La Grande Scommessa – Recensione
Pubblicato il 7 Gennaio 2016 alle 23:45
Nel 2005, Michael Burry, eccentrico manager di un fondo speculativo, l’investitore Jared Vennett, il trader Mark Baum e il banchiere in pensione Ben Rickert scoprono che il mercato immobiliare è instabile e prevedono la crisi economica mondiale che esploderà tre anni dopo. Capiscono così di poter trarre profitto dalla situazione con la creazione del cosiddetto derivato di copertura e di poter scommettere contro il sistema bancario.
Prima di mettersi in luce con commedie demenziali interpretate puntualmente dall’amico Will Ferrell, il regista Adam McKay (co-sceneggiatore tra l’altro di Ant-Man e del prossimo sequel) ha collaborato alla trasmissione televisiva The Awful Truth – La Terribile Verità, una serie di documentari diretti e prodotti da Michael Moore. In effetti La Grande Scommessa richiama per stile, scelte di montaggio e per il graffiante tono sardonico i controversi film inchiesta di Moore, quali ad esempio Bowling a Columbine o Farenheit 9/11.
Tratto dall’omonimo best-seller di Michael Lewis, La Grande Scommessa è un viaggio nel lato oscuro dell’alta finanza americana attraverso lo sguardo di quattro personaggi delineati da mastodontiche interpretazioni. Christian Bale è il manager che ha un occhio di vetro ma vede più lontano di tutti fiutando per primo il disastro economico che sta per arrivare.
Steve Carell è il trader che si pone scrupoli di coscienza, la sua componente emotiva è quella più empatica ed approfondita, sostenuta dal breve ma importante apporto di Marisa Tomei. Gli fa da contraltare Ryan Gosling in veste di squalo con una performance a tratti esilarante. Ridotta anche la presenza di Brad Pitt, già protagonista de L’arte di vincere, sempre da un libro di Lewis. Qui è un ex-banchiere e ambientalista new age che aiuta due giovani investitori rampanti mostrandogli però l’immoralità delle loro azioni.
Durante la promozione del film, McKay ha dichiarato che spiegare al pubblico come funziona il sistema economico è la più grande minaccia per i banchieri. Ha fatto quindi ricorso ad ogni espediente per cercare di somministrare passaggi nozionistici senza appesantire il film, ricorrendo, ad esempio, a celebrità quali Margot Robbie e Selena Gomez che sfondano la quarta parete spiegando al pubblico meccanismi complessi in maniera molto semplice.
I protagonisti puntano il dito contro la corruzione del sistema ma finiscono per lucrare su un disastro economico che manderà per strada tanta gente. La contraddizione è palese. In tal senso, la retorica finale del film è del tutto accettabile. Quattro nomination ai Golden Globes. Cast perfetto. Imperdibile.