Dick Tracy di Warren Beatty

Pubblicato il 10 Giugno 2015 alle 10:42

Nel 1975, l’attore, sceneggiatore e regista Warren Beatty ebbe un’idea per un adattamento cinematografico su Dick Tracy, il celebre detective creato da Chester Gould che appare in formato di striscia sul Chicago Tribune Syndicate da ormai ottant’anni.

Fallito ogni tentativo di proporre un progetto convincente su Dick Tracy agli studios hollywoodiani, il regista e produttore Michael S. Laughlin, che deteneva i diritti sul personaggio, decise di cederli alla Tribune Media Services che, nel ’77, li concesse a Floyd Mutrux e Art Linson, anch’essi sceneggiatori, registi e produttori.

Nell’80, la United Artists si dichiarò interessata a produrre e distribuire un film su Dick Tracy. Tom Mankiewicz, lo sceneggiatore che aveva riscritto in maniera brillante i primi due film su Superman entrò in trattative per scrivere la sceneggiatura.

L’accordo saltò quando Chester Gould pretese il controllo finanziario e creativo della pellicola. Ma nell’85, in seguito alla morte del fumettista, all’età di 84 anni, lo sviluppo del film subì un brusco stop. Nello stesso anno, Mutrux e Linson si accordarono con la Paramount che offrì la regia a Steven Spielberg e coinvolse la Universal per co-finanziare la pellicola. La Universal voleva John Landis alla regia e propose per il ruolo principale Clint Eastwood, Harrison Ford, Richard Gere, Tom Selleck o Mel Gibson.

Jim Cash e Jack Epps Jr. scrissero una sceneggiatura che richiamava le atmosfere cupe e violente dei pulp magazines anni ’30 e che prevedeva il boss Big Boy Caprice come avversario principale dell’eroe. Max Allan Collins, all’epoca autore della striscia a fumetti, lesse una delle stesure e la giudicò terribile e pacchiana, difetto ricorrente ed ostacolo principale sia per i cinecomics dell’epoca che per quelli di oggi.

In seguito all’incidente che costò la vita all’attore Vic Morrow sul set di Twilight zone, tratto dalla popolare serie tv e diretto da John Landis, nacquero delle controversie che spinsero il regista ad abbandonare il progetto Dick Tracy.

Subentrarono Walter Hill e Joel Silver rispettivamente come regista e produttore. Mentre Cash ed Epps continuavano a riscrivere la sceneggiatura, Hill propose Warren Beatty per il ruolo principale. La preproduzione ebbe inizio ma nacquero dei contrasti sulla concezione estetica del film tra Beatty, fan del fumetto, che optava per un’opera stilizzata ed Hill che voleva invece puntare su realismo e violenza. Inoltre, Beatty chiese cinque milioni di dollari più il 15% degli incassi. La Universal rifiutò, Hill e Beatty lasciarono il film e la produzione andò di nuovo in stallo.

La Paramount prese così a svilupparlo come film a basso budget con Richard Benjamin alla regia. La Universal si dichiarò insoddisfatta dell’ennesima sceneggiatura di Cash ed Epps. Era ormai l’85 e i diritti sul personaggio tornarono alla Tribune. Stavolta fu Beatty a riacquistarli personalmente continuando a puntare sullo script dei due sceneggiatori.

Quando il produttore Jeffrey Katzenberg lasciò la Paramount per la Walt Disney Motion Pictures Group decise di appoggiare il progetto di Beatty che avrebbe realizzato il film in veste di regista, produttore e interprete principale. Una scelta che lasciò perplessa la Disney poiché l’ultimo film diretto da Beatty, Reds, pur acclamato dalla critica era stato un flop al botteghino. Venne stipulato allora un accordo secondo cui ogni sforamento del budget sarebbe stato detratto dal compenso del regista.

Beatty e il suo fidato collaboratore Bo Goldman riscrissero i dialoghi in modo significativo ma persero una contesa con la Writers Guild e i loro nomi non vennero accreditati tra gli sceneggiatori. La Disney diede il via al progetto nell’88 con la condizione che Beatty contenesse il budget entro i 25 milioni di dollari.

Quando la produzione ebbe inizio la cifra stanziata crebbe fino ai 47 milioni più altri 54 per il marketing. I finanziamenti vennero dalla Touchstone pictures, di proprietà Disney, dalla Silver Screen Partners e dalla Mulholland productions di Beatty. Una prima novelization di Max Allan Collins fu respinta ma alcuni dialoghi vennero inseriti nel film.

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Beatty tracciò un Dick Tracy duro, inflessibile e zelante, perfettamente in linea con la controparte fumettistica, con gli inconfondibili impermeabile e fedora gialli e l’orologio-ricetrasmittente da polso. Tra le scene più avvincenti che ne sottolineano lo spirito, il momento in cui i due criminali Zuccapiatta e Grilletto vengono arrestati e chiedono di telefonare al loro avvocato.

Fingendo di assecondarli, Tracy strappa il filo dal telefono e lancia l’apparecchio ormai inservibile ai due dichiarando poi: “Hanno rinunciato al diritto di telefonare.” Suggestiva anche la reazione dell’eroe che, a costo della vita, sbatte una mazzetta di banconote in faccia a Big Boy quando tenta di corromperlo. Dick Tracy resta distaccato anche di fronte alle avances della femme-fatale Mozzafiato Mahoney che, in un vestito sensualissimo, si sdraia sulla scrivania del poliziotto offrendogli una coppa di champagne. Per tutta risposta, Tracy getta nel calice un orecchino della ragazza trovato sul luogo di un delitto.

L’aspetto del poliziotto granitico ed indistruttibile viene perfettamente controbilanciato dal suo approccio tenero verso l’eterna fidanzata Tess Cuorsincero e dal suo atteggiamento paterno nei riguardi del Ragazzo, Kid in originale, tenace e risoluto orfanello che il detective strappa da una vita di delinquenza per le strade dov’era sfruttato da un balordo. Tess e Kid sono i due personaggi attraverso i quali il pubblico femminile e i bambini possono identificarsi nei confronti dell’eroe.

Il ragazzo è interpretato da Charlie Korsmo. Il ruolo di Tess fu tolto a Sean Young e affidato all’incantevole Glenne Headly. La Young affermò di essere stata esclusa dal film dopo aver respinto le avances sessuali di Beatty. L’attore naturalmente smentì e dichiarò che scegliere la Young fu il suo errore più grande. Ricordiamo che l’attrice perse anche il ruolo di Vicki Vale nel Batman di Tim Burton in seguito ad una caduta da cavallo. Quando il regista la scartò per la parte di Catwoman nel sequel, l’attrice si presentò sul set con un improvvisato costume da gatta in una scenata imbarazzante.

Per interpretare Big Boy Caprice venne preso in considerazione Robert De Niro ma alla fine fu scelto Al Pacino. Primo storico avversario di

Dick Tracy nella striscia originale, Big Boy uccise il padre di Tess e, come accade nel film, rapisce la ragazza. Fu proprio in seguito a questi eventi, che Tracy decise di entrare in polizia. Pacino diede vita ad un personaggio grottesco e divertente, egomaniaco, dispotico, schizofrenico, con velleità da coreografo. Una delle peculiarità più singolari del gangster è quella di citare i presidenti degli USA distorcendo il significato delle loro frasi a testimoniare la filosofia perversa del criminale.

Caratteristica fondamentale per il successo del fumetto, un po’ come accade per Batman, è la lunga e pittoresca galleria di criminali rappresentati ciascuno con una propria eccessiva deformità fisica che ne esteriorizza il degrado morale.

Se nel fumetto questi villains affrontano Tracy uno alla volta, nel film sono presenti in gran quantità, riuniti sotto la guida di Big Boy o eliminati come appartenenti a gang rivali. A riprodurre i bizzarri connotati dei criminali pensarono i make-up artists John Caglione Jr. e Doug Drexler. Al Pacino fu l’unico a volersi discostare dall’immagine del personaggio del fumetto scegliendo da sé il suo aspetto che avrebbe richiesto tre ore e mezza di applicazione del trucco.

Tra gli altri criminali che appaiono nel film spicca Borbotto, interpretato da Dustin Hoffman, la cui incapacità di esprimersi verbalmente in modo corretto e il suo ruolo di testimone-non testimone si traduce non tanto nella semplice omertà dettata dalla paura ma nell’incapacità di trovare un proprio percorso. William Forsythe interpreta Zuccapiatta, il villain più amato dai lettori, tanto che al momento della sua morte i fans gli tributarono un vero e proprio funerale.

Il noto attore e cantante Mandy Patinkin dà invece il volto al pianista 88tasti che incastra Dick Tracy. Il grande James Caan ha un cameo nella parte di Spaldoni, un boss che viene ucciso perché rifiuta di unirsi a Big Boy.

Dalla parte della giustizia, invece, Seymour Cassel e James Keane interpretarono rispettivamente Sam Catchem e Pat Patton, fidati assistenti di Dick Tracy. Charles Durning vestì i panni del Capo Brandon, il celebre Dick Van Dyke diede il volto al procuratore distrettuale John Fletcher, prima corrotto da Big Boy e poi ucciso per incastrare Tracy. Compare anche Kathy Bates nel ruolo della stenografa Mrs. Green.

Via di mezzo tra il bene e il male così nettamente distinti è la bellissima Mozzafiato Mahoney, cantante del club gestito da Big Boy, che s’innamora di Tracy e tenta invano di sedurlo. Forse proprio per l’incapacità di farsi accettare dal lato della giustizia, Mozzafiato assume l’identità di Senzafaccia, un criminale misterioso che cerca di beffare sia l’eroe che Big Boy.

The Blank, questo il nome originale del villain, nel fumetto non ha nulla a che vedere con la cantante. Nel film, la mancanza di lineamenti di Senzafaccia simboleggia lo smarrimento dell’identità di Mozzafiato nella sua discesa verso il male.

La showgirl venne interpretata da Madonna che all’epoca aveva una relazione con Beatty e per non essere accusata di nepotismo accettò di lavorare per un compenso complessivo di soli 35.000 dollari. Il compositore e commediografo Stephen Sondheim scrisse cinque canzoni in puro stile Broadway anni ’30 che Madonna eseguì in maniera straordinaria a coronare una performance memorabile.

A comporre la colonna sonora orchestrale venne invece chiamato Danny Elfman, reduce dal lavoro mastodontico fatto su Batman. Elfman compose due temi principali: la marcia di Dick Tracy, epica e incalzante, e un motivo più romantico e solenne a sottolineare i due aspetti nella vita dell’eroe.

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Il film avrebbe dovuto essere girato a Chicago ma lo scenografo Richard Sylbert riteneva che per la stilizzazione richiesta da Beatty occorresse realizzarlo interamente agli Universal Studios. Quasi tutte le riprese in esterni furono girate sullo stesso set modificato di volta in volta col blue-screen. Si ricorse anche agli studios della Warner e vennero costruiti complessivamente 53 set esterni e 25 interni.

L’aspetto dell’ambientazione ricalcava lo stile anni ’30 tipico dei fumetti di Gould, con influenze dall’Art decò e dall’espressionismo tedesco. I responsabili degli effetti visivi, Michael Lloyd e Harrison Ellenshaw realizzarono 57 mascherini dipinti per gli sfondi in puro stile cartoon. Il direttore della fotografia, l’italiano Vittorio Storaro, premio Oscar per Apocalypse now, Reds di Beatty e L’ultimo imperatore decise di utilizzare esclusivamente colori primari in un’unica tonalità, perché sembrasse il più possibile un mondo uscito dalle pagine a fumetti.

Dei costumi si occupò un’altra italiana, Milena Canonero, premio Oscar per Barry Lyndon, Chariots of fire e, in tempi più recenti, per Marie Antoinette.

Le riprese iniziarono il  2 febbraio dell’89. Una delle sfide principali fu quella di girare molte scene senza muovere la telecamera così da avere tutta una sequenza in un’unica inquadratura, come fosse una vignetta. Beatty, perfezionista, fece ripetere alcune scene anche dozzine di volte. Il film non risultò fedele al fumetto di Gould solo nell’aspetto visivo ma anche nella struttura.

La lotta di Dick Tracy con i suoi avversari presenta un’evolversi di situazioni e un’alternanza di colpi di scena proprio come accade quotidianamente nella striscia creando di volta in volta situazioni e ostacoli differenti all’interno della medesima vicenda.

Uno dei momenti che più si accosta alla narrativa di Gould vede Tracy imprigionato in un magazzino. L’eroe sale sull’estremità di un asse di legno che ha per fulcro centrale un bidone rovesciato. Pat Patton, lanciandosi dal lucernario sull’altra estremità dell’asse catapulta il detective fuori dalla stanza. Espediente chiaramente pretestuoso ed ingenuo ma tipico delle strisce anni ’30 di Gould.

La scena che sintetizza al meglio tutta la concezione artistica del film è quella dell’inseguimento finale nella quale vediamo Dick correre a piedi dietro Big Boy che sta scappando con Tess. Con un gioco di luci ed ombre, la figura dell’attore sparisce e rimane solo la caratteristica sagoma di Tracy, icona riconoscibile a prescindere da chi sia l’interprete.

É il culmine epico del film esaltato dalla marcia di Elfman che fa da amplificatore emotivo.

Il film uscì il 15 giugno del 1990. Nella massiccia campagna promozionale spiccano le locandine stilizzate che rappresentano il perfetto raccordo grafico tra film e fumetto. Come astuta mossa commerciale, prima del film veniva proiettato un cortometraggio inedito di Roger Rabbit in pieno boom del personaggio che sarebbe bastato da solo a spingere i bambini ad andare al cinema.

La pellicola incassò 162 milioni di dollari in tutto il mondo, guadagnò sette nomination all’Oscar e se ne aggiudicò tre, per la miglior canzone, Sooner or later cantata da Madonna, per il make-up e la scenografia. Ad oggi Dick Tracy è il cinecomic con più Oscar all’attivo.

Nel 2008, Warren Beatty ha presentato una denuncia alla corte federale di Los Angeles contro la Tribune che dichiarava di essere tornata in possesso dei diritti su Dick Tracy perché il regista, secondo accordi, avrebbe dovuto presentare un progetto televisivo sul personaggio entro un termine scaduto due anni prima.

Beatty, che di fatto aveva iniziato a lavorare sullo speciale ben prima della scadenza, ha vinto la causa e, a quanto pare, sarebbe intenzionato a realizzare un nuovo progetto su Dick Tracy.

C’è da sperare, inoltre, che possa vedere la luce in blu-ray l’inedita director’s cut di 130 minuti.

Oltre ad essere un film avvincente, Dick Tracy è un’opera visionaria e artisticamente rivoluzionaria che ha anticipato di ben quindici anni la concezione estetica di Sin City e di tutti i cinecomics più visivamente estremizzati.

Beatty aveva capito che la natura caricaturale dell’opera di Gould richiedeva una trasposizione stilizzata, magari azzardata, rischiosa e controcorrente ma era l’unico modo per non ritrovarsi tra le mani un poliziesco come tanti altri. Ne è venuto fuori uno dei migliori esempi di come cinema e fumetto possano coesistere in modo equilibrato senza che uno dei due linguaggi espressivi risulti invadente verso l’altro.

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