Recensione In Prigione – Coconino Press
Pubblicato il 6 Maggio 2010 alle 12:05
Autore Kazuichi Hanawa
Casa editrice Coconino Press
Provenienza Giappone
Prezzo 13.5 euro
È il libro di uno scandalo editoriale: il libro-testimonianza della permanenza dell’autore nelle carceri del Sol Levante, per l’accusa di detenzione illegale di armi da fuoco. Un tipo di documento che in Europa ha avuto e continua ad avere un ruolo importante e riconosciuto sia nella letteratura tradizionale che nei fuemetti. Ma che in Giappone, era considerato tabù, una silenziosa omissione. L’opera in questione, uscita nel 1998 per la rivista AX, ha visto un’enorme diffusione finché nel 2002 il regista Yoichi Sai lo trasforma in un film presentato nel 2003 al festival di Deauville.
Disegni ruvidi, un tratto fitto e corposo, facce e figure curve, piegate, livide, cristallizzate. Le pagine sono usate razionalmente, ogni singolo angolo è una spiegazione, una didascalia di come si creano ossessioni e regole dal nulla, senza nessun altro obiettivo che la completa subordinazione psicologica, della riduzione dell’essere umano al tic tac meccanico di un orologio. Un ritmo scandito dall’abitudine, e da una disumanità particolare che per certi versi non ci aspettavamo. Una disumanità che non si misura sulle percosse, sul sudicio, sulla violenza fine a sé stessa come siamo abituati tristemente a osservare nelle prigioni occidentali. Una disumanità che da cibo di qualità sufficiente ai suoi detenuti, che permette di tenere riviste per propria lettura, che in alcuni casi raggruppa i detenuti in piccoli miniappartamenti indipendenti con la televisione. Ma che chiede stretta osservanza alle regole, alle migliaia di piccole regole, movimenti, osservanze che devono essere rispettate. Defecare, farsi la doccia, camminare, mettere in ordine la propria camera, un centrimetro contato dopo l’altro, un movimento contato dopo l’altro, dentro una chiusura mentale e fisica in cui il detenuto diventa un grasso androide. Che dopo anni e anni avrà paura di uscire in un mondo che sa molto più libero e sregolato.
Un’opera tradizionale per il suo modo di raffigurare le figure umane e al tempo stesso grottesca, nel saper fotografare gli attimi di infantile ed ingenua paura. Elementi questi che vanno ad arricchire quello che è un documento di totale e sistematica denuncia delle prigioni giapponesi, donandogli una linearità e chiarezza disarmante.
Non è un semplice manga, tantomeno un romanzo, è un documentario.
VOTO 7