John Doe – Volume 1 – Recensione in anteprima

Pubblicato il 27 Aprile 2016 alle 11:25

John Doe è l’affascinante direttore della Trapassati Inc., l’azienda fondata dai quattro Cavalieri dell’Apocalisse, Morte, Guerra, Pestilenza e Fame, che si occupa di garantire il decesso dei mortali come stabilito dalle Alte Sfere che controllano l’universo. Quando scopre il terribile piano che si cela nel falso in bilancio della società, John ruba la Falce dell’Olocausto, indispensabile per il compiersi dell’Armageddon, e fugge attraverso gli Stati Uniti.

Un vampiro surfista. Fu questa l’idea che Lorenzo Bartoli e Roberto Recchioni sfornarono quando l’Eura Editoriale, nei primi anni del 2000, diede loro carta bianca per una nuova serie a fumetti. Una suggestione che può richiamare alla mente successi televisivi di quel periodo quali Buffy l’ammazzavampiri e Baywatch.

In ogni caso, i due autori, insoddisfatti del risultato, decisero di rivedere il concept e diedero vita a John Doe, testata di grande successo, durata cento numeri, pubblicata tra il 2002 e il 2012, passata in corso d’opera sotto l’egida dell’Aurea Editoriale. La prima stagione di 24 numeri viene ora riproposta da Bao Publishing in sei volumi brossurati che raccolgono quattro storie l’uno più alcuni extra.

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Quello che oggi, col senno di poi, risulta chiaro è che Recchioni e Bartoli avevano imparato la lezione che Tiziano Sclavi aveva impartito al fumetto italiano con Dylan Dog nei quindici anni precedenti ed avevano fatto il passo successivo.

Nella seconda metà degli anni ’80, Dylan Dog era stata un’opera di rottura nelle convenzioni e nei classicismi del fumetto Bonelli ed aveva annullato quella distinzione un po’ snob tra fumetto seriale e fumetto autoriale. Poi anche Dylan Dog ha perso la sua imprevedibilità e il progressivo allontanamento di Sclavi dalla sua creatura ne ha fatto ristagnare la qualità con storie manieristiche e ripetitive.

Si era di nuovo creata nei lettori l’esigenza di un prodotto anticonformista, che tornasse ad infrangere le regole proponendo ogni mese qualcosa di assolutamente inaspettato con un forte spirito eversivo, tutti elementi riscontrabili nella stessa caratterizzazione di John Doe. Andare controcorrente fu quasi un obbligo per gli autori.

Prima Pagina della nuova edizione
Prima Pagina della nuova edizione

Recchioni, Bartoli e gli altri collaboratori, molti dei quali esordienti, non avevano infatti la possibilità di realizzare una serie di qualità equiparabile a quelle Bonelli, da cui il termine piuttosto dispregiativo “bonellide”, e fecero di necessità virtù, consapevoli di dover sfornare qualcosa di completamente diverso e fuori dagli schemi.

John Doe è il nome utilizzato in gergo giuridico negli Stati Uniti per gli individui d’identità sconosciuta, in molti casi cadaveri in attesa di riconoscimento. L’appellativo stabilisce subito la correlazione del protagonista con la morte oltre che la sua versatilità diegetica.

Il volto di Tom Cruise, il sorriso di Paul Newman e l’abbigliamento di Brad Pitt in Ocean’s Eleven diedero a Massimo Carnevale, iniziale copertinista della serie, gli elementi per una prima, fondamentale interpretazione di John Doe dalla quale gli altri disegnatori sarebbero partiti per tradurlo attraverso le rispettive sensibilità.

Personaggio complesso, controverso e ricco di sfaccettature, John Doe mescola le opposte personalità dei suoi creatori, il ruvido cinismo di Recchioni e il lato più poetico e romantico del compianto Bartoli. Se vogliamo, John è l’esatto opposto di Dylan Dog.

Laddove l’indagatore dell’incubo è romantico, sognatore, altruista, moralista e perennemente in bolletta, John è un figlio di buona donna dalla dubbia moralità, sbruffone, egocentrico, disilluso, opportunista, trasgressivo, ricco ed elegante. Peculiarità che lo rendono respingente e accattivante al contempo grazie soprattutto alla sua caparbietà nel lottare, resistere e disobbedire costantemente.

Una delle idee vincenti fu quella di suddividere la serie in stagioni proprio come un prodotto televisivo, mantenendo una continuity orizzontale ma proponendo ogni mese una storia autoconclusiva e quindi fruibile a se stante.

Il numero d’apertura, La morte l’universo e tutto quanto, è scritto da Recchioni e disegnato da Emiliano Mammucari, suo attuale collaboratore sulle pagine di Orfani. In questa riedizione, tra l’altro, le storie di Recchioni godono di un nuovo lettering e di dialoghi rimasterizzati.

La storia parte proprio da un’impostazione convenzionale ed ingannevole. Seguiamo John nel suo lavoro di direttore della Trapassati Inc., agente dell’entropia, concetto rivisitato da Recchioni nel suo David Murphy 911 e sulle pagine di Dylan Dog. Entriamo con John nel suo ufficio, conosciamo i suoi collaboratori e le mansioni di cui si occupa. Una quotidianità che, pur nel suo surrealismo, mantiene un rassicurante senso di routine e ordine burocratico.

La sceneggiatura riflette tale ordine, le tavole sono costruite in maniera piuttosto regolare, i dialoghi sono esplicativi come pure le didascalie introspettive con la voce fuori campo del protagonista in stile hard-boiled nelle quali spiccano le consuete, colorite metafore tipiche del genere.

Sono fin da subito evidenti quelli che saranno gli elementi portanti della serie, sesso e violenza mostrati in maniera esplicita, action e inseguimenti su costosi bolidi, un forte tono sarcastico che permea tutta la narrazione, senza il quale il contesto surreale non sarebbe tollerabile, ed un’amalgama di gustose citazioni dalla cultura popolare.

Vengono introdotti i comprimari della serie, incarnazione di concetti astratti, quali l’altera e bellissima Morte, con i lunghi capelli corvini che sembrano il cappuccio della signora con la falce; Pestilenza, ispirato a Tom Bosley (Howard Cunningham in Happy Days), un volto che ispira fiducia e che può invece attaccarti qualche malattia; Fame, una rinsecchita Audrey Hepburn (e, di conseguenza, la Julia bonelliana); e Guerra, ispirato al severo Sergente Hartman (l’attore R. Lee Ermey) in Full Metal Jacket di Kubrick. E poi le donne, imprescindibili per John Doe, a cominciare dalla bionda Tempo che il protagonista non riuscirà mai simbolicamente ad afferrare davvero.

La sensazione iniziale è che questo sia il mondo in cui si svolgeranno le avventure di John Doe e che, nei numeri successivi, seguiremo il protagonista alle prese con il suo singolare lavoro (questo lo vedremo in realtà nella serie prequel Trapassati Inc. pubblicata su Skorpio).

Invece, il personaggio viene subito sottratto alla cristallizzazione tipica dei personaggi bonelliani. Da qui in avanti tutto cambia e nessun numero della serie sarà uguale all’altro.

John “si sveglia ed apre gli occhi”, scopre la menzogna che gli è stata costruita intorno e sfugge al sistema. La serie seguirà una struttura on the road con il protagonista che ricalca l’archetipo del viaggiatore, un Ulisse che cerca di tornare a casa o di trovare un posto da definire tale.

La mutevolezza del personaggio si fa sistematica. La serie stessa diventa entropica, caotica, si alterneranno gli stili grafici più disparati, la trama salterà di palo in frasca, toglierà certezze ai lettori che ne resteranno indispettiti e compiaciuti al tempo stesso, la metanarrazione si farà sempre più estrema fino a sbriciolare la quarta parete.

Le dinamiche riconducibili del fumetto seriale italiano vengono meno, l’anticonformismo del protagonista, della storia e dei disegni diventano un tutt’uno.

Il cambiamento sarà graduale ma percettibile già dalla seconda storia, Brillano nel buio, nella quale Lorenzo Bartoli esalta una diversa sfumatura del protagonista, quella più sensibile e romantica, tanto da scovare bellezza in Alice, una ragazza apparentemente insignificante.

Nell’episodio precedente, John rimediava ad un decesso che non si era verificato come programmato. Qui è lui, ormai al di fuori del sistema, granello di sabbia negli ingranaggi attivati dalle Alte Sfere, ad interferire nella morte di Alice.

La parte più ludica del racconto regge su alcune gag visive, surreali e spettacolari, e sullo scontro iperviolento tra il Supersoldato Leonida, alleato di John e comprimario ricorrente della serie (e precorrerà i tempi sotto l’aspetto dell’inclinazione sessuale), e il brutale Samuel Colt, inventore dell’omonima pistola realmente esistito.

Il tratto di Walter Venturi unisce i muscoli e le tasche portaoggetti di Rob Liefeld con i mascelloni, le espressioni e le gestualità di Magnus.

Nella terza storia, Legami, Recchioni ci presenta Sean Cardona, detective di taglio noir, un Humphrey Bogart male in arnese, ingaggiato dalla Trapassati Inc. per trovare John. In apertura del volume, tra l’altro, vengono riproposti i rapporti di Cardona precedentemente pubblicati in John Doe Dossier con i divertenti dialoghi tra l’investigatore e gli stessi autori del fumetto.

Giuseppe Manunta accentua le peculiarità fisiognomiche dei personaggi prestando particolare cura alle scenografie ed estromette le chine nei flashback ricorrendo solo alle matite i cui tratti conferiscono un senso di dinamismo ai personaggi. Si tratta di un episodio fondamentale del passato di John e dell’importante storia d’amore con la deliziosa Mia.

Divertente la Plymouth di Morte che viaggia attraverso lo spazio e il tempo scomparendo nel nulla come la macchina del tempo di Ritorno al Futuro mentre proprio una DeLorean viene fatta schiantare contro una formazione rocciosa nella Monument Valley.

Il volume si chiude con Il mare dentro. Bartoli si pone John Doe di fronte al mito di Moby Dick mescolando il capolavoro di Melville a Lo Squalo di Steven Spielberg.

Le tematiche del romanzo si mescolano a quelle del fumetto con il protagonista che, in un gioco metaletterario, diviene consapevole della sua dimensione diegetica nel ruolo di novello Ahab e sfugge alla predestinazione attraverso il libero arbitrio.

Viene introdotto Hank the Junk, costruttore e collezionista di mitici artefatti, altro comprimario ricorrente. I disegni a quattro mani di Marco Cedric Farinelli e Luca Bertelè sono sintetici, ancora grezzi, tuttavia funzionali.

Nel corso della serie vediamo Morte corteggiare John Doe e i due intrecciati da una passione perversa. In tal senso, è triste e tragicamente ironico che Lorenzo Bartoli se ne sia andato prematuramente lasciando un vuoto umano ed artistico difficile da colmare.

Per quel che riguarda Recchioni, non stupisce trovarlo oggi in casa Bonelli alla direzione editoriale di Dylan Dog. Dalla rivalutazione del “bonellide” operata con John Doe alla casa editrice di via Buonarroti cercando di restituire all’indagatore dell’incubo rinnovato fervore creativo e la duttilità che accomuna i due personaggi. Il cerchio si è chiuso.

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