Recensione – Il Trono di Spade 6×06: Blood of My Blood

Pubblicato il 30 Maggio 2016 alle 20:00

“Bruciateli tutti!”

Le visioni di Bran, ora lontano dall’albero del Corvo con Tre Occhi, ci sono ancora, ma sono frammenti confusi e non lineari. Il giovane Stark è ben lontano dal comprendere il proprio potere, e quindi ben lontano dallo svelare i segreti che avvolgono il passato della sua casata.

Lui e Meera sono perduti nel gelo, inseguiti dai non-morti. La prima scena è avvolgente, ci fa sentire il freddo e il buio tutt’intorno, con la cinepresa che si sposta con una carrellata fra gli alberi e segue i protagonisti ormai stremati. Riusciamo a vedere per la prima volta il Re Folle, seduto sul Trono di Spade, in uno dei flashback che Bran sta sognando, prima che il ragazzo si svegli allarmato dall’arrivo dei morti.

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Ma quando tutto sembra perduto – non è vero, nessuno ha pensato neanche per un momento che i due ragazzi sarebbero morti così insulsamente – è il graditissimo ritorno di Benjen Stark a salvarli. La sua entrata in scena vuole essere una sorpresa, ma che tale non riesce proprio ad essere: era chiaro che qualcuno sarebbe arrivato ad aiutare Bran, a questo punto, che da solo non sarebbe evidentemente riuscito a fare molto – e infatti era lì lì per morire – e l’introduzione di un nuovo personaggio che fosse spuntato dal nulla nel bel mezzo della neve non avrebbe convinto nessuno. In più il suo corpo non era mai stato ritrovato dal suo affezionatissimo nipote Jon Snow, e ciò che è morto non muoia mai bla bla bla … Insomma, Benjen è tornato: gli Stark non sono proprio finiti come potrebbe sembrare a prima vista. E anche se il suo ritorno non ha nulla di sorprendente, la scena che lo introduce è molto ben girata e ben coreografata. Sorprendente, invece, è la storia che ha da raccontare.

In una scena successiva apprendiamo che il fratello di Ned è l’evoluzione spirituale (e fantasy) di Hugh Glass: non solo è stato infilzato dalla spada degli Estranei, e sventrato e lasciato a morire nella neve insieme ai suoi ranger dei guardiani della notte, ma è anche stato riportato in vita dai Figli della Foresta, con un pugnale di vetro di drago nel cuore … lo stesso rituale che ha creato gli Estranei!

Cos’è Benjen Stark, allora? Un mezzo-Estraneo? Un servitore del Corvo con Tre Occhi? Jon non è evidentemente l’unico Stark graziato dagli dei: lord Eddard e il suo primogenito Robb probabilmente li avevano offesi in qualche modo.

Ma quello di Benjen non è l’unico ritorno a cui assistiamo in questo tumultuoso episodio: Walder Frey è sempre più inasprito e la sua guerra contro il Pesce Nero lo sta vedendo sconfitto; e rivediamo anche Edmure Tully, di sfuggita, unico sopravvissuto delle Nozze Rosse (oltre al Pesce Nero) e da allora ostaggio dei Frey.

Quindi il doppiogiochista Petyr Baelish per una volta ha detto la verità a Sansa, nella scorsa puntata: il Pesce Nero ha davvero il controllo di Delta delle Acque. Una situazione che dovrà essere risolta per mano (ops) di Jamie Lannister, incaricato dal re Tommen suo figlio (ma non fateglielo sapere, per carità) di risolvere lo stallo che si è creato nelle terre dei fiumi: terre dei fiumi dove si stanno recando anche Sansa, Jon, Brienne, Davos, Tormund e i suoi bruti, proprio per aiutare il Pesce Nero e per ricevere in cambio il suo aiuto nella guerra contro i Bolton.

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Blood of My Blood è quindi solo un (ottimo) episodio di transizione, che prepara la scacchiera per la partita finale, (che si prospetta sanguinosa negli ultimi quattro episodi rimasti)? Si e no.

Si perché, a tutti gli effetti lo è. Anche la sceneggiatura, per la seconda volta in questa sesta stagione, non è firmata dagli showrunner David Benioff e D.B. Weiss, ma da Bryan Cogman (già autore di circa una ventina di episodi della serie), che risolve molte trame lasciate in sospeso e accelera le cose in vista del gran finale.

Ma anche e soprattutto no, perché è comunque un episodio densissimo di avvenimenti, che per dire tutto ciò che ha da dire deve lasciare da parte la combriccola di Tyrion, la combriccola di Jon Snow, Ditocorto, Ramsey Bolton/Rickon, Jorah e la storyline del Trono del Mare (tenendo conto che ci sarebbe anche la storyline delle Serpi delle Sabbie, praticamente dimenticate dopo il colpo di stato visto nel primo episodio).

Bella la sequenza di Sam, tornato a casa e alle prese col padre padrone di cui finora avevamo solo sentito parlare: ebbene, lasciatemi dire che il buon Randyll Tarly riesce a rispettare le nostre aspettative … una persona davvero sgradevole, che ammanta la sua tavola di cattive maniere e un’atmosfera pesante, insostenibile. Onore a Samwell, che finalmente decide di mettergli i piedi in testa e scavalcare la sua autorità: dopotutto, cos’è un burbero genitore per chi ha ucciso con le proprie mani un Estraneo?

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Ottima la scena dedicata ad Arya: il suo retaggio da Stark è troppo forte e, se mai lo ha voluto davvero, adesso si rende conto che diventare nessuno non è ciò che desidera nel profondo. Sono straconvinto che Arya Stark avrà un ruolo fondamentale nella saga, e che le sue peripezie finora sono state soltanto una preparazione a ciò che l’aspetta … se riuscirà a liberarsi di Jaqen H’ghar, che si era evidentemente affezionato a lei ma che non ci pensa due volte ad ordinare la sua morte, ora che la giovane lupa ha tradito la Casa del Bianco e del Nero e la volontà del Dio dai Mille Volti.

Ma la scena madre ha luogo ad Approdo del Re: non solo scopriamo che l’Alto Passero ha definitivamente portato dalla sua il giovane Tommen, che annuncia una collaborazione fra la Corona e il Credo – legando le mani ai Lannister e ai Tyrell e di fatto impedendo le loro vendette. Apprendiamo anche che Cersei dovrà affrontare un processo per singolar tenzone (una pratica che evidentemente va per la maggiore, da quelle parti): chi sarà lo sfortunato campione dell’Alto Passero che dovrà vedersela contro la Montagna? Credo che Gregor Clagane non-morto non possa essere sconfitto nemmeno se tutti i sette dei si mettessero a pregare per farlo morire di nuovo, ma staremo a vedere: dire che l’ultimo duello per singolar tenzone si è concluso con un colpo di scena sarebbe un eufemismo.

Bella la scena fra Jamie e Cersei: tutti, sotto sotto, vorremmo dominare il mondo al fianco della persona che amiamo, infischiandocene di tutto e calpestando tutti.

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Daenerys e i suoi draghi potrebbero avere qualcosa da ridire, però: l’intelligenza del regista Jack Bender (qui alla sua seconda direzione consecutiva) si vede quando opta per tutti quei primi piani sulla Madre dei Draghi, risparmiandoci al minimo l’interazione con la CGI del drago, che è quasi ottima su campo largo (ma anche quando l’animale viene inquadrato da solo) ma appare inconfondibilmente scialba e artificiale quando vola (la virata che compie nel solcare il cielo del deserto prima di atterrare davanti all’orda dothraki è a dir poco macchinosa) e goffa quando Emilia Clarke ci viene mostrata sul suo dorso.

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