Uncharted 4: Fine di un ladro – Recensione PS4
Pubblicato il 16 Maggio 2016 alle 10:50
E’ veramente difficile, prendendo in mano la confezione che racchiude questo Uncharted 4, non ripensare a tutto ciò che lo ha preceduto.
Difficile non ripensare alle ore passate a sfuggire a pallottole ed esplosioni, oppure a quelle trascorse tra le calde sabbie del deserto o tra i ghiacci delle montagne nepalesi. Difficile impedire il riaffiorare di ricordi legati a momenti della vita che hanno accompagnato le nostre avventure virtuali.
Questo perché Uncharted è uno di quei giochi capaci non solo di offrire intrattenimento, ma anche di accompagnarci per lunghi tratti delle nostre esistenze, meritandosi così un posto speciale nel nostro cuore.
Non stupisce quindi che con l’approssimarsi della data di uscita le preoccupazioni di molti si siano riversate sul web, quasi il prodotto Naughty Dog fosse un patrimonio dei videogiocatori bisognoso di essere protetto. Anche perché, dopo la parentesi The Last Of Us, ritornare ai toni scanzonati ed esagerati consoni alle avventure di Nathan Drake non era affatto un compito semplice.
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Trattandosi poi del capitolo finale la missione era necessariamente da affidare solo a mani esperte come quelle guidate da Neil Druckmann e Bruce Straley.
Su cosa potesse significare quel “Fine di un ladro” si sono scervellati in tantissimi, cercando di immaginare quali sorprese avesse in serbo per i propri fan la software house californiana. Ed in fondo tutti noi ci siamo chiesti in che situazione avremmo avuto l’occasione di rivedere l’erede di Sir Francis Drake.
Anche perché le premesse che erano state condivise con il pubblico erano quantomeno curiose. Sullo schermo ci sarebbe infatti stato un Nathan Drake più vecchio rispetto al terzo capitolo, diviso tra una vita normale ed i vecchi ricordi delle sue avventure. Per non parlare poi della curiosità di conoscere i nuovi personaggi inseriti nel gioco (come il fratello Samuel) e sapere come si sarebbe concluso questo viaggio, iniziato ormai nove anni fa.
SIC PARVIS MAGNA
Una tempesta, onde altissime ed una buona dose di proiettili sono gli ingredienti che danno forma all’inizio di questo quarto episodio, mentre Nate e Sam cercano di sfuggire ad una flotta di navi e raggiungere una misteriosa isola.
Naughty Dog aveva promesso un inizio entusiasmante e così è stato, con una sequenza che ci catapulta fin da subito al centro dell’azione e fa nascere in noi mille domande. Dove sono ambientate queste vicende? Che cosa stanno inseguendo ora i fratelli Drake?
Stanno nuovamente inseguendo un sogno, stavolta però molto più importante di tutte le leggende che hanno costellato le precedenti avventure. Si tratta infatti di un qualcosa di profondamente intrecciato con le loro esistenze, a tratti quasi un’ossessione, così potente da condizionare molte delle scelte compiute fino ad allora.
Ecco quindi che il tesoro del pirata Henry Avery da semplice promessa di ricchezza si innalza fino a diventare ragione di vita.
Un desiderio di scoperta che in più di un’occasione si vede negli occhi di Nathan, capace di superare incredibili difficoltà con l’obiettivo di fare suoi dei pezzi di storia, di arrivare a conoscere ciò che per lunghi secoli è stato nascosto nel mistero.
Lo stesso mistero che circonda le vicende con protagonista Henry Avery, che dopo aver assalito una delle navi più imponenti della flotta del Gran Moghol si dileguò con un enorme bottino e con una delle figlie (o nipoti) del regnante indiano.
Apparentemente sfuggito alla caccia all’uomo organizzata dall’impero inglese, l’uomo più ricercato al mondo svanì nel nulla, lasciando ben pochi indizi sui luoghi da lui visitati.
Dettaglio che non ferma però i nostri avventurieri, decisi a ripercorrere i suoi passi per giungere a quel tanto famigerato tesoro che ha abitato i sogni di innumerevoli persone.
Sono quindi costretti a viaggiare verso incredibili scenari, dalle fredde scogliere della costiera scozzese, passando per enormi ville italiane e le soleggiate pianure del Madagascar. Destinazione? Libertalia, utopia pirata creduta a lungo mai esistita e fino ad allora presente solo in favole e leggende.
Ma cos’è che spinge veramente Nathan ad abbandonare la vita che si era costruito fino ad allora, la tranquillità del suo matrimonio con Elena per ritornare alla vita di un tempo? È veramente solo il tentativo di aiutare il fratello e tirarlo fuori dai guai o c’è qualcosa di più? D’altro canto fin dall’inizio sembra che vi sia un po’ di malinconia nei suoi occhi, la voglia non completamente sopita di affrontare ancora una volta pericoli mortali per inseguire il luccichio di un tesoro lontano.
È questo un tema presente durante tutta la durata dell’avventura, che proietta sulle avventure narrate l’ombra di una scelta che il protagonista sembra non essere completamente capace di compiere.
In questo senso il lavoro compiuto dai ragazzi di Naughty Dog è semplicemente eccezionale, andando in più riprese ad indagare gli animi dei vari personaggi, tramite dialoghi realistici o anche semplici dettagli, fugaci espressioni e parole non dette.
L’esperienza maturata con The Last Of Us, in cui le interazioni tra i protagonisti ricoprivano un ruolo fondamentale ha raggiunto nuove vette di eccellenza in questo ultimo capitolo della saga di Uncharted, caratterizzato sì da una maggiore leggerezza ma comunque assai più maturo e profondo dei suoi predecessori.
Neil Druckmann e Bruce Straley sono riusciti quindi sia a non abbandonare quello che è lo stile che ha caratterizzato l’intero franchise sia ad approfondire tematiche che forse negli scorsi anni non avrebbero goduto di una simile importanza.
Come già detto non si trattava affatto di un compito semplice, sia per il ruolo conclusivo dell’opera che per le enormi differenze che intercorrono rispetto alle avventure di Joel ed Ellie.
Il mantenere una coerenza complessiva assume quindi ancora più valore in questo caso, grazie ad una narrazione mai scontata o troppo sopra le righe, che trova il suo culmine in un finale ben ragionato e difficilmente criticabile.
Come accaduto per The Last Of Us, anche l’epilogo di questo “A Thief’s End” sorprende e convince, seppure si presenti ben più moderato del suo predecessore.
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FOR GOD AND LIBERTY
Era estremamente improbabile aspettarsi particolari stravolgimenti da questo quarto capitolo, ed effettivamente così è stato. In termini di gameplay Uncharted 4 riprende i punti di forza della serie ed inserisce alcune innovazioni che rendono ancora più soddisfacente la formula finale.
Ecco quindi che nelle sezioni di esplorazione viene aggiunto il rampino, indispensabile non solo in alcune arrampicate ma anche in particolari conflitti a fuoco.
Anche perché una maggiore velocità negli spostamenti e nelle scalate non può sicuramente nuocere vista la maggiore grandezza delle mappe di gioco, che in alcuni casi risultano sì enormi ma comunque estremamente caratterizzate.
Il team di sviluppo ha infatti deciso di rendere meno lineare l’esperienza di gioco, allargando gli scenari, aumentando i punti di interesse e progettando diversi percorsi da potere utilizzare.
Restano comunque le sezioni dedicate agli enigmi, meno numerosi che in passato ma ugualmente ben ragionati, e i numerosi scontri armati, che al netto di una varietà di armi non esagerata si riconfermano ancora una volta ben realizzati. Anche perché, soprattutto ai livelli di difficoltà più elevati, non sarà più sufficiente restare nascosti dietro ad un riparo per poi eliminare i nemici uno alla volta.
Al contrario l’intelligenza artificiale degli avversari dà vita a situazioni molto interessanti, con particolari tipi di antagonisti che cercano di circondarci o prenderci alle spalle. È quindi necessario essere mobili e spostarsi di copertura in copertura, visto che molte di quelle disponibili dopo qualche colpo di arma da fuoco verranno distrutte, lasciandoci in balia di una tempesta di proiettili. Notevoli anche i miglioramenti per quanto riguarda la gestione degli alleati durante i combattimenti.
Sono state quindi quasi del tutto eliminate le improbabili movenze che avevano caratterizzato il comportamento di Ellie in The Last Of Us, sostituite da interazioni più credibili, con i nostri compagni di avventure che ci verranno in aiuto nei momenti di difficoltà e in caso di scontri melee con molteplici nemici.
Ma uno degli aspetti più interessanti di Uncharted 4: A Thief’s End rimane la gestione del ritmo di gioco. Da sempre punto di forza della serie, anche in questo caso una gestione oculata della narrazione e del gameplay sono riusciti a tirare fuori il meglio dal titolo, andando sempre ad offrire al giocatore ciò di cui necessita.
HODIE MECUM ERIS IN PARADISO
Senza mezzi termini Uncharted 4 è un paradiso per gli occhi. Ogni sguardo è accompagnato da colori vividi, dettagli maniacali delle ambientazioni e un retrogusto esotico che può accompagnare solamente le migliori avventure.
Il lavoro compiuto da Naughty Dog non ha precedenti in questa generazione, non solo per l’impatto visivo ma anche per la capacità, rara in questi tempi, di mantenere un frame rate stabile in ogni occasione, anche con numerosi effetti a schermo.
Pur avendo ampliato la grandezza degli scenari gli sviluppatori hanno deciso di non rinunciare ad un livello di dettaglio che su Playstation 4 solamente The Order: 1886 è riuscito a raggiungere.
L’erba alta dei prati scozzesi ondeggia quindi in balia del vento, sostituita da grigie caverne illuminate da una luce fioca e realistica. In Madagascar la vegetazione varia in base all’altitudine, in un bellissimo alternarsi di terra rossa, enormi baobab e fiori sgargianti che nascono intorno a cumuli di rocce. In città si rincorre una moltitudine di colori, tra lemuri che ti rubano una mela e persone che affollano i mercati.
Ben pochi sono i videogiochi capaci di coniugare un comparto tecnico di prim’ordine con una direzione artistica che da sola è capace di regalare incredibili emozioni. Sembra quasi che il team californiano abbia deciso di far abusare all’utente la modalità foto, immortalando e condividendo scorci che ognuno di noi sognerebbe di poter vivere in prima persona nel mondo reale.
16 ore. Tanto è il tempo con cui abbiamo portato a termine questa ultima avventura di Nathan Drake. Sedici ore in cui quasi spasmodicamente controllerete il tempo che vi separa dai titoli di coda. Tale è la bellezza del prodotto Naughty Dog, che meritatamente entra in quell’Olimpo riservato a quei videogiochi che non solo ci fanno divertire ma ci regalano momenti e ricordi bellissimi.
Uncharted 4: A Thief’s End è riuscito nel arduo compito di portare ad una conclusione tutte le incredibile avventure che abbiamo vissuto dal 2007 ad oggi, senza perdere la propria coerenza per sorprendere il giocatore. Appena ripreso in mano il pad, le sensazione sono infatti quelle di sempre, accompagnate da una storia che, pur perdendo gli elementi soprannaturali che avevano caratterizzato i precedenti capitoli, nella sua onestà e semplicità si scopre più ricca che mai.
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Affascinante da giocare ed incredibilmente bello da vedere questo ultimo episodio con il nostro avventuriero preferito è semplicemente un’occasione impossibile da lasciarsi sfuggire.
Per qualcuno sarà un capolavoro, per qualcun altro magari una delusione, per noi è la conclusione che una delle saghe più importanti ed amate della storia dei videogiochi si merita.
PRO
- Ambientazioni stupende
- Comparto tecnico eccezionale
- Storia semplice e ben narrata
CONTRO
- Qualche incertezza nelle sequenze di arrampicata
- Varietà di armi non esaltante