Deadpool – Recensione

Pubblicato il 17 Febbraio 2016 alle 19:49

Wade Wilson è un mercenario di New York, ex-agente delle forze speciali, che allaccia una relazione sentimentale con la escort Vanessa. Subito dopo averle chiesto di sposarlo, Wade scopre di avere il cancro. Decide così di sottoporsi ad un trattamento sperimentale segreto durante il quale viene torturato da Ajax, capo del progetto, e dalla sua spalla, la giunonica Angel Dust. La mutazione dona a Wade poteri rigenerativi ma lo lascia sfigurato al punto da non voler più avvicinarsi a Vanessa. Assunta l’identità di Deadpool, decide di affrontare Ajax coadiuvato dagli X-Men Colosso e Testata Mutante Negasonica.

Deadpool

Chiacchierone sboccato e irriverente, consapevole di essere il personaggio di un’opera di fiction, Deadpool è uno dei più singolari personaggi della Marvel, nato nel 1991 ad opera di Fabian Nicieza e Rob Liefeld come parodia del Deathstroke della DC Comics. Ryan Reynolds aveva già interpretato Wade Wilson nel pessimo X-Men – Le Origini: Wolverine ed ha deciso di riprovare con una trasposizione più vicina al tono e allo stile del fumetto originale, un film di supereroi per adulti venato di comicità demenziale.

In veste di protagonista e co-produttore, Reynolds si è affidato al regista Tim Miller, che ha realizzato la sequenza di apertura di Thor: The Dark World, è stato il supervisore agli effetti visivi di Scott Pilgrim vs. The World e dirige qui al suo primo lungometraggio. Realizzato con un budget di appena 58 milioni di dollari, il film è stato preceduto da una campagna promozionale divertente e politicamente scorretta e sta già viaggiando verso i 300 milioni di dollari d’incasso in tutto il mondo con un sequel già in cantiere.

Il film regge tutto sulle spalle di Reynolds che ha finora inanellato una serie di terribili flop tra cui i cinecomics Blade: Trinity, Lanterna Verde e R.I.P.D.. L’attore sopperisce qui alla sua inespressività sfigurandosi il volto e riesce ad essere più comunicativo con la maschera che senza. Si dimostra comunque davvero molto bravo con la mimica corporea e denota ottimi tempi comici.

I comprimari fungono da supporto puramente funzionale. Morena Baccarin è la donzella in pericolo, T.J. Miller è l’amicone simpatico, Ed Skrein e Gina Carano sono due cattivi monodimensionali, Colosso funge da stereotipo del supereroe moralista e politicamente corretto che verrà dissacrato da Deadpool. Lo accompagna la giovane Brianna Hildebrand nel ruolo di Testata Mutante Negasonica, creata da Grant Morrison e qui molto semplificata.

Il biglietto da visita del film è l’adrenalinica sequenza action iniziale, ricca di gag slapstick, violenza esasperata da fumetto con buone dosi di splatter, rallenty che trasformano lo schermo in una vignetta e una sfilza di battute e trovate comiche esilaranti.

Il flashback che racconta l’origine del Mercenario Chiacchierone è l’unico momento in cui il film cerca di prendersi sul serio. Le dinamiche sono quelle risapute del supereroe con superproblemi della Marvel che si ritrova ad essere un mostro emarginato. La storia d’amore è talmente sopra le righe da non riuscire a diventare il motore emotivo che vorrebbe.

Si prosegue con Deadpool che sfonda continuamente la quarta parete, si fa beffe della Marvel e distrugge qualsiasi pretesa di continuity con la saga cinematografica degli X-Men. I dialoghi sono infarciti di turpiloquio e c’è spazio anche per un pizzico di sesso esplicito. Le musiche martellanti di Junkie XL si alternano a brani che vanno dai Black Keys a Bing Crosby passando per George Michael, le Salt-N-Pepa e tanti altri. Immancabile il cameo di Stan Lee, tante strizzatine d’occhio ai fan e ben due scene durante i titoli di coda.

Un divertente guilty pleasure che rende omaggio al fumetto originale, denota una buona stilizzazione e un tono deliziosamente derisorio. Si ha però la sensazione che oltre alle due grandi scene d’azione in apertura e chiusura di film ci sia poco altro e non bastano certo le trovate comiche a reggere una storia o a dare spessore ai personaggi.

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