Captain America Bianco: l’incredibile miniserie (da leggere) di Loeb e Sale [RECENSIONE]
Pubblicato il 4 Maggio 2016 alle 12:25
Arriva Captain America: White, l’incredibile miniserie dedicata alla Sentinella della Libertà realizzata dagli acclamati Jeph Loeb e Tim Sale! Non perdete questo gioiello grafico e narrativo che manderà in visibilio tutti i fan di Steve Rogers!
Panini Comics propone in volume un’opera imperdibile dedicata a uno dei personaggi più amati della Marvel e cioè Capitan America. Non si tratta di un’uscita trascurabile, dal momento che il lavoro in questione era da tempo atteso e non c’erano certezze sulla sua pubblicazione.
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Gli autori sono i celeberrimi Jeph Loeb e Tim Sale che hanno firmato in coppia lavori del calibro di Challengers of The Unknown Must Die, Batman The Long Halloween, Catwoman When in Rome e altri gioielli.
Alcuni anni fa proposero alla Marvel quattro miniserie incentrate su altrettanti personaggi della Casa delle Idee. Ognuna di esse doveva rievocare in chiave contemporanea gli eventi del passato, partendo però da un lutto. Le storie si concentravano poi su uno specifico colore.
Nacquero quindi Daredevil: Yellow, dedicata alle avventure di Devil nel periodo in cui indossava il costume giallo; Spider-Man: Blue, relativa agli inizi del rapporto amoroso tra Peter Parker e la compianta Gwen Stacy; e Hulk: Grey che riprendeva le origini del mostro nella versione originale grigia.
Queste miniserie furono lodate dal pubblico e dalla critica e tutti rimasero conquistati dai testi riflessivi di Jeph Loeb e dai disegni di Tim Sale. Ma alla tetralogia dei colori mancava un importante tassello: Captain America: White, imperniato sull’amatissima Sentinella della Libertà.
In realtà, era uscito il numero zero ma poi per una serie di motivi Loeb e Sale non avevano continuato e ormai si pensava che la miniserie non sarebbe mai stata completata.
Ma ora i fan di Steve Rogers potranno finalmente leggere questo capolavoro grafico e narrativo. Captain America: White è innanzitutto un omaggio ai fumetti Golden Age di Cap firmati dai leggendari Joe Simon e Jack Kirby, ai quali c’è una esplicita dedica.
Ma, sebbene non venga citato, Loeb e Sale hanno certamente voluto dare un riconoscimento a Stan Lee, colui che riportò Cap nell’era contemporanea.
D’altronde, anche se la trama si svolge durante la Seconda Guerra Mondiale, c’è Cap nel presente, in un momento di poco successivo al suo risveglio a causa dei Vendicatori (e Sale ridisegna quel fatto di portata storica con una doppia pagina entusiasmante).
Un malinconico Steve Rogers, quindi, scopre che Bucky, il compagno di tante avventure, è morto (naturalmente l’esistenza del Soldato d’Inverno è ancora ignota) e ripensa al passato.
Loeb, con affetto da fan, oltre che con un indiscusso talento di scrittura, rinarra l’episodio in cui Bucky, giovane mascotte di Camp Lehigh, scopre che l’imbranato Steve Rogers è Capitan America.
Poi, con un ritmo vorticoso, gli avvenimenti si succedono fino a giungere al cuore della trama che vede Cap e Bucky, in compagnia degli Howling Commandoes di Nick Fury, giungere a Parigi nel tentativo di sventare i piani terribili del Teschio Rosso e del Barone Struker.
Loeb delinea una story-line ricca di azione e pathos, rispettando il classico Marvel style e sottoponendolo a un trattamento post-moderno, grazie a testi sia ironici sia sofisticati e autoriali.
Captain America: White può infatti essere letto a più livelli. E’ un ottimo esempio di fumetto di intrattenimento ma c’è anche profondità, essendo una lucida analisi psicologica di Steve Rogers, un uomo idealista, coraggioso ma non privo di fragilità emotive e di incertezze che lo rendono umano e vulnerabile, lontano dall’icona supereroica che l’opinione pubblica percepisce.
Loeb, inoltre, gioca con il Marvel Universe nel suo complesso, facendo apparire non solo Nick Fury e i suoi commilitoni, ma pure Sub-Mariner e i Vendicatori e divertendosi a introdurre un antenato di una delle sue nemesi di Cap, Batroc il Saltatore. Il tp è altresì imperdibile per gli straordinari disegni di Tim Sale.
Senza rinunciare al suo stile, il penciler si avvicina a un’allure retrò, tipicamente anni quaranta. In molte vignette, infatti, il viso di Steve Rogers fa pensare, facendo i debiti distinguo, a quello dei personaggi di Milton Caniff.
Sale strizza l’occhio pure ad altri artisti: Nick Fury, specialmente nelle sequenze caratterizzate da suggestivi chiaroscuri, assomiglia alla versione di Steranko; e un’intera pagina di combattimento è modellata su una analoga firmata dal Re Kirby.
Il tutto è poi abbellito dai colori crepuscolari del bravissimo Dave Stewart. Tra atmosfere noir e pulp e influssi delle war stories e del cinema di Frank Capra, Loeb e Sale concludono degnamente la loro tetralogia dei colori.