The Revenant: tutte le curiosità, i segreti e un nuovo documentario Making of del film
Pubblicato il 24 Gennaio 2016 alle 13:00
Il film di Alejandro Iñárritu vi ha così colpito che vorreste sapere tutto, ma proprio tutto sul film The Revenant?
Questo articolo vi potrà dare tutte le indiscrezioni, i segreti e le citazioni del film che potranno soddisfare ogni vostra residua curiosità.
Che il film The Revenant fosse una pellicola fuori dal comune lo si era capito, prima ancora di averlo visto, già dalle 12 Nomination ricevute agli Oscar.
L’impatto visivo è notevole e colpisce in tutti i sensi, sia a livello strettamente fotografico che emotivo. Come molti ben sapranno, dietro questo film c’è stato un grande lavoro, faticoso e impegnativo. Infatti sono stati impiegati oltre undici mesi di riprese molto complicate per portarlo a termine.
Il regista messicano Alejandro González Iñárritu, d’accordo col direttore della fotografia Emmanuel Lubezki hanno deciso, tanto per rendersi la vita più facile, di girare interamente il film con luce naturale, cosa che ha reso ovviamente il tutto molto più complesso.
Inoltre erano determinati a voler evitare il più possibile qualsiasi supporto di green-screen e con il minimo apporto del CGI (Computer Generated Imagery). Tenendo conto che un buon 93% delle riprese è avvenuta in location esterne (ed estreme) la scelta era quantomai coraggiosa.
Tanto per cominciare, non tutti sanno ad esempio che il nome contenuto nel titolo del film The Revenant, viene dal francese “revenir” che vuol dire “ritornare” e il titolo stesso del film in lingua francese vuol dire anche “spirito” o “fantasma”.
Per il film, come abbiamo già detto, si è scelta l’idea di girarlo completamente con luci naturali, cosa che ha naturalmente influito sui tempi delle riprese.
Infatti la metà della giornata veniva impiegata per gli spostamenti tra le varie location molto lontane dai centri abitati, e le ore buone di ripresa durante il giorno si riducevano a poco più di due.
Tanto che le riprese iniziate in Canada, durando più del dovuto, quando la neve ha cominciato a sciogliersi, la troupe è stata costretta a spostarsi nella Columbia Britannica per terminarle.
Inoltre il regista messicano si è affidato anche ad un meteorologo che li ha aiutati prevedendo per tempo le condizioni meteorologiche che potevano essere ideali per le esigenze di copione.
Tra le varie curiosità che circolano ormai da tempo sul film, c’è quella della barba di Leonardo DiCaprio.
Infatti l’attore per realizzare questo film si è tenuto per un anno e mezzo una lunga barba incolta, che è stata subito notata già durante le riprese della pellicola, tanto che il National Enquirer, un tabloid statunitense, ha inventato la storia che l’attore avesse delle pulci nella barba (notizia poi smentita).
DiCaprio ha detto a Variety che nel tempo la sua barba era diventata “come una moglie”, anche se non ha spiegato cosa intendesse in realtà.
Le altre curiosità che circolano in rete, riguardano tutte i mille sacrifici che l’intera troupe, e in particolare Leonardo DiCaprio, hanno dovuto affrontare.
L’attore californiano infatti, tra le altre cose, ha dovuto indossare oltre 45 kg di pellicce di alce e di orso ogni giorno, ha girato nonostante la febbre alta e la bronchite, tanto che i colpi di tosse che si sentono durante il film sono veri colpi di tosse dovuti all’esposizione alle temperature molto rigide, dai -25° fino ai -40°.
L’attore infatti era sempre monitorato da un’equipe di medici presenti sul set. Durante le riprese ha dovuto indossare 47 diverse protesi, che lo costringevano a svegliarsi alle 3 di notte e passare 4/5 ore della giornata al make up.
Ha mangiato un vero fegato crudo di bisonte per rendere la scena più realistica, nonostante le sue convinzioni vegetariane e ha combattuto contro un vero grizzly.
No, vabbè ok, quest’ultima è pura finzione cinematografica, ma gli sballottamenti subiti sul terreno, medianti cavi e tiranti, quelli no, non erano affatto finti!
Terminato questo lungo excursus sulle varie curiosità del film, adesso invece vogliamo mostrarvi tre citazioni (più una), dichiarate dagli autori, di The Revenant di cui è stato parlato solo marginalmente se non per nulla tra i vari siti di critica cinematografia.
Vi avvertiamo preventivamente, che qualora non aveste visto il film, quello che scriveremo qui di seguito conterrà SPOILER.
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1) La scena del sogno in cui DiCaprio incontra il figlio appena morto in una chiesetta di tipo romanico, come racconterà Jack Fisk, scenografo di The Revenant, è ispirata dal film “Andrej Rublëv” (1966) scritto e diretto da Andrej Tarkovski.
Questa pellicola narra le vicende di un pittore di icone del quattrocento russo e in un momento focale del film c’è appunto una scena in cui il protagonista si ritrova in una chiesa semidistrutta completamente dipinta di immagini sacre.
La chiesa del film The Revenant aveva inoltre una struttura espressamente richiesta da Iñárritu, come ad esempio la campana che suona tetra e malinconica dalla cima di un campanile completamente distrutto.
Questa infatti è stata un’aggiunta chiesta dal regista allo scenografo, tanto che durante le riprese un membro della troupe era dietro alle mura con un filo per farla suonare.
Un’altra richiesta, sempre riguardo la chiesa, era per gli alberi che dovevano esserci al suo interno e tutto intorno alla struttura, e che dovevano dare un’aria estremamente dismessa e lugubre.
Lo scenografo dovette cercare a lungo ispirazione tra le chiese di tipo romanico in varie parti dell’Europa.
Probabilmente si fece anche ispirare dai lavori di Caspar David Friedrich, pittore tedesco esponente dell’arte romantica, con i quadri ad esempio “Monastery Graveyard in the Snow”, “Winter” e “The Abbey in the Oakwood”, da cui lo scenografo pare abbia preso davvero spunto.
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2) In un’altra scena del sogno, DiCaprio si troverà di fronte ad una montagna di teschi di bufalo americano. Nelle intenzioni iniziali del regista c’era quella di rappresentare quella montagna con teschi umani.
Ma poi lo scenografo gli mostrò una foto dell’800 in cui si vedevano due uomini in cima ad una collina piena di ossa dell’animale, così che Iñárritu si convinse a quella nuova scelta, che inoltre rappresentava perfettamente la sopraffazione dell’uomo bianco nei confronti delle popolazioni indigene americane.
Ovviamente trovare tutti quei teschi fu impresa impossibile, così si optò per una scelta puramente estetica. Furono lasciati in bella mostra i teschi di bufalo veri, nascondendo quelli fatti con una speciale schiuma espansa sotto.
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3) Iñárritu ha più volte tenuto a precisare che The Revenant non è affatto un western, ed è vero, il genere è molto distante dal film del regista messicano.
Ma c’è una scena in particolare del film che ricorda molto una situazione tipo di un western.
La scena in questione è quella del duello tra il buon Andrew Henry e il cinico John Fitzgerald. In questo frangente il fuggiasco tiene puntato un fucile in direzione del malcapitato cacciatore che tenta di nascosto di tirar fuori la sua pistola.
In quel momento c’è un rapido cambio di scena con la ripresa dal punto di vista di DiCaprio che sente un colpo d’arma da fuoco in lontananza.
Non sappiamo in quel momento qual è stato l’esito dello scontro, ma conoscendo un po’ la storia del cinema, sarebbe stato possibile sapere chi sarebbe stata la vittima del duello prima ancora di vederlo messo in scena.
Non credo sia un caso la scelta delle armi dei due duellanti, che ricorda molto la celebre frase pronunciata da Ramon Rojo, interpretato dall’attore Gian Maria Volonté nel film Per un pugno di dollari (1964) di Sergio Leone, “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto”. Oltretutto l’attore poi aggiungerà anche che si tratta di un vecchio proverbio messicano. Sarà un caso?
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3+) Tutti sanno che la storia di The Revenant è ispirata alla storia del cacciatore di pelli Hugh Glass e che la sua storia era già stata messa in scena per il film Uomo bianco, và col tuo dio! (1971) di Richard Sarafian.
Ma non tutti sanno che un’altra piccola citazione, da aggiungere a quelle su dette, è quella riguardante il cartello appeso al corpo dell’indiano Pawnee impiccato dai francesi.
Sul cartello infatti era scritto “On est tous des sauvages” (siamo tutti dei selvaggi), una scritta che appare intagliata su di un albero da un cacciatore canadese nel libro di Stephen Brumwell, White Devil: A True Story of War, Savagery And Vengeance in Colonial America.
Infine, qui di seguito vi riportiamo un documentario sul Making of realizzato dalla 20th Century Fox “A World Unseen” pubblicato qualche giorno fa dal loro canale Youtube.
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