PUNISHER YEAR ONE: le drammatiche origini di Frank Castle [Recensione]

Pubblicato il 13 Maggio 2016 alle 12:25

Quali sono le origini di Frank Castle, il temibile Punitore? Scopritelo in questo volume Panini che racconta le prime, tragiche esperienze di uno dei più spietati vigilanti della Marvel, scritto da Abnett & Lanning e disegnato da Dale Eaglesham!

Gerry Conway è uno degli sceneggiatori più importanti della lunga e gloriosa saga dell’Uomo Ragno. Quando nei primi anni settanta divenne lo scrittore regolare di Amazing Spider-Man sconvolse i lettori con avvenimenti e situazioni per l’epoca impensabili.

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Fu lui a eliminare l’amatissima Gwen, grande amore di Peter Parker, ideando la story-line della sua morte per mano del perfido Goblin. Fece morire a sua volta lo stesso folletto verde, sostituendolo con il folle figlio Harry. E introdusse nuovi, inquietanti personaggi.

Tra questi ricordiamo lo Sciacallo che si scoprì poi essere uno dei più vecchi comprimari del comic-book, il professor Warren, protagonista della prima sconvolgente saga del clone. E non si può dimenticare il Punitore.

Il tormentato Frank Castle fece il suo esordio proprio nel mensile del ragno e si capì subito che non era un tipo qualsiasi. Combatteva i criminali e questo lo rendeva simile ai vari giustizieri Marvel; tuttavia, li uccideva e ciò lo poneva al di fuori della legalità. La sua ambiguità morale era dunque un elemento essenziale della sua personalità.

Conway si limitò a spiegare che Frank era un reduce del Vietnam che, di ritorno negli Stati Uniti, perdeva moglie e figli, coinvolti loro malgrado in un regolamento di conti tra mafiosi.

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La perdita degli affetti più cari sconvolgeva il suo equilibrio psichico, spingendolo a combattere il crimine con metodi estremi. L’impostazione di Conway era abbastanza semplice e, come affermò in varie interviste, intendeva solo creare un avversario in grado di dare filo da torcere all’Uomo Ragno.

Ebbe modo però di scrivere un paio di episodi incentrati su di lui, pubblicati con scarso successo in alcuni magazine in bianco e nero. Poi Castle comparve spesso nelle collane di Spidey e pure in qualche albo di Capitan America ma all’inizio degli anni ottanta fu messo da parte.

Le cose cambiarono quando, verso la metà del decennio, Mike Baron lo rese protagonista di una miniserie e poi di un comic-book regolare che ottenne il riscontro del pubblico, considerando che i tempi erano cambiati e antieroi come Wolverine ed Elektra erano apprezzati dai fan. L’autore approfondì il personaggio, inserendolo in contesti più adulti.

Nella sua interpretazione, Castle intende sì uccidere i criminali, punendoli per i loro reati; ma intende punire anche se stesso, rischiando la vita, non essendo stato capace di proteggere la famiglia nel momento del bisogno.

La nuova impostazione, come ho scritto, ottenne il plauso dei lettori e fino all’inizio degli anni novanta le iniziative editoriali dedicate al Punitore si sprecarono. Tra esse ci fu anche Punisher Year One, miniserie scritta dagli inglesi Abnett & Lanning e disegnata da Dale Eaglesham.

Panini la ripropone ora in volume e coloro che non la conoscono avranno l’opportunità di scoprire le drammatiche origini di Frank Castle in una storia dalle atmosfere noir e hard-boiled.

Abnett & Lanning rispettano le idee originali di Conway ma le approfondiscono. Innanzitutto, ci mostrano la vita privata di Frank con la moglie e i figli, allo scopo di renderne più traumatica la perdita.

La sequenza del regolamento di colpi è esplicita e non bisogna trascurare quella riguardante le reazioni di dolore dello stesso Frank,  a stento trattenuto dai poliziotti e dai medici. E’ qui che gli autori evidenziano la sua fragilità psichica, dettaglio essenziale dei successivi sviluppi narrativi.

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Poi si procede con la nascita del Punitore, le prime uccisioni, gli scontri con la malavita organizzata. Il ritmo rocambolesco e sincopato è degno di un film di Scorsese (e Frank, con la sua freddezza schizoide, pare la versione fumettistica del Travis Bickle di Taxi Driver).

Inoltre, nella story-line appare il mostruoso Mosaico, destinato a diventare una delle nemesi più ricorrenti di Castle, qui in versione non edulcorata. L’operazione può far pensare, facendo i debiti distinguo, a quella compiuta anni prima da Miller con Kingpin.

Abnett & Lanning, di solito a loro agio con avventure fantascientifiche, concepiscono un sorprendente thriller dai testi efficaci e dai dialoghi graffianti.

Il penciler Dale Eaglesham fa un ottimo lavoro, sfoggiando un tratto realistico, evanescente, abbellito da suggestivi chiaroscuri, adatti a un noir.

Il suo punto di forza è costituito dai primi piani. Il volto di Frank esprime tutta la sofferenza che lo tormenta e la fissità glaciale dello sguardo ne evoca la lucida follia. Non parliamo poi di Mosaico che è ributtante.

Vorrei comunque ribadire che è un’opera realizzata negli anni novanta. Chi si aspetta la violenza sopra le righe di Garth Ennis e delle attuali collane Max potrebbe rimanere deluso.

E’ un lavoro valido che va però inserito nel contesto temporale in cui è stato realizzato. Piacerà tuttavia ai fan del personaggio e agli amanti delle storie d’azione.

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