Dylan Dog – I colori della paura n. 31: Ancora un lungo addio – Recensione

Pubblicato il 17 Febbraio 2016 alle 17:48

Dylan Dog intraprende un viaggio nel passato insieme a Marina Kimball, l’amore che ha segnato l’adolescenza dell’indagatore dell’incubo in una romantica estate nella balneare Moonlight. Un percorso struggente sulla malinconica strada dei ricordi, ricco di poesia e surrealismo, la nostalgia di un’adolescenza sognante che lascia il passo ai rimpianti dell’età adulta.

Era il novembre del 1992 quando arrivò nelle edicole Il lungo addio, numero 74 della serie regolare di Dylan Dog, sceneggiato da Tiziano Sclavi su soggetto di Mauro Marcheselli per i disegni di Carlo Ambrosini. Ancora oggi si tratta di una delle storie più amate dai lettori della testata anche se non si tratta di una vicenda horror, non c’è nulla su cui Dylan deve indagare e l’elemento sovrannaturale fa solo da supporto alla struggente storia d’amore, motore emotivo del racconto.

In un’intervista rilasciata a Sky qualche anno fa, Sclavi, creatore del personaggio, ha dichiarato di preferire Il lungo addio a La Storia di Dylan Dog (n. 100 della serie) per quanto riguarda gli episodi sul passato del personaggio, ed ha fatto riferimento anche ad Indiana Jones.

Nel flashback d’apertura di Indiana Jones e l’ultima crociata vediamo il futuro archeologo in azione su un treno circense dove maneggia per la prima volta la frusta e fa un tuffo in un vagone pieno di serpenti che scatenerà la sua fobia. Similmente, ne Il lungo addio, Dylan si addentra in una grotta dove trova la sua pistola Bodeo e viene investito da uno stormo di pipistrelli, una delle sue tante paure.

Il remake Ancora un lungo addio viene pubblicato all’interno della collana Dylan Dog – I colori della paura, in allegato a La Gazzetta dello Sport. Paola Barbato, la migliore tra gli sceneggiatori della serie ad interpretare la sensibilità e l’introspezione emotiva di Dylan, non commette però l’errore di realizzare un semplice rifacimento, bensì una storia complementare che svela retroscena inediti.

La suggestione principale è un sano effetto nostalgia. Come se il tempo non fosse mai trascorso, i disegni di Carmine Di Giandomenico ci riportano alle atmosfere di Moonlight amplificate non solo dal colore ma da suggestivi spettacoli di luce e le vignette denotano profondità tridimensionale.

La Barbato ci restituisce i simpatici battibecchi tra Dylan e Marina con tutta la filosofia retorica e malinconica del giovane indagatore dell’incubo. La raffigurazione dei due personaggi sembra filtrata attraverso uno sguardo romantico. Lui è sempre longilineo ma più prestante, levigato e meno scarno rispetto ad altre interpretazioni. Lei è un fragile angelo, ancora con la sua indecisa espressione “Senti… niente” e le dita che giocano coi capelli biondi.

Interessante uno dei risvolti inediti del racconto che porterà alla rottura tra i due. Nella storia originale sembrava una scelta dovuta alla volubilità e all’immaturità di Marina che qui viene riscattata con un pretesto narrativo discutibile. Commovente l’epilogo sulle corde di un rimpianto che si sarebbe potuto evitare con due semplici, bellissime, terribili parole che richiedono un atto di coraggio per essere pronunciate ad alta voce, un coraggio che costituisce l’eroico rito di passaggio verso l’età adulta del giovane Dylan.

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