Franken Fran, un horror paradossale – RECENSIONE
Pubblicato il 14 Gennaio 2016 alle 11:15
Da J-POP l’opera controversa di Katsuhisa Kigitsu
Saputo del ritorno in Giappone del dottor Maraki, leggendario luminare considerato un cervello di massimo livello su scala mondiale nel campo della bioingegneria, il presidente del clan Matsui si reca, in compagnia del suo segretario, nel laboratorio del professore per affidargli l’arduo compito di resuscitare il figlio Yujiro. Sembra infatti che Maraki sia persino in grado di riportare i morti in vita.
Alla porta del palazzo che ospita il laboratorio si presenta però Franken Fran, una ragazzina tutta rattoppata, che si dice dispiaciuta per l’assenza del suo maestro, ma disponibile a farne le veci dietro lauto compenso. Matsui dopo aver scoperto una raccapricciante collezione di chimere all’interno del palazzo, tra cui anche Okita l’assistente uomo-gatto di Fran, decide di affidare alla strana ragazza il destino di suo figlio.
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Fran si mette così all’opera e servendosi anche dell’uomo come cavia in un caos di organi, sangue e materia cerebrale, collega in circuito il cervello del padre e del figlio restituendo – seppur in parallelo – la vita al giovane. Il risultato dell’intervento chirurgico è quanto mai bizzarro se non grottesco, solo il primo tuttavia di una lunga serie di operazioni che sconfineranno nel surreale/paradossale.
Fran, esperimento perfettamente riuscito del professor Maraki, risultato dell’assemblaggio di organi e membra di diversi cadaveri, non rifiuta il suo aiuto a nessuno e così – a volte casualmente e spesso perché coinvolta in prima persona – si sbizzarrisce con le sue operazioni salvavita. Da un caso di metamorfosi-pupamento, alla piaga dal volto umano, passando per una festa di compleanno con macabro menu, un amore che esula i militi sessuali e una cura estetica di massa, Fran si fa davvero in pezzi (sic!) per regalare la felicità al prossimo. Questo almeno è ciò che crede poiché essendo stata “messa a posto” lei stessa, la ragazzina ha un modo davvero tutto suo di interpretare il verbo “aggiustare”. Capita così che un lieto fine tradizionale, l’unico del capitolo, per lei rappresenti un fallimento.
Franken Fran di Katsuhisa Kigitsu, manga in 8 volumi, è un’opera controversa: geniale per certi versi, eccessiva per altri. Geniale è senz’altro l’arte. I disegni realistici e raccapriccianti fanno saltare il lettore dalla sedia per il modo in cui sono proposti; più che l’immagine a scioccare è il paradosso delle storie raccontate. E il geniale si mischia all’eccessivo e l’horror si confonde con l’orrido in quei finali di storie disorientanti dove il male sembra essere l’unica soluzione possibile alla stupidità e faciloneria delle richieste degli esseri umani spinti sull’orlo della disperazione. Franken Fran ha l’ardire e la presunzione di accecare il suo lettore e sconvolgerlo senza indorargli la pillola.
Fran di per sé è un personaggio disturbante: una sorta di bambolona che “aggiusta” le persone a modo suo. Non è un essere umano, è spogliata dai sentimenti e, come la celebre creatura del dottor Frankenstein da cui la mangaka ha preso spunto per creare la sua storia, è un patchwork di organi, muscoli e pelle. Agisce grazie all’intuito di una mente geniale senza il filtro umano, finendo inesorabilmente per compiere disastri e assemblare creature raccapriccianti. Glielo si potrebbe anche perdonare, ma il grottesco fine a se stesso è ingiustificato, considerato che chi scrive un cuore deve avercelo per forza.
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Considerazione che spinge a un’altra osservazione: quando Fran è chiamata a risolvere il suo primo caso dice al suo orrido assistente uomo-gatto che il problema della definizione di umano è capire quali siano i suoi limiti e che ciò che conta davvero sono il software e l’utente. Che l’autrice si sia tenuta volontariamente alla larga dal lato umano concependo una trama e un personaggio che lo oltrepassano?
Qualunque sia stato il suo intento, resta comunque innegabile l’effetto scioccante di un manga originale, ottimamente scritto e ben disegnato. Franken Fran lascia il segno. In tutti i sensi.