Il Multiverso DC Comics e la scuola #2- Hawkman, T.S. Eliot, la presenza del mito e la ciclicità della storia

Pubblicato il 1 Settembre 2016 alle 13:00

Così come lo spirito del principe Khufu continua nel tempo a reincarnarsi e a ricongiungersi con la sua amata in nuove e diverse vite, così i miti appartengono, secondo Eliot, all’inconscio collettivo dell’intera umanità e sono attualmente privati dell’antico splendore.

Il personaggio di  è uno dei più controversi di tutto l’Universo DC: trova la sua nascita nell’antico Egitto quando il Principe Khufu, impegnato in una lotta contro il  sacerdote (e suo rivale) Ha-Set, viene colpito mortalmente insieme all’amata Chay-Ara da un pugnale forgiato con il metallo alieno Nth. Da questo momento, a causa del potere speciale del metallo e del forte amore dei due, le anime del principe e della sua amata sono destinate a reincarnarsi nei secoli, ricongiungendosi ogni volta per rinnovare il proprio amore.

Una reincarnazione continua dunque, che porta con sé una remniscenza che sembra essere sempre appartenuta alla persona nella quale poi Hawkman si incarna. Se vediamo l’eroe alato come il “mito”, gli antichi valori ormai persi in questa società, associarlo alla poetica modernista di Eliot ci risulta facile: il mito è presente nel nostro inconscio colletivo, ma è spogliato di tutta la sua magnificenza, traslato invece nello squallore del nostro tempo.

Comparando Carter Hall, Katar, Fel Andar  e Charles Parker (le varie identita umane assunte da Hawkman) vediamo che, fino al momento della rivelazione, sono ciechi esattamente come gli “Uomini Vuoti” descritti da Eliot in “The Hollow Men”.  Vivono da normali umani, nello squallore di una società senza valori, “pregando falsi idoli” (The Hollow Men) non sapendo riconoscere la potenza e la nobiltà dello spirito del Principe Khufu presente in loro.

La differenza, tra un Carter Hall qualsiasi e uno degli “Uomini Vuoti” la fa, in questo caso, la rivelazione:  per Carter Hall giungerà il momento in cui lo spirito del Principe Khufu si farà sentire, in cui l’antico “mito” troverà il suo vecchio splendore e rivivrà nel presente, diventando Hawkman. Mentre per Eliot, come possiamo vedere dalla IV strofa del poema, non c’è speranza per gli uomini vuoti, destinati a rimanere “ciechi”.

Gli occhi non sono qui 
Qui non vi sono occhi 
In questa valle di stelle morenti 
In questa valle vuota 
Questa mascella spezzata dei nostri regni perduti 
In quest’ultimo dei luoghi d’incontro 
Noi brancoliamo insieme 
Evitiamo di parlare 
Ammassati su questa riva del tumido fiume 
Privati della vista, a meno che 
Gli occhi non ricompaiano 
Come la stella perpetua 
Rosa di molte foglie 
Del regno di tramonto della morte 
La speranza soltanto 
Degli uomini vuoti.

Hawkman, abbracciando il concetto di storia, tempo e cultura  Eliottiani, dove passato, presente e futuro coesistono in una cultura unitaria appartenente a tutta l’umanità, tornerà ad incarnarsi in qualunque uomo.

“In my beginning is my end. In my end is my beginning”

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