Carmageddon Max Damage – Recensione

Pubblicato il 8 Luglio 2016 alle 12:00

Se da un lato alcuni titoli si premurano con enormi sforzi di curare la propria immagine in modo da non rischiare di trovarsi in contrasto con l’opinione pubblica ed i media generalisti, pronti in ogni momento ad avventarsi contro qualsivoglia forma di violenza possa palesarsi all’interno di un videogioco, ne esistono altri che della violenza hanno fatto il loro cavallo di battaglia. Qualcuno li potrebbe addirittura definire pulp, per lo stile che hanno deciso di adottare. Carmageddon Max Damage è uno di questi.

Nuovo capitolo di una delle saghe più amate di fine anni’90/inizio 2000, il nuovo progetto di Stainless Games si pone in continuità con quel Carmageddon Reincarnation arrivato su PC l’anno scorso dopo un lungo periodo di accesso anticipato e ben lungi dall’esser capace di impressionare critica e pubblico.

In continuità perché purtroppo anche stavolta il rilancio di uno dei franchise più originali ed irriverenti della storia dei videogiochi si presenta come una cocente delusione. Vediamo quindi cosa si può salvare in questo ennesimo passo falso all’insegna di sangue e motori.

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STRADA, MOTORI E MORTE

La serie di Carmageddon non si è mai premurata di spiegare o giustificare il suo essere, catapultando il giocatore in un’arena, fosse essa una città, uno stadio o una località balneare, e facendogli mettere in moto il veicolo e falciare quanti più pedoni possibile.

Sono state anche le controversie legate a questa particolare visione del videogioco a garantire in principio una notevole popolarità al primo capitolo nel lontano 1997 e poi al suo seguito Carpocalypse Now. Non sorprende quindi che si tratti di uno dei prodotti videoludici più censurati di sempre, addirittura finito sotto le lenti d’ingrandimento di alcuni governi per il forte tasso di violenza che esso conteneva.

Ecco, Carmageddon Max Damage non fa nulla per discostarsi da questa concezione e dalla storia legata al brand, riproponendo in maniera anche troppo fedele, tutto ciò che aveva portati i suoi predecessori al successo. Ci troveremo di fronte ad una campagna strutturata in numerosi eventi divisi per tipologie, e completabili in varie modalità.

Potremo infatti decidere di portare a termine lo stage semplicemente distruggendo le macchine di tutti gli avversari, alienarci dal sangue arrivando per primi al traguardo senza mietere vittime o addirittura immergerci in esso uccidendo un numero minimo di pedoni (usualmente qualche centinaio).

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TRADIZIONE O IMMOBILISMO?

Se vi aspettavate da questo nuovo capitolo una grossa dose di fedeltà rispetto ai canoni della serie allora avete sicuramente fatto centro. Sia in termini di gameplay che, purtroppo, per quanto riguarda il comparto tecnico. Certo sono state operate delle aggiunte rispetto a Carmageddon Retribution ma parliamo di supplementi nell’ordine di nuove auto, arene ed una migliorata gestione degli urti. Non esattamente esaltanti novità.

Ma ovviamente non ci sono solo brutte notizie, anzi. Molto soddisfacente è infatti il lavoro svolto nella gestione dei power up presenti negli stage, incredibilmente vari e capaci di infiammare ancora di più la competizione nei differenti scenari inseriti nel gioco. Sospensioni di gelatina, mine esplosive e palle ferrate sono solo alcuni dei potenziamenti di cui potremo usufruire nel corso delle nostre devastazioni.

Ciò aggiunge, per quanto possibile, una minima parvenza di strategia nella gestione delle gare, coadiuvata anche dalla possibilità di prendere di mira particolari veicoli in modo da aggiungerli al proprio garage ed utilizzarli in seguito. Garage che potrà espandersi nel corso della carriera e dal quale si potranno gestire modifiche e personalizzazione delle auto possedute. Generose aggiunte di lame, punte di ferro, e colori sgargianti potranno essere equipaggiati con il progredire dei livelli in modo da rendere ancora più letali i mezzi prescelti.

Anche perché in principio di letale vi sono solamente le meccaniche di guida. Impossibili da controllare in curva, incapaci di coinvogliare una qualsivoglia sensazione di velocità, le macchine di morte progettate dai ragazzi di Stainless Games sono semplicemente troppo frustanti da guidare per convincere fino in fondo il videogiocatore a passare decine di ore su un titolo del genere. E vi è una profonda differenza tra un titolo impegnativo e la frustrazione che trasmette Carmageddon Max Damage.

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DIRETTAMENTE DAL PASSATO

Se molto probabilmente questo nuovo capitolo è arrivato direttamente dal 1997, quasi sicuramente non si tratta però di un pregio. Tecnicamente il colpo d’occhio è imbarazzante. La qualità delle texture di auto e scenari non sfigurerebbe certamente in produzioni di 10 anni fa, ma al giorno d’oggi è difficilmente giustificabile. Anche perché l’ultimo titolo della serie non si esalta nemmeno in quanto a fluidità.

Ben lungi da ciò. Non sono rari infatti i cali di framerate, soprattutto in occasione di collisioni o situazioni con numerosi elementi presenti a schermo. Sono le stesse problematiche che avevano afflitto, in misura maggiore l’episodio uscito l’anno scorso su PC, e non ancora risolte nonostante il tempo disponibile per l’ottimizzazione.

A mitigare questa triste situazione arriva per fortuna il notevole lavoro svolto nell’ambito della fisica degli scontri e del danno ai veicoli, entrambi congrui con quanto avviene a video e spettacolari come non mai. Certamente un maggiore tasso di distruttibilità ambientale sarebbe stato ben accetto, si fosse trattato solamente dell’eliminazione di lampioni incrollabili e duri come il cemento.

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Non è facile stilare una valutazione complessiva di un titolo come Carmageddon Max Damage, così profondamente legato a storici momenti di un medium, quello videoludico, che anche tramite prodotti ricchi di violenza come questo continua a ribadire la propria maturità.

Lasciando da parte la nostalgia dei tempi passati ed i ricordi collegati a prodotti amati come i primi due capitoli della serie, l’ultimo progetto targato Stainless Games è solo una profonda delusione. In venti anni un franchise così importante non è riuscito a compiere nessun visibile passo in avanti, rimanendo ancorato a stilemi che potevano garantire il successo due decadi fa ma che al momento risultano semplicemente troppo antiquati.

A coronare questo immobilismo vi è poi una generale frustrazione derivante da controlli non calibrati ed una realizzazione tecnica imbarazzante nel 2016. Fosse divertente, non sarebbe un problema consigliare l’acquisto (al prezzo di 40€) di questo ultimo capitolo, ma si tratta semplicemente di un titolo che difficilmente piacerà ad un pubblico più ampio dei fan di vecchia data della saga. Per tutti gli altri: vade retro.

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