The Vatican Tapes – Recensione

Pubblicato il 8 Gennaio 2016 alle 22:45

In seguito ad un banale incidente nel giorno del suo compleanno, la ventisettenne Angela inizia a manifestare segni di squilibrio e violenza che preoccupano il padre e il fidanzato. Ricoverata in un istituto psichiatrico, la ragazza si dimostra pericolosa per quelli che le stanno intorno. Convinto che Angela sia posseduta, padre Lozano cerca di esorcizzarla con l’aiuto di padre Bruun.

The Vatican Tapes

Ci risiamo. L’ennesimo film sugli esorcismi in cui il Vaticano viene preso come l’Area 51 di casa nostra e i preti sono gli Agenti dello SHIELD che combattono le forze del male in tutto il mondo. Ma va bene, si tratta di fiction e saremmo anche disposti a stare al gioco se ci trovassimo di fronte ad un prodotto d’intrattenimento valido. Purtroppo non è così.

Il regista Mark Neveldine si è finora messo in luce dirigendo insieme a Brian Taylor titoli interessanti, magari non pienamente riusciti, come i due Crank, Gamer e il secondo Ghost Rider. Stavolta deve cavarsela da solo e commette l’errore di prendere troppo sul serio una vicenda congegnata senza uno straccio di idea e con dinamiche da horror di serie Z finendo per scadere nel ridicolo involontario.

Non ci sono più le anonime Linda Blair di una volta. Stavolta la ragazza posseduta si chiama Angela (ovviamente) è bellissima, bionda e con gli occhi azzurri (ovviamente). All’improvviso diventa aggressiva, beve molta acqua e un corvo le vola attorno. Le possibilità sono due: o è pazza o è posseduta. Siccome la madre era una prostituta si propende per il demonio.

Il padre e il fidanzato si guardano in cagnesco per i primi venti minuti di film e poi diventano totalmente inutili. La parte centrale della storia ambientata nell’ospedale psichiatrico presenta una sfilza d’insostenibili cliché con tanto di dottoressa ultrasexy. Salta fuori anche un caso di malasanità ma finisce lì. Che importa? Gli eroici preti della situazione sono Michael Peña, già visto in Fury e Ant-Man, e Peter Andersson, che fa più paura del demonio. Cosa ci stia a fare nel film Djimon Hounsou resta un mistero.

Si arriva così all’immancabile esorcismo finale con il letto che si muove, fa manovra e retromarcia mentre la posseduta sputa uova, scompare e ricompare perfettamente truccata. Il titolo del film sembra promettere un mockumentary ma è girato in maniera tradizionale e le registrazioni del Vaticano hanno un ruolo molto marginale. Neveldine denota anche un certo gusto registico sostenuto da una buona fotografia ma è tutto buttato alle ortiche. Ogni dettaglio splatter o cruento è lasciato fuoricampo per preservare il PG-13 e i mezzucci per cercare di far saltare lo spettatore dalla sedia non funzionano mai.

Il lato positivo del film è che, dopo averlo visto, nessuno prenderà più sul serio demoni ed esorcismi. L’epilogo diventa provocatorio e contraddittorio in maniera maldestra. Il demonio può manifestarsi sotto le sembianze di un nuovo rassicurante messia. Stategli alla larga, date retta ai preti. Loro se ne intendono di falsi idoli.

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