Perché ho ucciso Pierre e l’oscura realtà della vita – RECENSIONE
Pubblicato il 10 Febbraio 2016 alle 11:20
Un giovane di dodici anni pieno di interrogativi sulla vita si vedrà rapire la sua anima da un prete che abuserà di lui, trascinando il ragazzo in una spirale di impotenza.
Quanto un avvenimento spiacevole può incidere nella nostra vita? E quanto peso ne può dare un bambino di dodici anni? In realtà le risposte a queste domande lasciano il tempo che trovano e trovarsi invischiati in una storia che, con il passare del tempo assume le pieghe di una fiaba horror lascia un senso quasi di impotenza, sia a chi la vive (direttamente), sia a chi la legge (indirettamente).
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Perché ho ucciso Pierre – appena ripubblicato in Italia per la Bao Publishing – è la storia autobiografica del giovane Olivier, bambino vivace e dalle innumerevoli domande. Vive quasi a cavallo di due mondi che hanno poco in comune: il primo quello dei genitori, due hippie pieni di spirito di avventura e poco legati ai beni materiali; il secondo quello dei nonni, due ferrei credenti convinti del fatto che il male sia insito in ogni gesto quotidiano.
Olivier è sballottato tra questi due universi e data la sua tenere età non è ancora in grado di scegliere da che parte stare. La sua vita cambia quando incontra Pierre, un prete “di sinistra” che prende subito a cuore il giovane; Dapprima cerca di infondere fiducia nel cuore di Olivier, ma durante una notte d’estate nel campo scuola di Joyeuse Riviere, il prete abuserà sessualmente del piccolo segnandone con un pennarello indelebile tutta la sua vita.
Trattando con cura, ma senza troppa leggerezza, il tema dell’abuso di minore, l’autore Olivier Ka (ricordiamo che è una storia autobiografica) riesce ad infondere nel lettore lo stesso senso di impotenza che attanaglia per il tutto il fumetto il protagonista.
Senso di impotenza che non è dovuto solo all’episodio centrale della storia (l’abuso), ma che incombe sul giovane anche negli anni precedenti e successivi al ripugnante gesto: i suoi dubbi sulla religione, il non comprendere le scelte fatte dai genitori, l’incontro quasi fortuito con Pierre avvenuto anni dopo lo spiacevole avvenimento. Tutti episodi nei quali i punti interrogativi che il giovane si crea, si riflettono anche nella mente di chi legge la storia.
Da apprezzare l’idea dell’autore di mettere Olivier al centro di tutto: è quasi sempre lui che parla e che pensa, trasformandosi in un protagonista non convenzionale.
Nonostante il tema trattato, si ha a volte l’impressione di leggere una storia per ragazzini scritta e raccontata da un ragazzino. A tal proposito, incidono parecchio le tavole di Alfred che con tratti grezzi e marcati, disegna in maniera quasi “infantile” (aggettivo utilizzato in questo caso in maniera positiva) tutto il fumetto.
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Linee e contorni poco chiari come se a farli fosse stato un bambino di dieci anni, ma che collimano appieno con la volontà dell’autore di raccontare una storia dal punto di vista del giovane Olivier.
“Perché ho ucciso Pierre” ci mette di fronte all’oscura realtà che vive intorno agli abusi su minore. Una storia horror senza vittime, ma allo stesso tempo piena di morte interiore.