graphic novel, e lo stesso dicasi per il penciler Dan Burr.

Se qualcuno in questo libro si aspetta di trovare super-eroi, minacce cosmiche, azione adrenalinica e così via, rischia di rimanere deluso. Ma Kings In Disguise non è un’opera che lascia indifferenti. Si svolge nell’America della Grande Depressione e, precisamente, nel 1932, in un periodo di forte crisi economica che mandò sul lastrico tantissimi americani, costringendoli a una vita di stenti e disoccupazione e, in molti casi, di vagabondaggio. Si tratta, dunque, di quegli Stati Uniti che un romanziere come John Steinback (uno dei modelli di riferimento della graphic novel) aveva descritto in un romanzo immortale come ‘Furore’.

Il personaggio principale della vicenda, Freddie, è un ragazzino che vive con il padre e il fratello (la madre è morta) e, almeno in principio, sembra condurre un’esistenza normale. Ma le difficoltà socio-economiche e l’alcol impediscono al genitore di mantenere i figli. La situazione presto peggiora e, per una serie di circostanze, Freddie si ritrova abbandonato a se stesso e, suo malgrado, costretto a girovagare per gli Stati Uniti. In poche parole, diventa un ‘hobo’, uno di quei tipi senza arte né parte che viaggiavano nei vagoni merci e vivevano di espedienti, non tutti leciti. Quella categoria di uomini celebrati da Jack London e in parte anticipati da Mark Twain, non esenti da tocchi dickensiani (e in Kings In Disguise si possono percepire echi di tali autori).

Freddie si affeziona a Sam, un hobo che si fa chiamare Re di Spagna, e insieme a lui rimane invischiato in una fitta serie di vicissitudini, in cui una straordinaria, complessa umanità la fa da protagonista. Vance descrive con rara maestria avventurieri, uomini senza scrupoli, individui di grande dignità malgrado la povertà, avanzi di galera non privi di pulsioni pedofile, in parole povere, una galleria di tipologie vasta come vasta è l’America, nazione piena di contraddizioni. L’indigenza rappresentata dall’autore è il lato oscuro del sogno americano; la parte nascosta dai lustrini e dai luccichii del sistema mediatico che muove i primi passi (e ci sono molti riferimenti alla nascente mitologia hollywoodiana, allo star system radiofonico e anche alla nascita degli immaginifici universi fittizi rappresentati proprio dai comics).

In un’America in cui è difficile arrivare alla fine del mese, in cui persino poter fare un pasto è una vittoria, tutti cercano di evadere con i sogni. Freddie lo fa con la fiction, quando ne ha la possibilità; Sam con la sua illusione di essere un sovrano; altri con l’alcol, o con un ideale comunista che si diffonde negli ambienti operai, distrutti dal fordismo spietato, e stimolato dalle figure di agitatori e sindacalisti che giocheranno un ruolo cruciale nella storia.

Ma Kings In Disguise è anche la cronaca di una maturazione, dal momento che Vance delinea con abilità la crescita di Freddie che, da semplice ragazzino, cresce e scopre molte cose su se stesso, a cominciare dal forte anelito alla libertà (uno dei temi dominanti del libro), malgrado le brutture, le ansie e i dolori che quest’ultima implica.

I testi di Vance sono letteratura di gran livello e i dialoghi hanno un’incredibile intensità. E in ogni momento della trama, lo scrittore riesce ad esprimere un senso di realismo e di autenticità stupefacente. Burr, dal canto suo, svolge un lavoro impeccabile. Il suo tratto grafico è fortemente espressivo, di impronta naturalista, e minuzioso per ciò che riguarda gli sfondi, le espressioni facciali, i dettagli degli interni, e non mancano pagine di estrema cinematicità, per esempio nelle sequenze dei treni in movimento o in quelle delle manifestazioni di protesta.

Re In Incognito è un capolavoro, nonché un classico. E, a mio parere, non può mancare in una collezione di opere fumettistiche degna di questo nome. L’edizione della Saldapress è ben realizzata e segnalo anche la splendida introduzione del sommo Alan Moore che aiuterà il lettore ad orientarsi nel fascinoso e doloroso mondo di disperati dai pantaloni stracciati e dai sogni più luminosi della dura realtà fatta di buio. Da non perdere.

Voto: 9

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