Recensione – Il Trono di Spade 6×1: The Red Woman

Pubblicato il 27 Aprile 2016 alle 18:00

L’inverno è arrivato.

Dopo le recenti dichiarazioni degli showrunner, che avevano anticipato una sesta stagione perfetta e senza punti deboli, Game of Thrones 6 fa il suo debutto in Italia a poche ore dalla diretta americana.

Le aspettative erano altissime. Ad alzarle avevano contribuito anche i suddetti showrunner, David Benioff e D.B. Weiss, che forse hanno fatto il fatidico passo più lungo della gamba.

Vediamo di iniziare evitando fraintendimenti: The Red Woman non è stato un brutto episodio, anzi. Come inizio per una grande stagione può anche andare bene. Solo che i signori Benioff e Weiss non ci avevano promesso qualcosa che sarebbe andato bene. Ci avevano promesso il meglio. Anzi, più del meglio. Ci avevano promesso più di quanto questa serie abbia già offerto.

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Solo che questa serie ha offerto molto di meglio di quanto visto in The Red Woman.

Come un’ape che si sposta da un fiore all’altro, la sceneggiatura di questo nuovo episodio si è limitata a balzare da un personaggio all’altro, fornendoci qualche assaggio dalla grande tavola che i produttori hanno imbandito per questa sesta abbuffata di GOT.

Il risultato è una puntata fatta di antipasti, che però non sono stati sufficienti a riempire la grande fame che ci ha tormentato in questi mesi d’attesa. Ecco, dalle dichiarazioni degli showrunner, sembrava che al ritorno di GOT ci sarebbe stato da mangiare cinghiale per tutti: solo che poi ci hanno servito del manzo.

Per carità, del manzo di qualità. Ma il cinghiale è il cinghiale.

La regia è piuttosto piatta, limitata per la maggior parte del tempo a campi e controcampi: questa soluzione è stata adottata anche nella scena con Aria, che avrebbe reso molto di più se presentata con maggior dinamicità.

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Bella la fuga di Sansa e Theon, con l’erede delle Isole di Ferro che finalmente ricaccia Reek nel profondo del suo inconscio e fa riemergere la sua vera identità. L’abbraccio riappacificante fra i due è tanto liberatorio quanto atteso.

Brienne ha finalmente trovato la sua nuova missione, al fianco del suo scudiero Podrick: certo, stando alle parole di Theon, adesso si dirigeranno alla Barriera per cercare asilo da Jon, quindi vedremo come continuerà il loro viaggio.

Poco fa ho accennato ad Aria: vi parla uno che ha proprio in Aria Stark il suo personaggio preferito, ma questa sua nuova versione in stile Daredevil mi lascia un po’ perplesso. Tremo al solo pensiero delle sue prossime sezioni di addestramento: se avessi voluto vedere un Matt Murdock v Stick 2.0, tanto valeva spostarmi su Netflix.

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La coppia Tyrion/Varys ci ha deliziato nelle stagioni precedenti e ritrovarli al governo insieme è un piacere, le dinamiche che muovono il duo formato da Daario e Jorah sembrano molto interessanti, tanto quanto sono tragiche quelle che sembrano star inghiottendo Daenerys, alla mercé di Khal Moro e di nuovo alle prese con le usanze dothraky.

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Ottimo il colpo di stato a Dorne, per quanto abbastanza scontato visto gli ultimi avvenimenti: una delle scene più intense è quella con protagonista Cersei, che alla notizia del ritorno di suo fratello e di sua figlia si precipita al porto e un lungo primo piano ci mostra come il suo sorriso sfumi in una smorfia d’angoscia pian piano che si rende conto di ciò che è accaduto alla sua bambina.

Il rovesciamento psicologico sui “cattivi” sta arrivando anche per la regina madre: come è stato per Jaime e per tanti altri personaggi che in una qualunque altra storia sarebbero stati considerati come “antagonisti”, adesso gli sceneggiatori stanno giocando con noi fin dalla scorsa stagione, spingendoci a fare il tifo per Cersei.

La cosa interessante de Il Trono di Spade è che non esistono buoni e cattivi: alzate la mano se non vedete l’ora che la regina ottenga la sua vendetta sull’Alto Passero, per quanto il credo religioso operi in nome della giustizia divina, per punire i peccatori.

Game of Thrones è fatto di grigi, non di assoluti. Stesso discorso per Alliser Thorne (discorso già affrontato nella mia precedente recensione, quella riguardante l’ultimo episodio della quinta stagione): il suo tradimento era già ampiamente condivisibile da chi si fosse sforzato giusto un pelino per comprendere la psicologia alla base di questo personaggio, e il suo discorso in questa nuova puntata lo mette in chiaro.

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Se voi fosse stati al posto del giovane Olly, avreste perdonato l’uomo che ha dato terre e possedimenti agli uomini che hanno ammazzato i vostri genitori davanti ai vostri occhi? Io non l’avrei fatto, immagino.

La vera potenza della serie è proprio questa, del resto. Ogni personaggio ha una propria storia e nessuno, se vogliamo, è il protagonista: come si dice, tutti sono utili e nessuno è indispensabile.

Per quanto riguarda Lady Melisandre, non mi dilungherò molto, basti dire che non l’ho trovato un vero e proprio colpo di scena. Ho visto che il web è letteralmente impazzito alla scoperta del suo segreto, anche se personalmente faccio fatica a capire il perché: nelle letteratura fantasy (tanto nella prosa quanto nei fumetti, ma anche nel cinema) se ne sono viste a bizzeffe di streghe avvenenti e seducenti che in realtà nascondono la propria vecchiaia dietro un incantesimo.

Il Trono di Spade ci ha abituati a ben altri colpi di scena.

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