Warcraft – L’inizio – Recensione

Pubblicato il 1 Giugno 2016 alle 23:11

In fuga dal mondo morente di Draenor, l’Orda degli Orchi, guidata dal potente stregone Gul’dan, giunge nel pacifico Regno di Azeroth per colonizzarlo. Tre le file dell’Orda, il capoclan Durotan ha dei dubbi circa le azioni del loro leader. Sir Anduin Lothar, comandante dell’esercito di Stormwind, si prepara a respingere l’invasione degli orchi con l’aiuto dell’Arcimago Khadgar e del suo maestro, il Guardiano Medivh. La mezz’orchessa Garona deve invece decidere se schierarsi con l’Alleanza o con l’Orda.

Warcraft - L'inizio

Quando si realizza una trasposizione cinematografica da un’opera cult come Warcraft, una delle priorità è sempre quella di accontentare i fan. Al contrario di quanto si pensi, non è un’operazione così difficile. Molte volte è sufficiente fare copia-incolla dal materiale originale. Magari non sarà abbastanza per soddisfare in pieno gli appassionati ma riuscirà a farli sentire all’interno di quel mondo che amano e che conoscono alla perfezione. Tutt’altro discorso per quel pubblico generalista che non conosce la fonte e che deve appassionarsi ad una storia e a dei personaggi che non conosce. In tal senso, Warcraft – L’inizio rende un pessimo servizio.

Warcraft nasce nel 1994 come videogioco fantasy strategico che ha dato il via a sequel ed espansioni fino alla grande svolta del 2004 quando viene pubblicato World of Warcraft, videogioco di ruolo online che conta ad oggi milioni di utenti e ha dato il via ad una saga multimediale composta da romanzi, fumetti, giochi cartacei e quant’altro.

Il regista britannico Duncan Jones si era messo in mostra con due interessanti pellicole di fantascienza low-budget quali Moon e Source Code. Il salto al giocattolone fantasy della Legendary non era affatto facile e, in fase di pre-produzione, Jones aveva promessa massima fedeltà al mondo fantastico creato dalla Blizzard Entertainment. In effetti, la cura della ILM nella ricostruzione scenografica, tra costumi, oggetti di scena e make-up è davvero minuziosa e richiama inevitabilmente Il Signore degli Anelli di Peter Jackson. Il film, inoltre, denota buon equilibrio tra effetti pratici e digitali.

Più discutibile la sceneggiatura che richiama fatti e personaggi dell’opera originale concedendosi le giuste licenze. L’intenzione è quella di mettere in scena due schieramenti, umani ed orchi, senza una netta distinzione tra buoni e cattivi, un po’ come in Game of Thrones. Ed è il primo punto davvero fallimentare del film. Gli uomini sono tutti buoni, tranne uno, non vi riveleremo chi, neanche per colpa sua. Gli orchi sono, in linea di massima, cattivi, con qualche eccezione. Qualcuno ha tirato in ballo il tema dell’immigrazione. In tal caso, il film passerebbe un messaggio piuttosto pericoloso visto che gli orchi immigrati vengono a distruggere il mondo degli umani. Quindi lasciamo stare le metafore sociopolitiche.

Il casting degli umani è discutibile. Travis Fimmel, Ben Foster e Ben Schnetzer non riescono a dare carne e sangue ad Anduin, Medivh e Khadgar. Si limitano a dire e a fare quello che devono senza dare un’interpretazione più sfaccettata o carismatica a personaggi monodimensionali ai quali è impossibile affezionarsi. Lo stesso vale per il Re Llane Wrynn, interpretato da Dominic Cooper (Howard Stark nel Marvel Universe cinematografico, Preacher), il cui epilogo avrebbe meritato una presenza più centrale nel corso della storia.

Più interessanti gli orchi. Durotan e Garona, interpretata dalla bellissima Paula Patton (Mission: Impossible – Protocollo Fantasma) hanno gli archi narrativi più avvincenti della storia, sono il vero motore emotivo del film ed hanno entrambi un bel finale.

La mano del regista di film indipendenti si sente fin troppo. Il film è infatti soffocato da trama, dialoghi e spiegoni lasciando davvero poco spazio all’action. Vengono concesse solo un paio di brevi scaramucce prima della prevedibile battaglia finale. Quel che è peggio, Jones non ha alcuno spunto stilistico e si limita ad andare dalla A alla B, scimmiottando, a tratti, il sopracitato Jackson. La colonna sonora di Ramin Djawadi è una delle più anonime che si siano mai sentite in un aspirante blockbuster.

I fan saranno felici di ritrovare il mondo di Warcraft così fedelmente riprodotto sul grande schermo ma lo spettacolo cinematografico per un pubblico neofita è verboso, noioso, poco coinvolgente e, per forza di cose, derivativo. Il titolo del film afferma che questo è L’inizio e il finale apre al sequel. Senza una correzione di rotta, però, c’è il rischio che la fine sia già vicina.

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