Recensione – Il Trono di Spade 6×09: “Battle of the Bastards”

Pubblicato il 20 Giugno 2016 alle 21:00

“Vieni a vedere, bastardo”.

Sarò anche la miliardesima persona nella storia dell’umanità a dirlo, eppure vorrei ricordare che alla fin fine, quello che conta è il viaggio e non la destinazione.

Il finale di Battle of the Bastards, possiamo dirlo, alla vigilia appariva abbastanza scontato. Se Jon fosse morto per mano di Ramsay Bolton davanti alle mura di Grande Inverno, io personalmente (e probabilmente molti altri) avrei pensato che gli autori lo avessero riportato in vita esclusivamente per accontentare i fan, e non perché avessero in mente una storia da raccontare.

Ma se nel mondo dell’intrattenimento c’è una produzione (e uno scrittore, George R.R. Martin, la colpa/il merito è soprattutto suo) che di ciò che vogliono i fan se ne frega, è quella di Game of Thrones. E per la prima volta il nono episodio di una stagione non è arrivato per stupirci, lasciarci a bocca aperta o strapparci le lacrime dagli occhi: tutti si aspettavano il colpo-di-scena-da-nona-puntata, eppure il finale di Battle of the Bastards è stato quanto mai lineare.

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Una cosa che mi ha lasciato piacevolmente sorpreso e soddisfatto è stata la scelta di raccontare anche un po’ gli eventi che stavano accadendo al di là del Mare Stretto, prima di far scoppiare la grande guerra per Grande Inverno. L’ultimo episodio avrà una durata maggiore, ma con la risoluzione della rivolta degli schiavisti gli sceneggiatori avranno più tempo a disposizione per portare a compimento altri archi narrativi … e chissà, magari Daenerys partirà finalmente per Westeros, nell’ultima scena.

La CGI dei draghi, come già detto nelle passate reviews, aumenta di qualità di episodio in episodio, almeno fino a quando Emilia Clarke non sale sul groppone di Drogon: la macchinosità dell’interazione attore/CGI è davvero troppo evidente, ciononostante l’attacco dei tre draghi alla flotta degli schiavisti è stata non solo gestita molto bene registicamente, ma ha anche fatto registrare il più alto impiego della CGI nella serie, e tutto sommato i risultati sono stati positivi.

Un applauso a Theon e Yara Greyjoy, che hanno stabilito il record per la maggior quantità di distanza coperta nel minor lasso di tempo, viaggiando dalle Isole di Ferro e a Meereen in tre-dico-tre singole scene. Il primato vale loro la pace con Daenerys, che adesso ha finalmente la tanto agognata flotta che stava cercando per tornarsene a casa. Daenerys che, grazie al consiglio di Tyrion – che finalmente si fa valere, invece di starsene a bere e a dar da mangiare ai draghi – si dimostra essere migliore di suo padre, il Re Folle.

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Ma ora parliamo di ciò per cui tutti siamo qui.

Il Nord. Grande Inverno. Ramsay Bolton. Jon Snow.

Un Ramsay Bolton che, come al solito, si dimostra astutissimo e spietato, rifiutando il duello risolutore contro Jon Snow, un uno contro uno che, a sua detta, l’avrebbe visto sconfitto. Una saggezza che dimostrò anche Robb Stark, ironia della sorte, quando glissò sapientemente alla stessa richiesta che gli fece Jaime Lannister.

E prima della battaglia ci sono anche tre scene molto significative.

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Il confronto fra Sansa e Jon, nel quale la prima si dimostra una perfetta copia al femminile di Lord Petyr, che ha evidentemente saputo come plasmarla, quando dice che, in un modo o nell’altro, loro fratello Rickon è destinato a morire e con estrema praticità consiglia a Jon di considerare questa eventualità. Jon Snow che invece è la copia dai capelli corvini di suo padre, Eddard Stark, che pur di fare ciò che è giusto si scaglia sul campo di battaglia uno contro seimila.

Poi abbiamo visto il bel dialogo fra Jon e Melisandre, una Melisandre che è stata compassata per tutta la stagione ma che è sempre ligia ai suoi doveri da servitrice del Signore della Luce, e si dice pronta a riportare Jon in vita un’altra volta se dovesse essere necessario, nonostante il bastardo Stark le comandi di non farlo. Davvero azzeccata la battuta sul “Quale Dio farebbe questo?”.

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Infine, prima della sanguinosa battaglia, c’è anche il tempo per vedere Davos trovare il cavalluccio di legno che aveva regalato a Sheeren, annerito per il rogo sul quale la figlia di Stannis è bruciata. E alla fine della battaglia quel cavalluccio è ancora nelle sue mani, mentre il Cavaliere delle Cipolle osserva indeciso lady Melisandre: vedremo nel prossimo episodio se Davos deciderà di fare giustizia o se ha ormai perdonato la strega dopo che lei lo ha ascoltato quando Jon era morto e ha deciso di fare come lui le chiedeva.

La battaglia che ci era stata promessa doveva essere la più grande mai vista nella storia della televisione, e lasciatemi dire che così è stato. Non solo: un posto nella top10 delle migliori battaglie del cinema probabilmente non glielo toglie nessuno.

E’ davvero impressionante l’ammontare di stunt e coreografie che ha dato vita alla battaglia, pensata meravigliosamente anche a livello di sceneggiatura – il “gioco” di Ramsay con Rickon, i numerosi ribaltamenti di fronte, ecc.

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Come detto, l’esito dello scontro appariva scontato, forse per la prima volta nella storia della serie, eppure l’emozione e il pathos suscitati sanno come incollare alle sedie e far trattenere il respiro. Per crudezza e realismo – okay, c’è un gigante, ma il realismo è tangibilissimo – la sequenza non ha nulla da invidiare allo sbarco anfibio di Salvate il Soldato Ryan di Spielberg, considerata la miglior scena di battaglia di tutti i tempi, solo che qui abbiamo a che fare con frecce e spade e lance ed è tutto molto più fisico, brutale.

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La musica coinvolge, attornia quasi, e il piano sequenza di Jon nella battaglia è una mano che esce dal televisore, ci afferra per il collo e ci scaraventa lì, davanti alle mura di Grande Inverno, nel fango ghiacciato, nel gelo, nel sangue.

Ottima la fine di Ramsay Bolton, che resta fedele a se stesso e se ne va da gran bastardo qual è. Non scade del piagnucolio dei perdenti, non chiede pietà: ha la faccia tosta di chiedere alla fine il duello uno contro uno che aveva rifiutato, e prova perfino a dare ordini ai suoi cani perché non lo sbranino.

Per la prima volta, però, i suoi cani non gli ubbidiscono. Con la sconfitta se ne è andato anche il suo potere.

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