La giustizia siamo noi – Pino Cacucci, Otto Gabos – recensione

Pubblicato il 13 Aprile 2011 alle 14:03

La giustizia siamo noi

Autori: Pino Cacucci (storia), Otto Gabos (disegni).
Casa editrice:
Bur (Collana 24/7).
Provenienza:
Italia.
Prezzo:
18,50 Euro.
Note:
160 pagine a colori (toni di blu), brossurato.
Recensione


Pino Cacucci per chi non lo sapesse (e forse sono i più), è uno scrittore e sceneggiatore autore di diversi romanzi tra cui “Puerto Escondido” e “San Isidro Futbòl”, entrambi premiati con una trasposizione cinematografica (il primo diretto da Gabriele Salvatores, il secondo da Alessandro Cappelletti, “Viva San Isidro”), per cui uno che oltre a saper scrivere dovrebbe avere anche cose interessanti da dire; quest’opera fumettistica in effetti lo conferma, anche se, paradossalmente, rivista come uno storyboard per un film sarebbe stata l’ideale.

Numero Uno, Numero Due, Numero Tre, Numero Quattro, Numero Cinque, sono un piccolo gruppo di tutori dell’ordine, non sapremo mai le loro generalità (a parte il nome di uno di loro), potrebbero essere chiunque tra le migliaia di poliziotti di diverso grado e ruolo, commissari, semplici agenti, ex-militari ora ai reparti speciali, che vigilano tutti i giorni sulla nostra sicurezza; ma questi hanno visto passare sotto il loro naso impuniti numerosi criminali, alcuni comuni, magari per dei cavilli, altri intoccabili perché potenti o amici di potenti e alla fine hanno detto basta.

Il primo fu Numero Uno, poi gli altri man mano si sono aggiunti, se la giustizia ha rischiato di diventare una presa in giro per le vittime, qualcuno ha cercato di porvi rimedio, perché essi “sanno, ma non hanno le prove”; hanno quindi approfittato della loro posizione privilegiata e ottenuto informazioni riservate, depistato indagini, creato alibi per poter portare a termine i loro atti di giustizia riparatoria.

Nel loro mirino sono finiti corrotti e corruttori, politici, mafiosi, criminali di alto e basso rango, ma l’ultima loro azione (contro un politico in attesa dell’autorizzazione a procedere per associazione mafiosa), non è andata come previsto, uno di loro è stato ferito (o meglio, ferita, visto che era l’unica donna del gruppo), mentre un altro è stato riconosciuto da un poliziotto che ha quindi dovuto uccidere.

L’inizio della storia segna quindi anche il principio della loro fine, in una spirale di distruzione che a lungo cavalcata ora  sembra rivolgersi contro di loro, ma forse non tutto è perduto, come ci suggerisce un finale la cui (tremenda) portata probabilmente non è di immediata comprensione, per cui il lettore sulle prime magari non saprà se gioirne o rattristarsi; disegni di Otto Gabos, che già aveva collaborato con Cacucci (illustrando “Tobacco” per la Granata Press negli Anni ‘90), adatti nel tratteggiare un’atmosfera pesante, soffocante, malata e marcia di un’Italia qualunque ma comunque riconoscibile e familiare, penalizzante semmai dei personaggi e delle azioni, entrambi troppo statici anche se abbastanza espressivi i primi e coinvolgenti le seconde (probabilmente dei bravi attori in un film o in una fiction sarebbero riusciti a rendere meglio le sfumature dei diversi protagonisti, mi viene in mente il cast di “Romanzo Criminale” tanto per dirne una).

Storia forte e purtroppo molto attuale, con personaggi interessanti che, proprio per questo, avrebbero meritato un maggior approfondimento per ottenere una caratterizzazione ancora migliore, a rischio ovviamente di allungare troppo la narrazione e perderci nel ritmo che invece si fa via via sempre più coinvolgente; a tenere banco sono però le implicazioni morali di cui quest’opera è intrisa, dal dilemma “io so ma non ho le prove” fino a cosa sono disposto a fare (ovvero fin dove sono disposto ad arrivare), per tenere fede ai miei ideali, giungendo alla decisione finale di passare alle vie di fatto (fondamentale il dialogo, notevole, delle pagine 148/150, che non lascia assolutamente indifferenti e punto nodale dell’intera storia).

Nel momento in cui sto scrivendo siamo, manco a farlo apposta, proprio a qualche giorno dall’ennesima votazione per una legge che garantirebbe al nostro Presidente del Consiglio l’ennesima prescrizione processuale, a scapito di migliaia di processi che verrebbero di fatto annullati; incombe poi una sedicente “riforma della giustizia” che servirebbe sempre più per uno in particolare che per noi cittadini, lo scontro politico è alle stelle (con i continui richiami del Capo dello Stato ad abbassare i toni che continuano a cadere nel vuoto), e la disinformazione ormai è norma e prassi di ogni giorno (con per fortuna delle rarissime ma ben vive eccezioni), e questo per dire solo delle ultime novità e non trasformare la recensione in un dossier infinito di fatti uno più incredibile dell’altro sull’odierno stato sociale e politico del nostro Bel Paese (i processi per induzione alla prostituzione, anche minorile, del Premier, l’emergenza degli immigrati, del lavoro dei precari, della crisi economica, la lista purtroppo è ancora molto lunga).

Se questa è la nostra realtà quotidiana, il dramma del romanzo di Cacucci è che letto proprio oggi, proprio in questo particolare momento di congiuntura politica e di forti tensioni sociali, non può che chiudersi con un lettore che difficilmente riesce a prendere le distanze nettamente dai suoi protagonisti e ancor più difficilmente riesce a sottrarsi al conflitto etico e morale che questa storia gli pone, acclarato che qualunque posizione finisca per prendere, non sarà mai completamente sentita come quella giusta fino in fondo (forse perché la nostra situazione è così degenerata e compromessa che una soluzione accettabile, ragionevole e condivisibile semplicemente…non c’è).


Voto: 8

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