Kill the Granny 2.0, evitate di castrare il vostro gatto! [Recensione]
Pubblicato il 29 Maggio 2016 alle 11:25
Un gatto decide di vendicarsi della sua padrona, un’adorabile nonnina sempre sorridente, e fa un patto col diavolo: se riuscirà ad uccidere la signora Evelina, allora potrà riavere gli attributi e ritornare ad essere un gatto maschio a tutti gli effetti. Ma la nonna di Kill the Granny 2.0, pubblicato da Edizioni Dentiblù, è veramente così amabile?
L’incipit di Kill the Granny 2.0 – Finché morte non li separi, seconda interpretazione del primo volume di una serie pubblicata tra il 2008 e il 2011 (più un prequel), è a dir poco geniale e giustifica un acquisto praticamente a scatola chiusa, grazie anche all’impatto della copertina.
La trama del reboot di Francesca Mengozzi e Giovanni Marcora (conosciuti anche come “I Tatini”) è questa: un’anziana signora, Evelina, fa castrare il suo gatto e lui, per farsi giustizia, decide di stringere un patto col Diavolo in persona.
Se riuscirà ad offrirgli l’anima della sua padrona (in parole povere: uccidendola), riavrà i suoi amati attributi: per compiere l’impresa, il Diavolo rifornisce il gatto di nove vite… Ma forse non saranno sufficienti, dato che la signora Evelina si rivelerà un osso duro e, soprattutto, perché l’apparenza inganna più di quanto potreste aspettarvi, anche per coloro che conoscono già la versione originale del primo numero di Kill the Granny.
L’aspetto migliore di Kill the Granny 2.0, però, si riduce allo spunto iniziale: infatti, a parte alcune gag (intervallate dal numero di vite rimaste al protagonista, in alto ad ogni tavola), la trama in seguito non viene sviluppata nel migliore dei modi, complice anche il fatto che il primo volume originale superava le 100 pagine, mentre invece questo numero ne conta 80. Infatti alcuni passaggi della storia risultano troppo frettolosi, soprattutto quando la comicità della storia passa a toni più tragici, verso un finale improvviso e fin troppo precipitoso.
In effetti, Kill the Granny 2.0 contiene abbastanza materiale per almeno due numeri, invece di uno solo da 80 pagine, anche perché l’intreccio si conclude con una rivelazione e un colpo di scena che avrebbero meritano maggior attenzione. Sono quindi l’idea di base, i disegni e, soprattutto, i colori, a giustificare il prezzo di copertina.
Per quanto riguarda l’edizione di Dentiblù, farò solamente un paio di osservazioni: una copertina rigida, come per Sacro/Profano e Trizia, avrebbe sicuramente giovato alla qualità del volume, invece di questa copertina morbida con bande laterali fin troppo larghe.
E, per concludere: chi trova la citazione a “Guida Galattica per Autostoppisti“, vince un premio simpatia!