Kung Fu Panda 3 – Recensione

Pubblicato il 16 Marzo 2016 alle 17:21

Il maestro Shifu trasferisce a Po la carica di maestro e lo incarica di addestrare i Cinque Cicloni ma il panda si dimostra come al solito imbranato e pasticcione. A sconvolgergli ulteriormente la vita, si palesa Li Shan, il suo padre biologico che lo invita nel villaggio segreto dove vivono i panda per imparare a dominare il chi e sconfiggere il malvagio Kai, un brutale guerriero tornato dal mondo degli spiriti.

Kung Fu Panda 3 (2)

Po ha due papà, il panda Li Shan e l’oca Ping, li ama e convive con entrambi. Durante la battaglia finale, i due genitori si combinano letteralmente nella Double Dad Defense per aiutare il figlio. E’ questo il messaggio chiaro, forte e reiterato di Kung Fu Panda 3 che ha già sollevato qualche sterile polemica mentre il film sta registrando un grande successo di pubblico e critica in tutto il mondo.

E’ quindi motivo d’orgoglio per il nostro paese vedere l’italiano Alessandro Carloni alla regia del capitolo culminante della trilogia accanto a Jennifer Yuh Nelson, che aveva già diretto il secondo episodio. La struttura della storia è molto classica e si divide in tre parti. In quella iniziale vengono introdotti i tre elementi portanti del racconto: la carica di maestro affidata a Po, il ritorno del padre biologico e il villain Kai.

Il prosieguo si dipana su due linee narrative. Seguiamo Po che familiarizza con gli altri panda del villaggio segreto e i Cinque Cicloni che soccombono all’avanzata di Kai. Qui il film sembra diventare piuttosto convenzionale e prevedibile anche se sorretto da ottime gag comiche, da combattimenti spettacolari e ben coreografati e da un buon livello d’animazione. Particolarmente efficace e curata la mimica corporea e facciale dei personaggi antropomorfi anche se non raggiunge le vette del Zootropolis disneyano. Lasciata troppo in disparte Mei Mei, il panda femmina che sembra essere l’interesse sentimentale del protagonista ed ha invece solo un paio di momenti.

Il film dà il meglio nella parte finale che mescola con perfetto equilibrio epica ed umorismo. Brutalmente sincera la caratterizzazione del genitore iperprotettivo, molto divertente l’addestramento dei panda e la battaglia finale che va a sfociare sul piano metafisico. In tal senso, Po prende una decisione che non vi sveleremo ma che si dimostra assolutamente coraggiosa da parte del protagonista pacioccone di un film d’animazione per tutta la famiglia.

Nella cultura cinese, il panda rappresenta l’incarnazione dello yin e dello yang ed è la suggestione che va a suggellare la trilogia chiudendo il cerchio aperto nel primo episodio. Il film non è particolarmente innovativo sul piano tecnico o narrativo ma il concetto della doppia paternità e l’eroica scelta finale di Po dimostrano come la Dreamworks sia una casa di produzione coraggiosa e all’avanguardia.

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