X-Men 3: Conflitto finale di Brett Ratner

Pubblicato il 20 Giugno 2015 alle 09:31

Il primo problema da risolvere per il capitolo finale della trilogia degli X-men fu la ricerca del regista. Infatti, Bryan Singer, che aveva diretto i primi due capitoli, decise di abbandonare la saga per dedicarsi al progetto Superman returns e portò con sé gli sceneggiatori Dan Harris e Michael Dougherty e il compositore e montatore John Ottman che avevano lavorato con lui in X-men 2.

Tra i registi contattati vi furono Darren Aronofsky, Alex Proyas e Zack Snyder che dovettero rifiutare a causa di altri impegni. Venne assunto Matthew Vaughn ma, durante la preproduzione, fu costretto ad abbandonare per motivi familiari. Il regista avrebbe diretto in seguito il prequel X-men – First class. La palla passò così a Brett Ratner, regista dei primi due Rush hour, di The family man e Red Dragon.

Gli sceneggiatori Simon Kinberg e Zak Penn decisero di ispirarsi principalmente a due storylines. La prima era la saga della Fenice Nera, scritta nel ’76 da Chris Claremont con i disegni di Dave Cockrum, che raccontava la tragica metamorfosi di Jean Grey in seguito all’esplosione dei suoi poteri latenti.

Il secondo arco narrativo preso in considerazione fu Gifted, pubblicato nel 2005 all’interno della serie Astonishing X-men. Scritta da Joss Whedon, che pure fu tra i contattati per dirigere il film, disegnata da John Cassaday e trasposta anche in motion comic, la serie racconta di come la ricercatrice Kavita Rao scopra una cura al fattore mutante.

La parte emotiva della storia, dunque, avrebbe riguardato Jean Grey che, alla fine dell’episodio precedente, si sacrificava per salvare i suoi compagni.

Come si presagiva nell’epilogo, Jean è sopravvissuta all’interno di un bozzolo di energia ma la manifestazione violenta e massiccia dei suoi poteri la conduce alla follia scatenando la sua personalità più oscura e pericolosa.

Se nei due film precedenti i personaggi principali erano rispettivamente Rogue e Wolverine, qui è la mutante interpretata da Famke Janssen la figura centrale, approfondita psicologicamente attraverso flashback della sua infanzia e l’analisi del rapporto con i due mentori: Xavier, che ha sempre tentato di tenere a freno le sue facoltà latenti, e Magneto che voleva invece sfruttarne il potenziale.

Il cambiamento di Jean Grey va ad influire naturalmente anche sul triangolo sentimentale con Ciclope e Wolverine ben costruito e sviluppato nei primi due capitoli. Purtroppo, l’indisponibilità di James Marsden, coinvolto da Singer in Superman returns, limitò la presenza di Ciclope, ucciso all’inizio del film dalla sua amata.

Nella nuova identità di Dark Phoenix, Jean è maggiormente attratta da Wolverine la cui natura selvaggia ha una maggior presa su quel lato istintivo che ora la controlla. L’eroe però non viene meno alla sua integrità e, nonostante i suoi sentimenti, respinge Jean, chiaramente fuori di sé.

La parte politica del film ruota invece attorno alla scoperta della cura per il fattore mutante da parte della ricercatrice indiana Kavita Rao, interpretata dall’iraniana Shohreh Aghdashloo. Nel film, la cura risiede nel dna di Leech, interpretato da un giovanissimo Cameron Bright, la cui semplice vicinanza è sufficiente ad annullare i poteri di qualunque mutante.

Nel fumetto si tratta di un bambino appartenente ai Morlocks, una comunità di mutanti deformi costretti dal proprio aspetto a vivere nelle fogne. La reazione del mondo mutante alla creazione della cura e le decisioni che ne conseguono conferiscono alla storia una complessità ideologica maturata dalle basi gettate nei primi due capitoli.

La differente natura dei poteri di ciascun mutante rende soggettiva la concezione di una cura, ritenuta un bene da alcuni, un male o, addirittura, una minaccia per altri.

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Tra gli X-men, quella che si oppone con più forza ad essere etichettata come malata è Tempesta, orgogliosa della sua natura. Più complessa la condizione di Rogue, il cui dramma si protrae senza soluzione apparente. La sua capacità di assorbire energie vitali al solo contatto le rende difficile avere una relazione sentimentale normale con il fidanzato Bobby, altresì detto Iceman.

Il ragazzo si allontana sempre di più da lei fino a legarsi a Kitty Pryde, conosciuta nel fumetto col nome di battaglia di Shadowcat, in grado di attraversare oggetti solidi. Nei primi due film, Kitty aveva solo dei cameo, interpretata rispettivamente dalle giovanissime Sumela Kay e Katie Stuart. Vista la maggior importanza in questo capitolo finale, si scelse la sempre giovane ma più matura Ellen Page che avrebbe conosciuto il successo l’anno dopo con Juno.

La relazione tra Kitty e Bobby è inesistente nel fumetto dove la ragazza ha invece allacciato un rapporto sentimentale con Colossus alias il russo Piotr Rasputin, capace di trasformare la propria pelle in metallo indistruttibile.

Interpretato da Daniel Cudmore, nel secondo film aveva solo un cameo dove veniva mostrato con il corpo al naturale. Qui ha invece un ruolo fondamentale come eroe action nella battaglia finale e lo vediamo assumere il noto aspetto corazzato.

Tra i nuovi X-men inseriti nel film c’è il dr. Hank McCoy, detto Bestia, ex studente della scuola di Xavier ed ora Segretario del Dipartimento degli Affari Mutanti, incarico quantomai delicato durante la crisi in atto. Dotato di un intelletto e di una forza ferina fuori del comune, Bestia appartiene al gruppo originale nel fumetto e il suo aspetto si è evoluto negli anni da umano rozzo e scimmiesco al felino dal pelo blu.

Il personaggio era interpretato da Steve Bacic in un cameo quasi impercettibile in X-men 2, dove aveva sembianze umane, mentre qui Kelsey Grammer ha dovuto sottoporsi ad un pesante make-up che aveva messo fortemente a disagio Alan Cumming nel film precedente per interpretare Nightcrawler.

La presenza del mutante teleporta in X-men 3 fu prima limitata e poi definitivamente cancellata perché ritenuto inutile, giustificata nelle dinamiche narrative all’interno del videogioco tie-in X-men: The official game.

A suscitare qualche polemica tra i fans fu l’inserimento di Warren Worthington III, detto Angel, anche lui membro degli X-men fin dalle origini. Dotato di ali piumate che gli consentono di volare, Angel è protagonista nel fumetto di una saga lunga e travagliata mentre nel film, dov’è interpretato da Ben Foster, il personaggio viene risolto praticamente in due scene. Il padre è un ricco industriale che vuol renderlo normale e per questo finanzia la produzione della Cura.

Durante la battaglia finale, però, il figlio gli salverà la vita proprio grazie alla sua capacità di volare. La valenza prettamente simbolica del personaggio risulta efficace ma i fans avrebbero preferito uno sviluppo più avvincente ed articolato.

La Cura viene intesa da Magneto come una minaccia e, in effetti, l’esercito ne fa un’arma. Nella Confraternità del malvagio, oltre a Pyro che si era unito a lui in X-men 2, fa ovviamente il suo ingresso Jean Grey che non ha più inibizioni nell’uso delle sue facoltà.

Nel gruppo entrano anche Multiple Man e Fenomeno interpretati rispettivamente da Eric Dane e Vinnie Jones. Mystica, fedelissima di Magneto, viene invece colpita da un dardo contenente la Cura e diventa un’umana. Magneto mostra qui la sua natura ipocrita e profondamente razzista voltando le spalle all’alleata perché non più appartenente alla sua specie.

La scomparsa di Mystica a inizio film, solleva finalmente la splendida Rebecca Romijn-Stamos da un make-up tormentoso ed estenuante e risolve un personaggio le cui qualità di mutaforma erano state un pretesto troppo spesso utilizzato durante la saga.

Nella guerra imminente, Magneto riesce a far schierare dalla sua parte gli Omega, un gruppo di giovani mutanti fuggiaschi e clandestini guidati da Callisto, la dominicana Dania Ramirez, che nel fumetto comanda invece i sopracitati Morlocks.

Nelle scene action, Callisto, dotata di supersensi e superforza, si scontra diverse volte con Tempesta. Tra gli Omega, oltre ad Arclight, capace di imprimere onde d’urto, e Kid Omega, ispirato al Quill del fumetto, in grado di ricoprire il suo corpo di aculei, spicca Psylocke, interpretata da Meiling Melançon, dotata di poteri psichici, personaggio fondamentale dell’universo Marvel qui drasticamente ridimensionato e fonte di nuove polemiche da parte dei fans.

Scena cruciale della pellicola, lo scontro tra gli X-men e la Confraternita nella casa natale di Jean, dove la donna affronta Xavier in un’esplosione di poteri.

Viene così espressa la rabbia, l’alienazione, la disperazione e lo smarrimento della mutante che non riesce a trovare un proprio percorso e deve affrontare le sue origini, simboleggiate non solo nella devastazione della sua abitazione ma anche nel padre putativo Xavier, colpevole, secondo Magneto, di averla sempre frenata.

La scomparsa del professore provoca la giusta tensione a metà del film rendendo più drammatica la situazione degli X-men. Nell’epilogo posto durante i titoli di coda, però, la morte di Xavier viene rimessa in discussione e lo troviamo assistito dalla genetista Moira MacTaggert, interpretata da Olivia Williams, che nel fumetto ha avuto una storia d’amore con il capo degli X-men.

Il film è naturalmente teso verso la battaglia finale che ha per teatro l’ex-carcere di Alcatraz dove viene tenuto al sicuro il piccolo Leech.

Tra i momenti fondamentali, oltre alla preannunciata resa dei conti tra Iceman e Pyro, Bestia colpisce Magneto con la Cura privandolo dei suoi poteri anche se, nell’ultima scena del film, viene lasciato intendere che il malvagio sta recuperando le sue facoltà sollevando dubbi sull’efficacia del composto.

Il climax si raggiunge nel faccia a faccia tra Wolverine e Jean Grey con l’eroe che si vede costretto ad ucciderla per darle la pace. Un sacrificio estremo, un gesto d’amore altissimo e disperato che chiude in maniera epica la trilogia.

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Anche questo terzo capitolo fu girato in Canada, perlopiù a Vancouver, dall’agosto 2005 al gennaio 2006, con un budget di 210 milioni di dollari, all’epoca il più alto mai stanziato. In apertura del film venne finalmente inserita la scena della Stanza del Pericolo, la sala d’addestramento degli X-men, rinviata nei primi due film. Durante la sessione d’allenamento nella sala olografica, compaiono le Sentinelle, robot cacciamutanti rese celebri dal fumetto.

La scena in cui Magneto usa i suoi poteri per sollevare il Golden Gate Bridge e trasportare la sua armata sull’isola di Alcatraz, è ispirata ad una storia della serie Ultimate nella quale il mutante piegava tutti i ponti per isolare Manhattan. Nel film, nonostante la spettacolarità, la scena risulta più pretestuosa.

In un cameo compaiono anche Stan Lee, co-creatore degli X-men insieme a Jack Kirby, e Chris Claremont, autore di alcune delle saghe fondamentali del gruppo mutante. Dopo Michael Kamen e John Ottman, la colonna sonora fu affidata a John Powell che mantenne le sonorità dei primi due temi conferendogli un tono più drammatico.

X-men: the last stand uscì il 26 maggio del 2006 incassando quasi 460 milioni di dollari in tutto il mondo.

Nonostante qualche critica discordante e le polemiche dei fans del fumetto per le discrepanze con il materiale originale, il film tratta in modo esaustivo e porta a compimento le tematiche sviluppate nel corso della trilogia mantenendo inalterata l’integrità dei personaggi e i concetti di base dell’epopea dei mutanti che, nella sua dimensione cinematografica, è ben lungi dall’essere terminata.

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