Spider-Man di Sam Raimi

Pubblicato il 2 Aprile 2015 alle 09:45

Uno dei punti in comune di quei cinecomics che si sono rivelati pietre miliari per il genere e che sono diventati dei fenomeni culturali oltre che dei successi al botteghino è stata senz’altro una lavorazione lunga e travagliata soprattutto in fase di preproduzione.

L’idea per un film su Spider-Man, il più celebre dei “supereroi con superproblemi” della Marvel che rivoluzionò l’epica supereroistica negli anni ’60, iniziò a circolare nell’ambiente di Hollywood fin dagli anni ’80 quando i diritti vennero acquistati dalla Cannon Films che avrebbe dovuto restituirli alla Marvel se non fosse riuscita a produrre una pellicola entro il 1990.

Il primo regista contattato fu Tobe Hooper, autore di celebri horror come Non aprite quella porta, e la sceneggiatura strampalata di Leslie Stevens era in linea con il genere, trasformando Spider-Man in un mostro a otto zampe. Venne poi ingaggiato come regista Joseph Zito che abbandonò quando il budget della pellicola venne dimezzato. Al suo posto fu scelto Albert Pyun ma una prima sceneggiatura di Ted Newsom e John Brancato fu sottoposta a troppe riscritture che ne peggiorarono la qualità. Nel frattempo la Cannon fallì e il progetto fu abbandonato.

I diritti passarono alla Carolco che si accordò con la Columbia Pictures per la distribuzione. Lo script continuò a passare di mano in mano. James Cameron, regista di kolossal di fantascienza di grande successo quali Terminator 1 e 2, Abyss e Aliens scontro finale, intendeva dirigere il film ma scrisse un paio di sceneggiature che vennero respinte per scarsa fedeltà al fumetto originale e che prevedeva anche una scena di sesso tra Peter e Mary Jane. Anche la Carolco Films e la Marvel Entertainment entrarono in bancarotta e il progetto naufragò di nuovo.

Nel ’99 i Marvel Studios concessero i diritti alla Columbia che acquistarono la sceneggiatura di Cameron rifiutando di assumerlo come regista. Tra i candidati a dirigere la pellicola ci fu David Fincher che intendeva raccontare la drammatica storia “La notte in cui morì Gwen Stacy”, fondamentale nella saga del personaggio, ma lo studio non glielo permise. Vennero ingaggiati Sam Raimi, regista della trilogia horror di grande successo di Evil dead, e David Koepp, sceneggiatore de La morte ti fa bella, Jurassic park 1 e 2 e Mission: Impossible. La sua versione venne riscritta da Scott Rosenberg, mentre i dialoghi furono riveduti da Alvin Sargent, premio Oscar per gli script di Julia e Ordinary People, nonché marito di Laura Ziskin, co-produttrice del film, scomparsa pochi giorni fa.

Finalmente il progetto decollò ed ebbe inizio il casting. Per il ruolo principale la prima scelta di Sam Raimi fu fin da subito Tobey Maguire che lo aveva ben impressionato ne Le regole della casa del sidro. La casa di produzione era scettica nel far interpretare un supereroe ad un attore non certo dotato di un fisico imponente, ma un notevole provino di Maguire mise tutti d’accordo. L’attore si sottopose ad un durissimo addestramento fisico di diversi mesi che prevedeva palestra, arti marziali, yoga, free-climbing e una dieta rigorosa. Studiò inoltre i ragni per imitarne i movimenti.

Maguire conferì sensibilità e profondità a Peter Parker, tipico nerd, studente intelligentissimo, bersagliato dai bulli e imbranato con le ragazze fino al giorno in cui il morso di un ragno modificato geneticamente in laboratorio gli conferisce le caratteristiche dell’aracnide. Strettamente fedele al fumetto, la trasformazione del ragazzo è interpretata come fase di passaggio dell’adolescenza. Coi suoi nuovi poteri, Peter sembra più sicuro di sé ma resta un ragazzo profondamente fragile che finisce per commettere degli errori fatali. La sua negligenza causa indirettamente la morte dello zio Ben, padre adottivo, e gli fa comprendere la regola che sta alla base dell’agire di ogni supereroe: “Da un grande potere derivano grandi responsabilità.”

Il costume di Spider-Man fu disegnato come pezzo singolo ad eccezione della maschera che poteva essere rimossa. Per realizzarlo, Maguire fu ricoperto di sostanza aderente per ricavare la forma esatta del suo corpo. Le lenti degli occhi erano state progettate per apparire riflettenti lievemente opacizzate. Si decise di mantenere l’idea originale di Cameron secondo cui Peter non aveva lanciaragnatele come nel fumetto, il che sarebbe risultato poco credibile in un contesto più realistico, ma emetteva una tela organica che sarebbe stata realizzata totalmente con gli effetti visivi. Durante le riprese alcuni costumi di Spider-Man furono rubati. Nonostante i 25.000 dollari di ricompensa promessi dalla Sony, non furono mai restituiti.

Per Norman Osborn, alias Green Goblin, l’arcinemesi del supereroe, venne scelto il grande Willem Dafoe che fornì un’interpretazione schizofrenica memorabile. Osborn è il fondatore e direttore esecutivo della Oscorp., società produttrice di armamenti all’avanguardia, che decide di provare su di sé un’incrementatore di potere trasformandosi in un folle assassino dotato di una terrificante corazza e di armi devastanti ad alta tecnologia. Il personaggio risulta l’esatto opposto di Spider-Man ottenendo i suoi poteri volontariamente anziché attraverso un incidente e usandoli senza alcuna responsabilità. Dafoe preferiva indossare i 580 pezzi della corazza, anche se richiedeva un’ora per l’assemblaggio, rifiutando di farsi sostituire dagli stuntmen che avevano un linguaggio del corpo differente dal suo.

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Kirsten Dunst risultò una Mary Jane Watson differente da quella del fumetto. Eterno amore di Peter e fidanzata con Flash Thompson, il bullo che lo perseguita, non è estroversa, aggressiva e supersexy come l’originale, ma mantiene la falsa superficialità sotto la quale si nasconde il carattere timido e insicuro di una ragazza malinconica, vessata dal padre ubriacone e frustrata dalle difficoltà di realizzare le sue velleità attoriali. Mary Jane troverà così rifugio nella sensibilità di Peter attratta però anche da Spider-Man che esercita su di lei un fascino più esteriore. Memorabile l’originale bacio che i due si scambiano sotto la pioggia con l’eroe appeso a testa in giù alla sua tela.

Dopo essere stato scartato al provino per il ruolo di Peter Parker, James Franco venne scelto per Harry Osborn, figlio di Norman e miglior amico del protagonista. Tra i tre personaggi si instaura un rapporto abbastanza complesso. Norman ritiene il figlio un inetto preferendogli Peter che si trova così a doversi rapportare con una nuova figura paterna. La relazione fraterna tra i due ragazzi inizia a risentire di rancore e invidia ed avrà dei risvolti sempre più drammatici nei sequel.

Tra gli altri personaggi, Rosemary Harris prestò il volto alla saggia zia May mentre Cliff Robertson vestì i panni di uno zio Ben amorevole e simpatico. Il caratterista J. K. Simmons diede un’anima comica al personaggio di J. J. Jameson, feroce direttore del Daily Bugle, quotidiano presso cui Peter lavora come fotoreporter freelance, e denigratore di Spider-Man. Elizabeth Banks interpretò Betty Brant, graziosa segretaria di Jameson, tenera e comprensiva con Peter. Joe Manganiello prestò il fisico atletico a Flash Thompson. Tra i camei, l’immancabile Bruce Campbell, attore feticcio del regista; il wrestler Macho Man Randy Savage, scomparso di recente; Lucy Lawless, interprete di Xena nei telefilm prodotti da Raimi; Nicholas Hammond, che interpretava Spider-Man nella serie tv, e naturalmente Stan Lee, co-creatore del supereroe.

Le riprese iniziarono nel gennaio del 2001 a Culver City. Gli studi della Sony vennero utilizzati per la casa di Peter, per l’arena degli incontri clandestini di wrestling e per la sequenza di Times Square dove Spider-Man e Goblin si affrontano la prima volta. A Los Angeles, il museo di storia naturale fu usato per i laboratori della Columbia University dove Peter viene morso dal ragno radioattivo, la Pacific Electricity fornì gli uffici per il Daily Bugle, e gli interni della Greystone Mansion divennero la casa di Osborn. A New York si girò sul Queensboro bridge, all’esterno della biblioteca pubblica, della biblioteca della Columbia University e su un terrazzo del Rockefeller Center. Il Flatiron Building fu usato per gli esterni del Daily Bugle. Un incidente durante la lavorazione costò la vita all’operaio Tim Holcombe.

Il responsabile agli effetti visivi John Dykstra decise di realizzare la maggior parte delle evoluzioni di Spider-Man al computer poiché fisicamente impossibili per qualunque stunt. Raimi, che nei film precedenti aveva sempre utilizzato effetti più artigianali, si avvicinò per la prima volta al mondo della computergrafica e ideò alcune coreografie così spettacolari e complesse che richiesero un incremento del budget da 70 a 100 milioni di dollari. A causa dei contrasti cromatici, Spider-Man e Goblin dovevano essere sempre ripresi separatamente. Spider-Man, col costume blu, aveva bisogno del green-screen. Viceversa, Green Goblin, appunto verde, girava col blu-screen. Vennero ricostruite al computer anche alcune aree di New York ed ogni singola auto fu sostituita con una copia digitale.

La colonna sonora fu affidata a Danny Elfman che aveva già lavorato con il regista ne L’armata delle tenebre e Darkman ed era esperto di cinecomics e supereroi dopo aver composto le musiche dei due Batman di Tim Burton, di Dick Tracy, dei due Men in Black e della serie tv di Flash. Per Spider-Man realizzò un tema avvincente ed incalzante con venature drammatiche, risvolti romantici per le scene tra Peter e Mary Jane ed un motivo sinistro e disturbante per Goblin. Nel film sono presenti anche i brani What we’re all about dei Sum 41 e l’esaltante Hero di Chad Kroeger e Josey Scott.

Dopo gli attentati dell’11 settembre, vennero ritirate le locandine e i teaser nei quali apparivano le Torri Gemelle. Il film uscì il 3 maggio del 2002, incassò più di 821 milioni di dollari in tutto il mondo rivlandosi uno dei più grandi successi commerciali di tutti i tempi, entusiasmò critica e pubblico e ottenne due nomination agli Oscar. Gli appassionati del fumetto riscontrarono un’esatta fedeltà tematica ed estetica nonostante qualche licenza e un tono generale troppo tendente alla commedia. I bambini furono rapiti dalle scene d’azione ultraspettacolari, gli adolescenti empatizzarono con le problematiche giovanili dei protagonisti e gli adulti rimasero soddisfatti dalla parte più oscura e tragica della trama. A dimostrazione di come il film sia diventato un fenomeno culturale basti pensare ad un dettaglio apparentemente insignificante ma profondamente sintomatico: in Italia, fino all’uscita del film, il personaggio era perlopiù chiamato “Uomo Ragno”. Oggi è praticamente impossibile trovare qualcuno che non usi il nome originale inglese. Spider-Man si rivelò insomma un prodotto perfetto, funzionale nella componente narrativa ed efficace in quella stilistica ed estetica che rinnovò ed amplificò il valore iconico di uno dei personaggi fondamentali del fumetto supereroistico.

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