Victor: La storia segreta del dottor Frankenstein – Recensione
Pubblicato il 5 Aprile 2016 alle 22:57
Londra, diciannovesimo secolo. Victor Frankenstein, studente di medicina e scienziato visionario, libera dalla schiavitù un talentuoso medico costretto ad esibirsi in un circo come clown a causa della sua deformità. Dopo averlo curato e ribattezzato Igor, Victor lo prende al suo fianco come assistente per i suoi esperimenti. L’eccentrico scienziato è ossessionato dall’idea di riportare in vita i tessuti morti ma deve vedersela con l’ostruzionismo dell’ispettore di polizia Turpin, fanatico religioso.
Mettiamola così. Se avete visto I, Frankenstein, l’orribile film con Aaron Eckhart uscito due anni fa, potrete consolarvi pensando che quest’ennesima trasposizione dal romanzo di Mary Shelley non sia la più brutta mai realizzata. La presenza di due attori come James McAvoy e Daniel Radcliffe lascia subito intendere quale sia il pubblico di riferimento di Victor Frankenstein. Siamo di fronte ad un bromance per ragazzine con giusto un pizzico di action e fantascienza.
Alla regia troviamo il pur bravo Paul McGuigan che si è messo in luce con alcuni episodi di Sherlock e dirigerà il pilot di Luke Cage. L’inizio è da fumettone ai limiti del kitsch, come solo Stephen Sommers era stato in grado di fare, con i due protagonisti che ingaggiano un combattimento al circo e sequenze punteggiate da rallenty privi di spettacolarità.
Neanche dieci minuti di film e la gobba di “Igor” è già sparita per restituire Radcliffe alle sue fan in tutto il suo splendore, personaggio abbastanza svenevole e voce della ragione nei riguardi dell’amico Victor, un McAvoy mai così istrionico. La sceneggiatura di Max Landis (Chronicles, Power Rangers) è piuttosto indulgente con il protagonista che, da scienziato pazzo, diventa un eroe-antieroe pronto a lastricarsi la via per l’inferno con le buone intenzioni.
Andrew Scott, il Moriarty di Sherlock, passa dalla parte della legge ma finisce per essere di nuovo l’antagonista nel ruolo di un ispettore di polizia e fanatico religioso. Lo scontro con Victor rimarca come gli estremismi nel conflitto tra fede e scienza, evoluzionismo e creazionismo, possano essere nocivi da ambo le parti. Jessica Brown Findlay si trova nel film solo per la necessità di un personaggio femminile e per una dinamica romantica del tutto trascurabile. Un cameo per l’ormai onnipresente caratterista Charles Dance (Tywin Lannister in Game of Thrones) nel ruolo del padre di Victor.
Il film è prolisso, gravato dalle dinamiche intimiste e infiocchettato da una fotografia patinata con colori sgargianti. La componente fantascientifica è costituita da elementi steampunk ed effetti prostetici palesemente finti. Il prodotto non riesce ad essere un horror ed evidentemente non vuol esserlo per rendersi adatto ad un pubblico di teenagers. Il lieto fine è irritante e inaccettabile. Neanche una scarica elettrica può riportare in vita questo Victor Frankenstein.