My Hero Academia: supereroi con qualche problema – Recensione

Pubblicato il 5 Aprile 2016 alle 13:20

Nel futuro la quasi totalità dell’umanità ha sviluppato dei superpoteri. Esiste perciò una prestigiosa scuola nota con il nome di “Hero Academy” in cui vengono forgiati gli eroi che plasmeranno il mondo.
Ed è proprio qui che il giovane Izuki Midoriya sogna di entrare! Peccato che il ragazzo non abbia assolutamente nessun potere…

Come ci viene ripetuto da Masashi Kishimoto stesso, dalla Shueisha e dalla Star Comics My Hero Academia di Kohei Horikoshi dovrebbe essere il successore di Naruto nei cuori (e nei portafogli) dei lettori di shonen manga “da combattimento”, quel genere su cui da Dragon Ball e Yu Yu Hakusho in poi Shonen Jump ha costruito la sua fortuna: un giovane simpatico protagonista outsider che vuole diventare il migliore, un mondo da scoprire e caratteristico, un amico/nemico/rivale e soprattutto tante tante mazzate spettacolari che insegnino i valori dell’amicizia e del duro lavoro.

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Ok, ma proclami a parte, com’è My Hero Academia? Ecco, per usare una metafora culinaria questo manga sa benissimo quali sono gli ingredienti da mescolare, ma non azzecca bene le dosi e di alcuni deve aver usato la versione priva di glutine o qualcosa del genere, perché sanno veramente di poco. In compenso, l’impiattamento è eccezionale.

Andiamo con ordine: un po’ di trama.

In un mondo dove l’80% degli esseri umani ha un qualche superpotenze (o ‘quirk’) Izuku Midoriya, che sin da bambino non desidera altro che aiutare gli altri e diventare un eroe… non ne ha nessuno. Senza scoraggiarsi Izuku continua a studiare i super e si prepara a iscriversi alla Yuei, liceo per aspiranti paladini della giustizia. Le sue prospettive cambiano dopo l’incontro ravvicinato con All-Might, il più grande dei supereroi, che vede qualcosa in lui e decide di cedergli parte del suo potere.

Grazie alla sua faticosamente conquistata quanto pericolosa super-forza (non essendo il suo corpo super-resistente ogni singolo colpo gli frantuma ossa e muscoli) Izuku entra così alla “Hero Academy”, dove troverà un vecchio avversario, nuovi amici e il suo mentore All-Might che da insegnante continuerà ad addestrarlo per fargli acquisire la piena padronanza del suo potere.

La premessa è interessante (e alquanto “americana”), ogni supereroe ha il suo costume e il suo super-nome come quelli di Marvel e DC, i design sono accattivanti… ma i personaggi sono caratterizzati in maniera abbastanza semplicistica. Del protagonista Izuku ad esempio dopo due volumi so che è buono. Punto. Scusate, che è buono e ha una grande forza di volontà. Non ha una particolarità memorabile (chessò, l’ingordigia o l’ingenuità dei suoi avi Goku/Rufy/Naruto) né qualche difetto. Fatica a restare impresso.

Le cose non migliorano guardando a quello che dovrebbe essere il nemico/amico di Izuku: Katsuki Bakugo viene presentato e agisce come un bullo spietato e sadicamente crudele verso Izuku, apparentemente solo perché può farlo (ha il potere, sviluppato prestissimo, di generare esplosioni). Per qualche motivo però né il protagonista né gli altri personaggi vedono tutta questa violenza immotivata come un problema (in un aspirante eroe…), anzi, non fanno che ripetere come Bakugo sia un ragazzo orgoglioso e abbia un ottimo potenziale come se questo spiegasse/giustificasse tutto.

Un altro errore di dosaggio (tornando alla metafora iniziale) riguarda l’ingrediente mazzate: sono rare. E durano anche poco. Andando a rileggere Naruto (ehi, sono loro a tirarlo in ballo continuamente) i primi due volumi del maga di Kishimoto ospitano i lunghi combattimenti Naruto – Sakura – Sasuke vs Kakashi e tutti vs Zabuza. Scontri vivaci e divertenti che servivano a introdurre e spiegare i poteri dei ninja senza annoiare.

Nei primi due tankobon di My Hero invece i molti “spiegoni” (vengono presentate le capacità di molti studenti della Yuei) sono statici e i combattimenti brevi, limitati anche dal potere di Izuku che non può per forza di cose dare più di un colpo a scontro.

La carenza di botte si avvertirebbe di meno se la storia fosse più interessante, ma in questi primi numeri non è che ci sia chissà quale progressione di eventi.

(Tra parentesi perché nota molto personale: sarà la mia età che avanza, ma la linea comica affidata qui chiaramente al buffo pervertito che molesta le ragazze mi risulta sempre più irritante e superflua.)

Un aspetto sul quale invece al mangaka non si può dire nulla è il disegno. Grazie un tratto che ricorda molto quello dello Yusuke Murata di Eyeshield 21, solido e accurato sia nelle anatomie che nei volti (un po’ meno ispirati gli sfondi, ma qui non aiuta l’incolore ambientazione cittadina) My Hero Academia e i suoi personaggi sono un piacere da guardare.

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Il charter design è infatti ottimo con una menzione speciale per All-Might, disegnato ogni volta come se fosse ritagliato da un comics americano anni ’90, tutto pose eroiche e espressioni intense con pesanti ombreggiature che ne esaltano il fisico statuario. Per la gioia dei cosplayer oltre che dei normali lettori il fumettista è lanciatissimo e originale anche con i costumi, essenziali per un supereroe.

Di nuovo, qualche riserva anche sul lato ‘grafico’ dei combattimenti, un po’ poco dinamici. Bisognerà capire se il problema è in fase di scrittura o se invece è lo stile di disegno a non prestarsi molto all’azione frenetica.

Dato tutto questo, il risultato è una bocciatura? No, non del tutto. Uno shonen del genere può durare anni e anni e i primi due volumi sono troppo poco per giudicarlo correttamente; con l’esperienza probabilmente Horikoshi riuscirà a correggere in corsa i difetti di struttura e caratterizzazione, e altri fattori (storie più corali, visto il tempo dedicato ai compagni di classe di Izuku; una trama orizzontale appassionante) possono entrare in gioco.

My Hero Academia dovrà però iniziare presto a tirare fuori la sostanza, perché con le promesse si può andare avanti solo fino a un certo punto. 6,5 e come usano dire le professoresse di tutta Italia, deve impegnarsi di più.

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