Dark Souls III: Cenere sei e cenere ritornerai – Recensione PS4
Pubblicato il 4 Aprile 2016 alle 12:30
Ogni viaggio ha un inizio ed una fine, due momenti così diversi eppure strettamente connessi tra di loro.
Magari Dark Souls III non segnerà la conclusione del progetto iniziato dai ragazzi di From Software ormai diversi anni fa, ma sicuramente si tratta di un degno erede del tanto amato primo capitolo, una chiara dichiarazione d’amore e di intenti di Hidetaka Miyazaki verso quel videogioco che lo consacrò come una delle personalità più rispettate all’interno dell’industria videoludica.
Non era un compito facile quello della software house nipponica, reduce da un incredibile successo grazie all’esclusiva Playstation 4 Bloodborne, ma anche da una parziale delusione dei fan con quel Dark Souls II visto ora come l’inciampo principale nel tragitto compiuto dal franchise.
Per questi motivi sia critica che pubblico si sono dimostrati particolarmente attenti alle notizie provenienti dal Sol Levante, cercando di discernere le possibili qualità e i possibili difetti di un titolo che comunque, come minimo, avrebbe fatto parlare di sé.
Ein effetti di cose da dire su questo terzo capitolo ce ne sono tantissime, e le troverete tutte nelle prossime righe, al riparo da spoiler e dolorose anticipazioni.
CENERE SEI E CENERE RITORNERAI
“Un mondo ben costruito potrebbe raccontare la sua storia in silenzio”. E’ una delle frasi più celebri proferite da Miyazaki, poche parole che racchiudono l’essenza dei suoi giochi e della sua visione unica di come un videogame debba essere strutturato.
Atmosfere e paesaggi ai limiti dell’onirico, scenari che racchiudono migliaia di anni di storia, rocce ed edifici segnati dalle tragedie che li hanno colpiti. Dark Souls III non fa eccezione rispetto agli altri capitoli della serie, presentando fin da subito un mondo di gioco non solo incredibilmente affascinante ma anche molto ben caratterizzato e peculiare.
Nonostante fin dal suo annuncio in molti avessero espresso perplessità riguardo la sua possibile somiglianza con Bloodborne e le sue opprimenti architetture, paragonare i due prodotti da questo punto di vista significherebbe essere totalmente fuori strada.
Certo, è pur sempre vero che i toni di questo nuovo episodio si dimostrano molto più cupi rispetto ai predecessori, sia per come vengono dipinte le ambientazioni sia per ciò che costituisce la storia del gioco.
Le alte mura del castello di Lothric, abitate da draghi ed infidi nemici, vengono sostituite da villaggi in preda alle fiamme, silenziose dimore di morte, da foreste colme di strane creature e da zone cui non siamo affatto estranei. In questo senso la scelta del team di sviluppo di strutturare il gioco intorno ad un hub centrale da cui poi viaggiare verso le varie aree, ben diverse le une dalle altre e piene di caratteristiche uniche ha ben pagato.
Difficile quindi, se non impossibile, incappare in una qualunque sensazione di già visto, difetto che al contrario aveva penalizzato alcune delle location dell’esclusiva pubblicata su PS4. Gli sviluppatori hanno infatti sfruttato fino in fondo le decisioni intraprese, lasciando libera la loro fantasia e creatività, riuscendo non solo a sbalzare il giocatore da picchi innevati a caverne fumanti, ma facendo anche chiaramente percepire le connessioni presenti tra i vari ambienti.
Ambienti che serviranno a raccontare una storia particolare, a suo modo originale ma capace nondimeno di abbracciare anche i primi due capitoli, rendendo omaggio ai propri antenati. Si tratta di una storia che spiega sé stessa e l’universo cui appartiene, chiudendo un cerchio iniziato diversi anni fa.
Era sicuramente difficile creare un gioco che rimanesse coerente non solo con i dettami di Miyazaki ma anche con ciò che era stato raccontato in precedenza ed invece i ragazzi di From Software sono riusciti nella propria missione. E ci sono riusciti nel migliore dei modi, con continui dettagli e riferimenti che non possono far altro se non far nascere un sorriso sul volto di chi ha assaporato anche i primi due titoli.
Più volte durante le lunghe sessioni necessarie per completare il gioco si incontreranno persone o anche semplici oggetti che ammiccano alla memoria, elementi che sembrano essere lasciati in giro per caso ma che hanno in realtà un preciso significato.
Siamo poi sicuri che nel corso della vostra avventura vi sarà un particolare momento capace di ripagare tutte le fatiche compiute fino ad allora, un autentico regalo per i fan di vecchia data. Non vale la pena dire nulla di più, rischiando di incorrere in disastrosi spoiler, basti sapere che il lavoro svolto in questo senso dagli sviluppatori è veramente pregevole, evitando errori scontati e banale fan service.
CHI DI SPADA FERISCE, DI SPADA PERISCE
Se da un lato la lore è stata da sempre uno degli elementi che hanno contraddistinto i lavori supervisionati da Hidetaka Miyazaki, dall’altro il ruolo occupato dal gameplay nei titoli From Software è sempre stato non solamente importante ma addirittura imprescindibile.
La nomea di “gioco difficile” che ha da tempo immemore circondato i Souls non basta però a descrivere efficacemente quella che è la formula vincente ideata dal team nipponico. Siamo chiari comunque, Dark Souls III è probabilmente il più difficile tra i titoli della serie, ma è anche quello con le meccaniche più curate e profonde. Punitivo e severo, non si è mai rivelato frustante, nemmeno in occasione di ripetute morti o complicate boss-fight.
E dire che il primo approccio con il titolo non è sicuramente dei più facili. In pieno rispetto delle tradizioni, dopo un breve intermezzo in cui ci vengono riepilogati i comandi, si parte già con la prima battaglia contro uno dei molti boss del gioco.
Non sarà sicuramente uno degli scontri più ostici a cui molti dei fan della serie si sono trovati davanti, ma non si tratta nemmeno di un Demone del Rifugio 2.0. Il messaggio sembra quindi chiaro fin dall’inizio, per continuare il viaggio servono tenacia ed abilità, altrimenti l’avventura finisce ancor prima di iniziare.
Sembra infatti essersi notevolmente sviluppato il background che sorregge le singole boss-fight, che ora più che mai richiedono pazienza nel capire e memorizzare i pattern d’attacco. Scordatevi assolutamente Bloodborne e le cariche disperate a testa bassa che in alcune situazioni si rivelavano oro colato, in Dark Souls III i movimenti devono essere ben studiati e gli errori sono facilmente fatali.
La tattica necessaria negli scontri dipende anche da una delle novità introdotte in questo terzo capitolo, ossia la divisione delle battaglie con gli eredi del fuoco in due fasi, così come accadeva all’interno dell’esclusiva Playstation 4 uscita lo scorso anno.
Notevole è spesso il salto di difficoltà tra le due situazioni, con un potenziamento generale degli attacchi o addirittura un vero e proprio cambiamento dei moveset, ancora più complessi e difficili da interpretare.
Caratteristica che influenza anche nemici più “normali”, corrotti da un oscuro potere, che si tramuteranno in minacce ancora peggiori una volta percepita la vostra presenza. Nessun avversario va insomma preso sotto gamba, anche nel caso sembri innocuo ad un primo sguardo.
Anche perché la gestione dei combattimenti risulta molto più strategica che in passato e la minima perdita di salute può fare la differenza tra la vita e la morte.
La reintroduzione della barra del mana non ha infatti solo influenzato l’utilizzo delle stregonerie e delle piromanzie ma anche l’uso delle fiaschette Estus (ora di due tipi: per punti vita e punti azione). Occorre quindi scegliere con attenzione la giusta distribuzione tra le due tipologie per evitare di non potersi più curare o non poter scagliare alcun incantesimo.
Il mana tuttavia non sarà utile solamente a chi vorrà intraprendere il proprio viaggio con un personaggio che faccia uso di magie visto che è necessario anche per una nuova feature del gioco, ossia la power-stance. Tramite la pressione di un tasto (triangolo su Playstation e Y su Xbox) il guerriero ai vostri comandi impugnerà la propria arma a due mani, rivelando una serie di mosse aggiuntive, equamente distribuite tra affondi, tagli e fendenti.
Tra queste nuove possibilità ve n’è una, attivabile solitamente tramite il grilletto sinistro, che esegue un attacco potenziato e consuma appunto la barra del mana. Si tratta di un’aggiunta che si è dimostrata più volte essere molto utile soprattutto in situazioni che richiedevano movenze veloci e potenti.
Come si può capire quindi una delle sicurezze che hanno da sempre circondato la serie, il gameplay, si è dimostrato ancora una volta incredibilmente curato e profondo, riuscendo anche a rinnovarsi rispetto ai suoi predecessori. Non si trattava assolutamente di un qualcosa di scontato né dettato dalla necessità.
Invece prima con Bloodborne e poi con questo nuovo episodio di Dark Souls, il team diretto da Hidetaka Miyazaki ha sentito il bisogno di cambiare gli ingredienti della sua formula, creando un prodotto che fosse sì radicato profondamente sulle impronte dei capitoli che avevano portato il franchise al successo ma che allo stesso tempo aggiungesse qualcosa di nuovo rispetto a ciò cui i fan erano abituati.
NON TROPPO GRANDE, NON TROPPO BELLO
Tolti dall’equazione storia e gameplay, sul piatto rimane uno degli storici (ahimè) punti critici delle produzioni From Software, il comparto tecnico.
Che gli sviluppatori nipponici non eccellessero nell’ottimizzazione è ormai cosa nota, visti i numerosi problemi incontrati dalle loro produzioni, e in buona parte il ruolo loro assegnato si riconferma anche in questa occasione.
Niente di preoccupante sia chiaro, ma neanche nulla per cui esaltarsi. Non si ripresentano per fortuna gli eterni tempi di caricamento che avevano reso famoso Bloodborne, ma ritornano molti dei difetti delle precedenti esperienze: compenetrazioni, frame-rate e fastidiosi pop-up.
Partiamo dalla più spinosa tra le criticità elencate, ossia le innumerevoli compenetrazioni poligonali. Si è ultimamente arrivati addirittura a definirle, con una certa rassegnazione, un elemento quasi caratteristico nei lavori della software-house giapponese.
Purtroppo, nonostante il passato e le tradizioni, risulta incredibilmente fastidiosa la volontà del team di non porre rimedio ad una problematica così palese. Gli attacchi di alcuni nemici riescono addirittura a superare mura e pavimenti di oltre un metro di spessore, arrivando, contro ogni legge della fisica, ad impattare contro la tenera carne del vostro personaggio. Non esattamente il modo più bello per cui morire.
Non si tratta quindi di minime interferenze tra le superfici, ma di veri e propri viaggi tra materie, orrendi da vedere ed ancora più brutti da subire.
Stesso discorso vale per il pop-up e il caricamento in ritardo (spesso di molti secondi) delle texture. Anche questa purtroppo non è una novità all’interno delle produzioni di Miyazaki.
Il mondo di Dark Souls III però, nonostante sia strutturato su molteplici livelli, non giustifica 4-5 secondi di texture a bassissima risoluzione ogni volta che si utilizzi un viaggio rapido tra i falò. Non giustifica nemmeno le differenze di risoluzione dei modelli di elementi del mondo di gioco che magari si trovano a pochi centimetri l’uno dall’altro.
Un muro in rovina non sembrerà sicuramente più bello se circondato da lance i cui contorni sembrano appartenere alla gloriosa Playstation 2.
Tanto più che, come detto in precedenza, le aree di gioco, seppur molto articolate, non sono poi incredibilmente vaste e le macro-regioni non sono interconnesse tra di loro, rendendo inoltre ancora più fastidioso l’assistere agli (sporadici) cali di framerate.
Un ottimo lavoro è stato invece fatto sui modelli dei nemici, molto particolareggiati sia per quanto riguarda i tratti fisici sia per quanto riguarda vestiti ed armature.
L’enorme varietà di creature rende poi ancor più notevole la produzione del team di sviluppo, che in complesso si presenta comunque buona. Dark Souls III non è ovviamente un membro della squadra “giochi spaccamascella”, ma dal punto di vista estetico si difende discretamente bene, più che altro grazie ad un eccellente level-design e ad un comparto artistico senza pari.
Ancora una volta l’ottima progettazione delle varie ambientazioni e la loro caratterizzazione la fanno da padroni, non mancando mai di stupire il giocatore per la quantità e la varietà di dettagli inseriti.
Ad ogni passo del personaggio sembra quasi di essere catapultati nel mondo descritto dal titolo, con una cura e una magia che ricordano molto i grandi classici della letteratura fantasy (Tolkien compreso).
E’ un livello di perfezione a cui pochissimi giochi possono ambire al giorno d’oggi, sia per l’incredibile lavoro che per la difficoltà richieste.
Non è possibile definire Dark Soul III come un capolavoro, visti alcuni difetti in cui il titolo incappa, ma sicuramente ci troviamo davanti alla migliore chiusura che la serie iniziata nel 2011 avrebbe mai potuto incontrare. Coerente con sé stesso, difficile ma non frustrante, rispettoso dell’abilità dei giocatori, questo terzo capitolo si prefigura come uno dei titoli più interessanti dell’intero 2016, grazie al mantenimento dei punti di forza che avevano consacrato i predecessori e ad una discreta aggiunta di novità. Certo, la risoluzioni di molti dei difetti che ormai da anni attanagliano i prodotti targati From Software avrebbe fatto brillare ancora di più la stella di Dark Souls III, ma tutto sommato è impossibile non ritenersi pienamente soddisfatti del prodotto di Hidetaka Miyazaki.
PRO
- Ambientazioni stupende
- Combattimenti emozionanti
- Difficile ma non frustrante
CONTRO
- Compenetrazioni fastidiose ed onnipresenti
- Framerate non stabilissimo
- Pop-up e caricamenti in ritardo delle texture