Recensione – Preacher: l’esplosiva serie tv di Seth Rogen tratta dal fumetto di Garth Ennis

Pubblicato il 9 Agosto 2016 alle 00:00

Quando Jesse Custer, predicatore di una cittadina del Texas dal turbolento passato, viene posseduto da un’entità nata dall’unione di un angelo e un demone femmina, ottiene il potere di Genesis, il “Verbo di Dio”: ora Jesse può far fare alle persone quello che gli ordina, ma oltre a dover affrontare i problemi della sua comunità sarà costretto a vedersela con spregiudicati magnati della carne, vampiri, una ex tutto pepe, schiere di angeli e … Dio in persona!

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Tratto dalla celebre serie a fumetti di Garth Ennis e Steve Dillon edita dalla DC Comics (sotto l’etichetta Vertigo), Preacher è una storia sul bene e sul male, sull’Inferno e il Paradiso, e sulle bugie che si celano dietro l’esistenza mortale … Ma non aspettatevi certo troppi monologhi filosofici alla Rust Cohle.

Già dal primo episodio entrerete in un mondo di bagni di sangue blasfemi, violenza gore e stilizzata, metafisiche metafore iconoclaste e battutace da bar da due soldi. Tutti elementi che di certo non aiutano a conferire alla serie un tono profondo e moralizzatore, ma che di certo sprizzano rock ‘n’ roll da ogni fotogramma.

Il protagonista, Jesse, è un predicatore ex criminale (che da piccolo ha assistito alla morte violenta del padre) che sta iniziando a dubitare della sua fede. E questo, già nei primi minuti, permetterebbe a “diciamo-circa-la-metà-della-popolazione-mondiale” di immedesimarsi nel personaggio.

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L’unica differenza è che i quesiti di Jesse, che fra una bottiglia di whiskey si interroga sull’esistenza o meno di Dio, del Paradiso e dell’Inferno, trovano una risposta praticamente subito, quando l’entità Genesis entra nel suo corpo e lo “sceglie”: da questo momento, a Jesse viene conferito un immenso potere, che inizialmente lui deciderà di usare per convincere i suoi concittadini a tornare nella sua chiesa, a tornare a credere nel Signore e a tornare a credere nel bene.

Ad ostacolarlo in quella che diventa la sua missione di vita troverà Odin Quincannon, uomo d’affari senza scrupoli che gestisce il mattatoio di famiglia e che odia profondamente la chiesa e ogni concetto che abbia a che fare con Dio. Come alleati, invece, Jesse potrà contare sull’adorabile Emily, bibliotecaria-madre-single che suona l’organo nella chiesa di città: inoltre, stringerà amicizia con Cassidy, un vampiro ubriacone e depravato, e ritroverà Tulip, l’amore della sua vita, violenta criminale che anni prima lui aveva abbandonato.

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Ma Jesse non sa che, sulle sue tracce (o meglio, sulle tracce del demone che ora vive dentro di lui) ci sono due angeli pronti a tutto per riportare Genesis nel posto in cui era rinchiuso, e per farlo sono disposti anche ad uccidere il mortale che lo ospita. Mentre nel 1881, un misterioso cowboy senza nome inizia una ricerca che, in qualche strano ed inquietante modo, è collegata agli avvenimenti narrati nel presente …

Mettiamo le cose in chiaro: la serie è un drama, ma snaturato e privo di ogni elemento pedante e/o inutile ai fini del mero intrattenimento e infarcita fino alle orbite di un diabolico sense of humor e trovate irriverentemente geniali. Le atmosfere dark comedy strizzano l’occhio alla produzione dei fratelli Coen, stessa cosa per i cartooneschi personaggi degli Stati Uniti del sud.

Annville, la cittadina in cui è ambientata la serie, è una moderna Gomorra alla deriva moralmente e spiritualmente: è popolata da bulli, poliziotti incompetenti, sindaci ancora più inetti e mogli che nell’intimità si fanno gonfiare di botte dai propri mariti per raggiungere l’orgasmo. C’è pure Faccia da Culo, il figlio dello sceriffo che dopo aver cercato di violentare una ragazza si è pentito e si è sparato in bocca, sopravvivendo miracolosamente, ma con la pelle della faccia irrimediabilmente deformata (e che adesso ricorda un buco di culo, da qui lo storico ed indimenticabile soprannome).

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Estremismo, insomma, spesso paradossale e caricaturale (nell’ultimo episodio Jesse e tutta Annville scoprono che Dio ha lasciato il Paradiso, e per questo il mondo è pieno di dolore, e nella prossima stagione il nostro predicatore preferito andrà a cercarlo) ma che ogni volta o ci strappa una risatina oppure ci fa sbellicare. Del resto, è questo lo stile dei creatori dello show.

Seth Rogen e Evan Goldberg  sono amici di lunga data e assidui collaboratori: alle loro meningi infatti si devono tante commedie psichedeliche più o meno riuscite (Tre Metri Sopra il Pelo, Strafumati, This is the End, e quell’incorreggibile, inumana genialata di The Interview, che prendeva un argomento delicatissimo come la dittatura nord Koreana e l’armamento nucleare e lo trattava a suon di risate e gag da fuori di testa).

Il cast, poi, è semplicemente perfetto: da Dominc Cooper (Jesse) a Ruth Negga (Tulip, che nel fumetto è caucasica e qui afroamericana ma per una volta non importa a nessuno) e un formidabile  Joe Gilgun (il vampiro Cassidy, marpione dalla lingua lunga).

Preacher

Con una regia dalle mille trovate e una fotografia spenta, quasi stile exploitation, Preacher mette in scena il grottesco rendendolo non solo affascinante, ma funzionale nell’argomentare una sorta di filosofia-mantra hard-boiled all’insegna del “cercare di essere buoni in un mondo di peccato” (non proprio buoni buoni buoni, però: come ha insegnato John Milton in Paradiso Perduto, a volte i dannati sono i personaggi più interessanti da raccontare e conoscere).

Preacher è benzina, e il suo odoraccio è repulsivo, ma magnetico. Una tanica piena di orrore, apocalisse, religione, realismo sporco e sanguinoso western, che è pronta ad esplodere in qualsiasi momento.

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