ABZU – Recensione
Pubblicato il 5 Agosto 2016 alle 20:00
Tanti sono gli aspetti e le caratteristiche che danno forma ad un viaggio, così come altrettanto numerosi sono gli elementi ed i particolari che contribuiscono a rendere unica ogni esperienza.
Nel caso di Journey, opera magna di thatgamecompany, erano la poesia e l’estetica a ricoprire il ruolo principale all’interno dell’avventura; una magistrale bellezza che accompagnava profonde riflessioni e velati messaggi.
Non sorprende quindi che in occasione del primo annuncio di Abzu, nonostante le evidenti differenze visive, gli oceani pieni di vita del primo progetto della neonata software house Giant Squid creassero importanti parallelismi con le sabbie e le rovine attraversate da innumerevoli giocatori in Journey.
Matt Nava, ideatore del gioco, è infatti l’artista principale dietro alle magnificenze visive portate su Playstation 3 (e poi sulla successiva console) nel 2012. Dopo aver abbandonato il team di Los Angeles, il creative director ha quindi deciso di fondare un proprio studio e mettersi al lavoro su un nuovo progetto che trasportasse molta dell’essenza dei suoi precedenti lavori in territori e scenari fino ad allora inesplorati.
IL BLU E’ UN COLORE PROFONDO
Abzu è un gioco affascinante fin dai primi momenti, che accoglie il giocatore con tonalità lievi e luminose, come l’azzurro del cielo o i riflessi luminescenti dei raggi solari sull’acqua. Le onde si increspano su un personaggio all’apparenza fuori luogo, in cui forme geometriche e linee spezzate si fondono con un colore scuro in contrasto con la palette cromatica che lo circonda.
Sotto la superficie le gradazioni rimangono molto armoniche, con la sabbia chiara che viene a tratti intervallata da alghe di un verde brillante, piene di vita nei movimenti e nei colori. Colori che cambiano con il progredire dell’avventura e con il susseguirsi di ambienti sempre diversi.
Crateri profondi abitati da stupendi animali e misteriose statue lasciano il posto a sconfinate profondità in cui il silenzio viene rotto solamente da giganteschi banchi di pesci o pacifiche balene che nuotano nelle nostre vicinanze.
Non esiste una vera e propria trama, una linea narrativa che ci spinga ad avanzare nella (ahimè) breve durata di questo interessante titolo. Il compito di instillare un minimo di curiosità è affidato ad alcuni dettagli, come costruzioni sommerse di fattura umana oppure dipinti murali che sembrano raccontare vicende dimenticate ed a noi sconosciute.
Sono tasselli grazie ai quali possiamo ricostruire, almeno parzialmente, eventi i cui spettatori non esistono più, ma le cui conseguenze sono tutt’ora visibili negli scenari che attraversiamo.
UN PLACIDO AVANZARE
Non vi saranno particolari ostacoli alle nostre attività di ricerca. In Abzu non esistono enigmi ambientali, complicati puzzle o minacce che possano esserci in qualche modo di impedimento. Si tratta di un continuo e tranquillo procedere in cui è d’obbligo prestare maggiore attenzione alle bellezze che ci accompagnano piuttosto che ricercare una anche minima parvenza di meccaniche di gioco profonde e strutturate.
E’ appunto questa ripetitività a costituire uno dei difetti meno facili da dimenticare dell’opera prima dei ragazzi di Giant Squid. Ciò banalizza purtroppo molte delle scelte compiute dagli sviluppatori e svilisce anche sezioni che dal punto di vista registico e ritmico appaiono ben più che solide.
E’ vero che per i completisti esistono anche numerosi collezionabili e obiettivi secondari da portare a termine, come la raccolta di particolari conchiglie o la scoperta di statue in cima alle quali poter meditare ed osservare la fauna circostante, tuttavia la restante struttura si limita ad una mera progressione attraverso lucenti portali e semplici marchingegni grazie ai quali avanzare verso l’area successiva.
Ben vengano quindi le sezioni in cui trascinati dalle correnti nuotiamo in un turbinio di pesci e vita marina, affiancati da alcuni dei più meravigliosi esempi di ciò a cui la natura può arrivare. Sono intervalli in cui il ritmo si impenna, trasportandoci da momenti puramente riflessivi a contemplazioni ben più veloci ed adrenaliniche.
L’ARTE VIVE NELLA NATURA
Non era difficile aspettarsi da questa produzione un comparto artistico di prim’ordine, vista la creatività e la bravura degli elementi che compongono il team di sviluppo. Alle poetiche visuali offerte dai paesaggi sottomarini pennellati da Matt Nava si aggiunge una colonna sonora ugualmente spettacolare. Austin Wintory, nominato ai Grammy Award per il suo lavoro su Journey, ha creato una sequenza di musiche che si armonizzano dolcemente con ogni sequenza presente nel videogioco, dai semplici e rilassati momenti di esplorazione fino ad intermezzi ben più movimentati.
L’aspetto estetico non può fare altro che elevare ancora di più tutto il lavoro compiuto nella composizione dei brani, con scenari allo stesso tempo calmi eppure incredibilmente ricchi di vita ed essenza. Vi è, dietro ad ogni fotogramma, una maniacale ricerca di ciò che la natura è capace di creare se lasciata indisturbata.
Ogni forma di vita, che si tratti di un simpatico pesce luna, di una tartaruga marina o di semplici alghe che si muovono cullate dalla corrente, rende Abzu talmente pieno di una rara bellezza da assumere a tratti i lineamenti di un dipinto che ha acquisito vita propria, mostrandoci ad ogni scoperta meraviglie che ben pochi di noi hanno avuto la fortuna di vedere.
E’ questo il vero punto di forza del titolo, le sue affascinanti sembianze. I colori, gli abbinamenti cromatici, le forme dolci e squadrate degli elementi del paesaggio sono tutti elementi che contribuiscono alla riuscita del quadro generale, al successo di un viaggio che ad ogni nuovo fondale, ad ogni nuovo palazzo sommerso dalle acque e dal tempo è capace di regalare visioni uniche e stupende.
Costruzioni dal sapore arabo, pitture murali che ricordano le celebri espressioni artistiche egizie e misteri nascosti nelle profondità del mare non bastano a trascinare il nuovo lavoro di Matt Nava verso l’Olimpo raggiunto da Journey.
Se infatti la guida spirituale di questa nuova produzione ha i connotati di una singolare ed originale leggenda intrisa di significati profondi e non così semplici da comprendere, Abzu si prefigura invece come una semplice favola, un racconto pieno di seducenti e musicali parole che narrano le sontuose bellezze a cui l’ambiente naturale può aspirare nella sua incontaminata esistenza.
Anche un’estetica così sublime non può però far dimenticare tutti quegli inciampi che il prodotto di Giant Squid incontra sul suo cammino, a partire da una pesante ripetitività nelle meccaniche e nelle situazioni fino ad una languente durata generale dell’avventura.
Fosse stata questa un’opera unica ed originale probabilmente le sensazioni scaturite nelle ore trascorse accompagnati dalle correnti e dalle creature marine sarebbero state molto probabilmente ancora più indimenticabili, ma troppe sono le somiglianze con i lavori precedenti (e meglio riusciti) a cui ha dato il suo contributo il creatore di questa piccola lucente perla per tralasciare i numerosi difetti che rendono un po’ più bui i fondali di questi mari.