Il Playboy: Chester Brown tra porno e masturbazione – RECENSIONE
Pubblicato il 26 Aprile 2016 alle 11:25
Arriva in Italia una graphic novel di Chester Brown, uno degli autori più coraggiosi del panorama fumettistico anglofono! E il coraggio è necessario quando bisogna parlare del proprio rapporto con la pornografia! E’ questo il dirompente tema de Il Playboy, tradotto in Italia da Coconino Press!
Il fumetto, inteso come forma espressiva, ha un grande pregio: quello della versatilità. Può essere utilizzato per raccontare storie avventurose, fantasiose e immaginifiche; per rievocare precisi avvenimenti storici, con un’immediatezza che un saggio non può avere; può essere un mezzo efficace di denuncia dei drammi sociali; e può infine diventare un ottimo modo di descrivere se stessi, in chiave confessionale.
Ed è questo il caso di Chester Brown, autore canadese che non manca certamente di coraggio.
Brown infatti usa spesso il fumetto per mettere in piazza gli aspetti più intimi e privati della sua vita. Aspetti che magari potrebbero metterlo in cattiva luce.
E’ il caso, per esempio, di Io Le Pago, scioccante racconto delle sue esperienze con le prostitute, ideale prosecuzione di una graphic novel finora inedita in Italia, Il Playboy, adesso tradotta da Coconino Press.
Ovviamente il personaggio principale è lo stesso Brown che, in una curiosa versione alata, ripensa al periodo critico dell’adolescenza. Lo vediamo dunque a quindici anni e, almeno all’inizio, non sembra diverso dai coetanei. E’ un ragazzino che vive con i genitori e il fratellino e frequenta le superiori.
Ma un giorno succede qualcosa di cruciale. In un’edicola vede una copia di Playboy, la celeberrima rivista di Hugh Heffner, e si sente attratto dalla ragazza in copertina. Scopre, quindi, il desiderio nei confronti dell’universo femminile. Sedotto da quell’immagine, ben presto acquista la rivista, la porta a casa e di nascosto si masturba.
Da quel momento la pornografia diventa la sua ossessione (ricordiamo che la storia inizia in un periodo in cui Playboy, senz’altro casta rispetto alle riviste hard apparse in seguito, era reputata dai moralisti una rivista porno, appunto) e Brown descrive, senza omettere nessun dettaglio, l’affannosa attesa dell’uscita dei numeri successivi, i tentativi di tenerli nascosti ai genitori, il senso di colpa e il disgusto provati dopo la masturbazione e così via. In pratica, le Playmate entrano nel suo immaginario e influenzano i rapporti che Chester, crescendo, avrà con le donne.
Non si esime dall’affrontare anche aspetti discutibili del suo modo di essere. Per esempio, un certo razzismo.
Quando infatti Chester scopre che la Playmate di un numero ha la pelle nera, smette di masturbarsi, disgustato, perché non riesce ad eccitarsi con una donna di colore. Man mano che gli anni passano, tuttavia, le percezioni cambiano e Brown inizia ad interessarsi più agli articoli, ai racconti e alle interviste presenti in Playboy che ai corpi perfetti delle modelle.
Ma Playboy rimane nella sua anima, collegato a un periodo fondamentale della sua evoluzione umana e artistica. Il Playboy, come ho scritto, anticipa Io Le Pago e fu originariamente serializzato sull’antologico Yummy Fur della Vortex.
E’ un lavoro sincero e onesto e Brown, con testi intensi, lievi ed evocativi riesce a descrivere con precisione la confusione, lo smarrimento, l’imbarazzo e le tempeste ormonali di un quindicenne represso. Da questo punto di vista, è bravissimo e in ogni momento della trama si rileva il tocco dell’autenticità.
Il suo stile di disegno è essenziale, un po’ grezzo, non esente da influssi underground e molto espressivo. Le tavole sono quasi sempre composte da due vignette e a volte persino da una sola e tale scelta conferisce velocità e dinamismo alla narrazione.
I ricordi si succedono a un ritmo vorticoso ed è un dettaglio importante, considerando che l’intera story-line è condotta sul filo della memoria.
Il Playboy è un’opera da tenere d’occhio ed è altresì la conferma del talento di un cartoonist inclassificabile e non banale come Chester Brown.