Il Capitan America di Jack Kirby [Recensione]
Pubblicato il 6 Agosto 2016 alle 11:25
Panini Comics propone tutte le storie di Capitan America realizzate dal Re Jack Kirby negli anni settanta! Non perdete un pezzo di storia dei comics con l’esordio di personaggi come Arnim Zola e sequenze ancora oggi apprezzate dai fan di Steve Rogers!
Quando si parla di fumetto americano nella sua accezione moderna e popolare vengono in mente due nomi: Jack Kirby e Will Eisner. Entrambi, in maniera diversa, fissarono i canoni dei comics a stelle e strisce e anche oggi, a distanza di anni, la loro influenza si può riscontrare nei lavori di tanti acclamati cartoonist.
Per ciò che concerne Kirby, il re dei comics è stato un artista imprescindibile e nel corso della sua straordinaria carriera ebbe modo di confrontarsi con moltissimi generi narrativi.
Tra i numerosi personaggi da lui ideati un posto d’onore spetta a Capitan America, creato insieme a Joe Simon. Sin dal principio Jack illustrò le vicende della Sentinella della Libertà con intenti indubbiamente propagandistici. Molti lettori, comunque, amano Kirby a causa delle fenomenali storie realizzate alla Marvel negli anni sessanta con Stan Lee. In quel periodo, Kirby si occupò pure di Cap, filtrato però dalla rivisitazione in chiave moderna operata dal Sorridente, senza rinunciare in ogni caso a contribuire alle trame.
Verso la fine dei sixties, tuttavia, Kirby abbandonò la Marvel, a causa di incomprensioni con Lee e di questioni economiche e di diritti d’autore, con polemiche di tipo legale che si trascinarono a lungo e giunsero a livelli particolarmente aspri negli anni ottanta. Kirby ebbe modo di lavorare alla DC, realizzando l’acclamata Saga del Quarto Mondo e inventando character ancora oggi utilizzati dalla casa editrice di Superman e Batman.
La Marvel considerava comunque Kirby un suo artista e nel 1976 lo convinse a tornare all’ovile. Stavolta, però, Jack lo fece alle sue condizioni. Oltre a proporre serie incentrate su personaggi di sua invenzione (tra esse, ricordiamo Eternals e Machine Man), volle scrivere e disegnare Capitan America e la Pantera Nera. Le sue storie però non dovevano essere sottoposte al controllo degli editor. Si trattò di un caso limite ma, data la caratura dell’autore in questione, la Marvel accettò.
Di conseguenza, Kirby si sbizzarrì, creando opere che rivelavano la sua inventiva e che, per certi versi, sono importanti per la storia della Marvel, ma che furono anche piuttosto discusse dai lettori. Vale specialmente per la sua run di Captain America che potete leggere nella sua interezza in questo Omnibus targato Panini Comics. Kirby scrisse e disegnò la serie senza curarsi di tutto ciò che era accaduto in precedenza. Si concentrò su Steve Rogers e sulla splendida Sharon Carter e non trascurò Sam Wilson, alias Falcon, da tempo coprotagonista del comic-book, e Leila, all’epoca compagna di Sam.
Il Cap dell’epoca moderna, però, non era più l’eroe propagandistico degli esordi e sceneggiatori come Steve Englehart e altri l’avevano usato per compiere una forte critica del sistema statunitense da un’ottica progressista (basti ricordare la saga del Marvel Watergate). Kirby era notoriamente conservatore e se ne infischiò dell’impostazione di Englehart e soci. Nelle sue mani, quindi, Cap divenne un soldato tutto d’un pezzo che non si pone dubbi e agisce per il bene dell’America (o per quello che Kirby riteneva essere il bene dell’America).
Le storie ebbero pochi contatti con gli eventi del Marvel Universe. In pratica, Jack creò un universo a sé stante, scrivendo testi verbosi e retorici più legati allo stile narrativo dei decenni precedenti. Insomma, Captain America divenne piuttosto datato e non in linea con le tendenze imperanti nei comics a stelle e strisce.
Intendiamoci, la run è di grande livello ma in quel frangente molti capirono che Kirby si stava lentamente facendo superare dai tempi. Il volume comprende i nn. 193/214 della testata originale che, letti nella sua completezza, formano una grande, ambiziosa story-line non priva di interesse e di momenti entusiasmanti. L’azione regna sovrana e c’è poca introspezione. Innanzitutto, Steve e Sam devono affrontare le macchinazioni dell’Elite Royalista, un’associazione eversiva che, nell’ottica paranoica di Kirby, intende distruggere il perfetto ordine sociale americano, tramite la terribile Bomba della Follia.
La trama è intrigante ma Kirby la allunga troppo, concedendosi inoltre testi e dialoghi davvero ridondanti. La vicenda dell’Elite prelude all’apparizione dell’inquietante Popolo della Notte e del mostruoso Agron, tipiche creature kirbyane. Il n. 206 è interessante per la comparsa del Maiale, dittatore sudamericano che definire sadico è un eufemismo. Con lui Kirby esprime tutto il suo disprezzo nei confronti del comunismo, con imbarazzanti esagerazioni. Nello stesso tempo, però, fa esordire la bella Donna Maria Fuentes e soprattutto il pazzesco Arnim Zola, destinato a diventare uno dei più importanti villain della testata di Cap, a riprova del fatto che la fantasia di Kirby era sempre scatenata.
Con lui c’è l’inquietante Primus e non può ovviamente mancare il Teschio Rosso. Zola e il Teschio Rosso sono i protagonisti della sequenza migliore, che ricorda tutto sommato quelle kirbyane dei gloriosi anni sessanta.
La scioccante rivelazione del cervello di Hitler conservato da Zola e inserito in un corpo clonato simile a quello di Cap è di grande impatto. Negli ultimi episodi, inoltre, Jack dà inizio a una saga che si preannunciava appassionante, incentrata sui complotti della misteriosa Corporazione. In questi episodi fa apparire l’ambigua e seducente Veda, il letale Night Flyer e il perfido Kligger e si intuiva che la trama sarebbe stata complessa e articolata.
Kirby, però, fu costretto a lasciare la serie, anche perché dopo l’entusiasmo iniziale, i lettori in effetti considerarono il mensile di Cap non più attuale e toccò ad altri autori proseguire le vicende della Corporazione. Nel volume sono poi inclusi il terzo e il quarto annual della collana. Nel primo, Kirby fa affrontare a Cap il letale Epsilon, delineando una vicenda dai toni visionari e classicamente kirbyani. Nel secondo usa Magneto e introduce una nuova formazione dei mutanti malvagi, destinata però a non avere grande seguito.
Sui testi di Kirby mi sono già espresso. I disegni sono spettacolari, dotati di un dinamismo e di una sensibilità cinetica impeccabili. Da questo punto di vista, lo stile di Kirby si era evoluto e le immense inquadrature lo dimostrano. A tratti è troppo stilizzato.
In alcuni albi Kirby infatti si fece inchiostrare da un’altra colonna portante della Marvel degli anni sessanta, Frank Giacoia; in altri si inchiostrò da solo. Il risultato è quindi altalenante e i suoi esiti creativi non sono paragonabili a quelli che raggiunse insieme a Joe Sinnott nelle leggendarie run di Fantastic Four e di Mighty Thor.
Kirby è però Kirby e resta un mostro sacro dei comics. Il volume presenta storie non prive di difetti ma che hanno tuttora il merito di farsi leggere. Di conseguenza, non può mancare nella libreria dei fan del Re e degli estimatori di Cap. ‘nuff said!