Batman: The Killing Joke – Recensione
Pubblicato il 26 Luglio 2016 alle 22:46
Evaso da Arkham Asylum, Joker rapisce il commissario Gordon e spara alla figlia Barbara, che ha da poco dismesso i panni di Batgirl, lasciandola paralizzata. Batman deve affrontare l’eterno avversario, intenzionato a dimostrare che ogni uomo, anche il più integro, ha un punto di rottura e può sprofondare nella follia. Mentre il Cavaliere Oscuro e Gordon si ritrovano intrappolati in un delirante incubo a occhi aperti, Joker ricorda il suo tragico passato.
The Killing Joke, il graphic novel scritto da Alan Moore, disegnato da Brian Bolland ed uscito nel 1988, è l’opera che, insieme a Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller, ha traghettato Batman dalla Bronze Age alla Modern Age, caratterizzata da un approccio più realistico e maturo alle storie di supereroi.
Moore destrutturò il personaggio del Joker e ne ridefinì il rapporto con Batman partendo da un’intuizione: indossare un costume da pipistrello e trascorrere le notti a picchiare delinquenti non è un atteggiamento molto più sano che commettere crimini vestito da clown. Inoltre l’atto di violenza subito da Barbara Gordon ad opera del Joker si rivelò assolutamente sconvolgente per i canoni dell’epoca.
Era quindi molto attesa la trasposizione animata della serie direct-to-video DC Universe diretta da Sam Liu, già regista, all’interno della collana, di altri adattamenti importanti come Batman: Year One di Miller e All-Star Superman di Grant Morrison, seppur con risultati altalenanti.
Il fumetto di Moore si apre con Batman che entra da Arkham, si siede di fronte al Joker, anche se si tratta di un impostore, e con poche battute delinea la situazione tra i due personaggi che va quindi a costituire le fondamenta della storia. Nel film, invece, il brodo viene allungato con un inedito antefatto di mezz’ora incentrato sulla figura di Batgirl.
Sta facendo discutere la controversa sequenza del rapporto sessuale tra Barbara e Bruce che, in effetti, appare un forzoso tentativo di cercare il colpo ad effetto. Ma il vero problema è che tutta questa parte è completamente avulsa da The Killing Joke. Poteva essere un buon tentativo di mostrare la storia dalla soggettiva di Barbara ma quando inizia la trasposizione vera e propria i riflettori se li prende il Joker.
L’adattamento in sé è un semplice copia e incolla dall’opera originale che non risparmia nulla sul piano della violenza me è troppo conforme nell’estetica agli altri film della collana. Pur riproponendo alcune vignette iconiche del fumetto, la trasposizione non riesce a rievocare la potenza dei disegni di Bolland. Non basta mettere un paio di rughe ai lati della bocca di Batman o fargli le orecchie a punta a mo’ di corna demoniache per conferire all’opera uno stile davvero differente.
Quelle sequenze che potevano essere potenziate nella traslazione da fumetto a cartoon sono purtroppo carenti di idee sul piano visivo. Su tutte il numero musicale d’avanspettacolo del Joker che, nella versione animata, poteva essere davvero più vivace e ricca di gag rispetto alla controparte cartacea. Certo, Mark Hamill, voce storica del villain, è straordinario ma lo sketch manca di visionarietà come tutto il film.
Solo nel finale il film si prende una piccola licenza scenografica ed è interessante la riflessione del Joker sulle proprie origini, raccontate attraverso flashback con una patina color seppia. L’epilogo ha la stessa ambiguità dell’originale e la scena durante i titoli di coda dà a Barbara la svolta che tutti i fan DC conoscono. E’ un film che si limita a ripercorrere una storia che conosciamo e si siede sulle convenzioni estetiche della collana DC Universe. Se non avete letto il fumetto, recuperatelo. Il film è trascurabile.