Jiro Taniguchi, guida alla lettura: la storia e i manga da leggere

Pubblicato il 26 Gennaio 2016 alle 14:00

Quali sono i manga di Jiro Taniguchi da leggere? In questo speciale vi daremo qualche dritta e suggerimento sulle opere del Maestro.

Gli esordi

La prima opera di Taniguchi è “Cloroformio” (1970), che viene però rifiutata per il premio della rivista “Big Comic” della Shogakukan, la pubblicazione arriva invece con “La Stanza Arida” sempre del 1970, racconto ambientato in una piccola e squallida stanza di una ex casa di appuntamenti in cui l’autore aveva abitato per un periodo e che verrà nuovamente descritta in uno dei racconti contenuti in L’uomo della Tundra(2005, edito in Italia da Coconino). Appare già in questo racconto d’esordio uno degli elementi che diverranno fondamentali per la sua poetica narrativa: la quotidianità.

Nel 1971 vince finalmente il premio di “Big Comic” con “Voci Lontane” e nel 1975 dà vita al suo primo progetto seriale con “Animali Senza Nome” (Kodansha), in cui introduce un altro dei suoi argomenti preferiti: il rapporto con gli animali, che, come vedremo, caratterizzerà gran parte della sua opera venendo rielaborato con sempre maggiore sensibilità artistica.

Nel 1976 si apre, grazie alla collaborazione con lo sceneggiatore Natsuo Sekikawa, una parentesi artistica che porta Taniguchi a confrontarsi con l’hard boiled, attraverso opere come: “Rind!3”, “Città Aperta”, “Il vento dell’Est è Bianco” e, soprattutto, i racconti dell’antologia del 1986 “Hotel Harbour View” (edita in Italia sia da Play Press, che pubblica soltanto 3 racconti, che da Panini che la rinominaTokyo Killers).

La raccolta contiene 6 storie, sia in bianco e nero che a colori, con interessanti esperimenti narrativi, la prima, l’incompleta “Good Luck City”, per esempio, presenta tavole caratterizzate emotivamente attraverso l’uso del colore che suggerisce il tono di quanto sta avvenendo; nella vicenda (e così anche nelle altre storie dell’antologia) si sentono fortissime le influenze dei “polar” francesi e della letteratura pulp americana, le cui torbide atmosfere vengono ben rese grazie a neri profondi e ad un tratto volutamente sporco, ben distante dalla chiarezza e luminosità proprie del Taniguchi più maturo, benché si avverta già la sua attenzione per i dettagli ed il naturalismo delle scene.

Il racconto che dà il titolo alla raccolta, “Hotel Harbour View”, torna invece al bianco e nero e ci mostra un personaggio con un atteggiamento fortemente autodistruttivo, che sembra andare consapevolmente incontro alla morte.

Anche le altre storie si caratterizzano per una forte carica emotiva, per cui il lettore viene costretto ad empatizzare coi personaggi, condividendone motivazioni e sentimenti, fa però eccezione “Meurtre Tokioit”, scritta dal francese Alain Saumon, in cui il tratto di Taniguchi risulta ancor più grezzo e cupo e in cui i personaggi vengono delineati con una certa freddezza e distacco, come se ci si trovasse di fronte ad un saggio sui giapponesi (scritto nemmeno tanto brillantemente).

Sempre nel settore dell’hard boiled si colloca l’opera del 1996 “Benkei a New York”  scritta da Jinpachi Mori, in cui si vede un Taniguchi ormai stilisticamente maturo (siamo dieci anni dopo “Hotel Harbour View” e sono già uscite opere come “Ai Tempi di Bocchan”, “L’uomo che Cammina”, “Allevare un Cane” e “L’olmo e Altri Racconti”) alle prese con vicende particolarmente macabre (si riprende anche la tragedia greca con il terribile pasto servito ad una vittima e composto dal fegato della figlia).

In quest’opera il protagonista ha tutti i tratti caratteristici dei personaggi del più “europeo” dei mangaka, sembra infatti fuori dal tempo, nostalgicamente legato a tradizioni e ad una sorta di eleganza e raffinatezza nell’aspetto e nei modi che hanno ormai lasciato il passo alla frenesia della vita moderna.

La narrazione procede a scatti, scene di riflessione e dialoghi dai ritmi lenti sono intervallate da tavole di azione frenetica, in cui, nel giro di poche vignette, viene risolta la vicenda.

Tornando alle opere d’esordio merita una citazione la collaborazione con Caribu Marley, sceneggiatore famoso soprattutto per “Old Boy” (scritto con lo pseudonimo di Tsuchiya Garon, dal quale è stato tratto un ottimo film per la regia di Park Chan-wook), dalla quale nascono alcune storie ambientate nel mondo della boxe (tutte inedite in Italia).

Le opere storiche

Nel 1985 Taniguchi avvia, sempre su testi di Sekigawa, quella che rimane la sua opera più ambiziosa: “Ai Tempi di Bocchan”, in cui la biografia del romanziere Natsuke Soseki funge da punto di partenza per affrescare dal punto di vista letterario e politico un’epoca come l’era Meiji (1868-1912), caratterizzata da profondi sconvolgimenti per il Giappone che proprio in quegli anni abbandona il sistema feudale ed inizia ad aprirsi all’occidente con atteggiamenti ambivalenti.

Nei 5 volumi (10 nell’edizione italiana della Coconino), usciti in circa 10 anni, Taniguchi affina la sua abilità nel far parlare il paesaggio e i dettagli, rendendoli elementi narrativi fondamentali ed innalzandoli di fatto al ruolo di co-protagonisti.

È invece del 1992 la collaborazione con Kan Furuyama che porta alla realizzazione de “Il Libro del Vento”, opera incentrata sulla figura di Yagyu Jubei Mitsuyoshi, samurai vissuto nella prima metà del 1600, incaricato di recuperare i “Libri Segreti” degli Yagyu. In questo lavoro Taniguchi mostra di trovarsi a suo agio con le atmosfere del Giappone feudale e realizza dinamiche scene d’azione, in cui i retini lasciano spazio a movimentate linee cinetiche che danno forza e velocizzano i movimenti degli scontri.

La fantascienza
Il grande amore di Taniguchi per il fumetto europeo e francese in particolare trova compimento nel 2000 grazie alla collaborazione con uno degli autori più importanti della BD: Jean Giraud, meglio conosciuto come Moebius (precedentemente aveva collaborato anche con Frederic Boilet, uno degli autori francesi più legati al Giappone, basti pensare a Lo Spinacio di Yukiko edito da Coconino).

Con lui il giapponese rielabora il mito di Icaro (2 volumi editi da Coconino, il primo esaurito), inserendo il personaggio in un’asfissiante società futuristica, in cui il governo promuove gli esperimenti genetici e tratta i mutanti come cavie da laboratorio.

In questo freddo regime tecnocratico/militare irrompe la forza liberatoria dell’amore che porta Icaro e la scienziata sua amante (nei piani di Moebius i contenuti erotici avrebbero dovuto avere un peso maggiore) a fuggire in un volo eroico dal finale, in accordo col mito, probabilmente tragico.

Uso l’avverbio “probabilmente” perché purtroppo l’opera venne cancellata per scarse vendite ed i due autori non diedero quindi una conclusione alla vicenda che rimane sospesa proprio come i due protagonisti che restano sospesi in questo volo verso un futuro che non sappiamo cosa riservi loro.

Le prime incursioni nel mondo della fantascienza risalivano però alla fine degli anni ottanta, in cui videro la luce opere come Blanca(Panini Comics), storia di un cane dotato di poteri psichici di cui realizzerà anche un seguito  e “Cronache del Dissolvimento della Terra”.

I racconti

Una parte estremamente importante della produzione di Taniguchi è composta da racconti più o meno lunghi in cui l’autore esplora i piccoli “niente” del quotidiano svelandoci i profondi significati che vi si possono scoprire se si ha la pazienza di fermarsi ad osservare.

Esempio lampante sono le “vicende minime” de L’uomo che Cammina, in cui il protagonista / camminatore (alter ego dell’autore stesso) assapora la natura che ancora trova spazio tra le case guardandola con gli occhi meravigliati di un bambino.

I dettagli tratteggiati da Taniguchi con estrema precisione ci consentono di “vivere” quei paesaggi così perfetti, quasi sospesi nel tempo, un tempo che sta ormai scomparendo e al quale non si può guardare che con nostalgia. Così semplici passeggiate diventano spunto per profonde riflessioni sulla vita, sui rapporti interpersonali e sul rapporto con la natura e tra natura e città.

Di atmosfera e tematica simile sono anche le storie contenute nella raccolta “L’olmo e Altri Racconti”, in cui la flora diventa vera protagonista di storie minimaliste in cui il mangaka sembra suggerire come possa essere molto più profondo e sincero il legame con la natura che quello con le altre persone.

In questi racconti, infatti, ci vengono mostrati anche rapporti familiari bloccati nell’incomunicabilità e in una “forma” ormai divenuta “rito”, incapace di rispondere alle esigenze emotive dei personaggi, situazioni contrapposte, invece, all’immediatezza del legame col naturale.

In Allevare un Cane e Altri Racconti (recentemente ristampato da Panini con l’aggiunta di due racconti inediti) si analizza, invece, il rapporto con gli animali.

Nel racconto che dà il titolo all’antologia Taniguchi, partendo da uno spunto autobiografico come la morte del proprio cane, ripercorre gli ultimi, dolorosi momenti di vita dell’animale, mostrandone, con precisione quasi naturalistica, la sofferenza, riuscendo però a trasmettere la vasta gamma di emozioni scatenate dalla perdita.

Il rapporto col cane, ancora una volta, permette di parlare anche dei rapporti familiari in generale e coniugali in particolare, mostrando gli effetti che provoca la presenza di un animale in famiglia.

Nei tre capitoli (che potrebbero essere considerati quasi come tre racconti separati) vengono esplorate tre particolari situazioni di accudimento in cui viene trattato tutto l’arco della vita partendo dalla vecchiaia e dalla morte, passando per la nascita, qui vista attraverso il rapporto con dei gattini e la loro mamma, ed arrivando alla crescita, nell’ultimo capitolo, in cui si risolve una di quelle vicende familiari bloccate di cui parlavano in precedenza.

Negli altri racconti della raccolta si trattano temi come il rapporto dell’uomo con la montagna, tematica estremamente cara al giapponese, che, come vedremo, le dedicherà molte opere, la guerra (di cui viene presentato un aspetto decisamente poco noto come quello dell’impiego di unità cinofile nelle operazioni belliche) o il western (racconto questo dallo stile grafico più vicino alle opere noir degli esordi che alle altre presenti nell’antologia e che risulta un po’ fuori luogo).

Esperimento narrativo quasi unico nel suo genere sono i racconti contenuti in “Gourmet”, scritti da Masayuki Kusumi e dedicati completamente alla cucina giapponese, vera (ed unica) protagonista dell’opera.

L’intento degli autori è quello di creare una narrazione sinestetica caratterizzata da ritmi lenti che consentono al lettore di degustare al meglio i piatti presentati, come se fosse un critico gastronomico.

A questi vanno aggiunti anche i 6 racconti de L’uomo della Tundra (edito da Coconino) in cui si guarda alla natura nei suoi aspetti più selvaggi sul filone della narrativa di avventura a cui ha fortemente contribuito un autore come Jack London del quale qui vengono adattate due opere.

In questo caso si guarda anche i lati più violenti ed ostili del mondo naturale, mettendo in scena la lotta per la sopravvivenza nelle situazioni più disparate. Fanno in parte eccezione la storia dedicata al dolce rapporto tra una bambina e l’isola su cui vive (“L’isola di Kayose”) e il racconto in cui l’amore profondo di un biologo marino per le balene lo porta a seguirle nel loro viaggio verso la morte, sembra invece slegato dalla tematica principale dell’antologia il racconto “Shokaro” nel quale Taniguchi riprende uno dei suoi primi racconti, il succitato “La Stanza Arida” e ci presenta la vita e i sogni di un mangaka (lui stesso) in una pensione abitata da strani inquilini.

Al Tempo di Papà

Uno dei lavori più autobiografici di Taniguchi (secondo solo a “Uno Zoo d‘inverno”), quello in cui esplora maggiormente il rapporto col padre e la propria infanzia.

La storia comincia da una “fine”, rappresentata dalla morte del padre del protagonista, evento che ne determina il ritorno alla città natale, Tottori, dopo anni di assenza, per partecipare al funerale.

La vicenda, esclusa l’evenienza luttuosa, ricorda molto da vicino un episodio della vita di Taniguchi che, tornando a trovare i propri genitori dopo un lungo periodo, scopre profondamente cambiati i luoghi della sua infanzia, mentre trova sostanzialmente uguali le persone, preservate da una vita di campagna ben lontana dai ritmi frenetici della città. Tutta la nostalgia e il senso di colpa per l’aver “abbandonato” il proprio passato provati dall’autore in quest’occasione si ritrovano in “Al Tempo di Papà”, veicolati attraverso i pensieri e i flashback, vero fulcro della narrazione, del protagonista.

In questi scorci di passato Taniguchi ci mostra una figura paterna decisamente assente nelle vita del figlio, completamente assorbita dal lavoro, fonte di soddisfazione e motivo di orgoglio, nonché vero e proprio organizzatore dell’identità personale, secondo una logica per cui “cosa fai” (inteso come “che lavoro fai”) determina “chi sei”.

Questa concezione sembra rafforzata anche dalla scelta di Taniguchi di non mostrare mai il volto dell’uomo, ma di presentarlo sempre di spalle, intento a tagliare i capelli al cliente di turno, definendolo attraverso le proprie azioni.

Come spesso accade nei manga di Taniguchi le vicende personali finiscono per essere un punto da cui partire per riflettere anche sulla storia del Giappone e sui profondi mutamenti vissuti dalla nazione nel corso degli anni.

In questo caso è l’incendio di Tottori del 1952 a segnare il punto di rottura sia tra la tranquillità idilliaca del passato e la frenesia del presente che tra la spensieratezza dell’infanzia e le difficoltà della maturità, in cui il protagonista è costretto a confrontarsi col divorzio dei genitori e con l’allontanamento della madre.

Attraverso i racconti di parenti ed amici, inoltre, il figlio scopre aspetti della vita e del carattere del genitore che non aveva saputo vedere o non riusciva ad ammettere da piccolo, quando era in grado di percepire soltanto la sua colpevole lontananza, tale percorso di recupero della figura del padre sembra quindi metafora dello stesso percorso di accettazione svolto dall’autore e finalmente giunto a termine.

In una Lontana Città
Quartieri Lontani

Lavoro pubblicato sia da Rizzoli che da Coconino in 2 edizioni, anche con il titolo di “Quartieri Lontani”, “In una Lontana Città” rappresenta forse il capolavoro di Jiro Taniguchi.

La vicenda riprende temi come il rapporto coi genitori e quello con il “Giappone che non c’è più”già visto in “Al Tempo di Papà”, ma li esaspera ulteriormente grazie ad un escamotage fantascientifico: il viaggio nel tempo.

Il protagonista, Nakahara, addormentandosi in treno si ritrova alla stazione del paese natale e, preso da nostalgia, decide di fare visita alla tomba della madre sulla quale cade nuovamente addormentato, al risveglio si ritrova incredibilmente ringiovanito fino all’età di 14 anni e scopre di aver viaggiato a ritroso nel tempo pur conservando la coscienza del Sé adulto.

Il periodo scelto non è casuale, poiché rappresenta un “momento di rottura”, è infatti il momento in cui il padre del protagonista scompare incomprensibilmente, si ripropone quindi, ancora una volta, il tema della perdita e dell’assenza.

Il viaggio a ritroso nel tempo rappresenta un’occasione per chiarire questo grande trauma e per riscattare la propria adolescenza, ma diventa ben presto un pretesto per rivalutare le relazioni del Sé adulto, abbandonate nel presente (proprio come il padre aveva fatto nell‘infanzia), e per comprendere l’importanza e il valore delle responsabilità inevitabilmente legate alla maturità.

La Ragazza Scomparsa.

Con quest’opera (in Italia grazie a Coconino) Taniguchi torna ad esplorare l’amore per la montagna e temi vicini al thriller, mostrandoci due diversi tipi di esplorazione, entrambi capaci di portare l’uomo al limite.

La ricerca della figlia di un amico ed ex compagno di scalate, deceduto proprio nel corso di una di queste, porta, infatti, il protagonista Shiga, guida alpina, a confrontarsi con la città, territorio sconosciuto e pieno di insidie, proprio come la montagna che si era portata via, anni prima, l’amico.

Il tema del viaggio e della ricerca come sempre per Taniguchi diventano occasione per scoprire o riscoprire sé stessi e il proprio rapporto con gli altri e con la natura. In questo caso l’autore ci propone un nuovo aspetto della contrapposizione tra natura e città, facendoci riflettere su come sia allo stesso tempo estremamente simile ed estremamente diversa la crudeltà che caratterizza entrambe.

Un Cielo Radioso.

In Un Cielo Radioso(edito da Coconino) Taniguchi torna ad usare temi fantascientifici per esplorare i rapporti familiari, come già aveva fatto per “In una Lontana Città”.

In questo caso l’espediente è quello di una “trasmigrazione di anime”, per cui a seguito di un incidente l’anima di Kazuhiro, morto nello stesso, si trova catapultata nel corpo del ragazzo da lui investito e miracolosamente sopravvissuto.

L’occasione permette a Kazuhiro di interrogarsi su quanto ha ottenuto nella vita e sui rapporti che ha instaurato con le persone a lui più vicine, riflessione che lo porterà ad intraprendere un difficile percorso di espiazione per le mancanze di cui si è reso colpevole nei confronti dei familiari.

L’atmosfera che trasuda dalle tavole del mangaka giapponese è di un’eterea sospensione, come se il tempo si fosse per un attimo bloccato concedendo finalmente al protagonista un momento di riflessione, tale sospensione è, inoltre, in profondo contrasto con la frenesia delle tavole dell’incidente, in cui decise linee cinetiche ci conducono in una terribile corsa in moto verso la morte.

Inutile rimarcare come, ancora una volta, Taniguchi ribadisca l’impossibilità di una riflessione nella frenesia del mondo moderno, colpevole, a suo dire (e probabilmente non senza una certa dose di senso di colpa), di soffocare le relazioni interpersonali.

Uno Zoo d’inverno e Gli Anni Dolci.

“Uno Zoo d‘inverno” (edito da Rizzoli) è, quasi, l’autobiografia romanzata degli inizi della carriera da fumettista di Taniguchi, in questo lavoro l’autore ci racconta di come si sentisse incompreso e limitato nella piccola e provinciale Tottori e di come sia poi riuscito ad affermarsi nel mondo del manga.

Tutto ciò viene mostrato attraverso la storia di Hideo, fattorino di un’azienda tessile nella Kyoto del 1966, ragazzo pieno di sogni e forza di volontà, amante dello zoo e del disegno. Hideo in seguito al licenziamento decide di provare a ripartire da zero trasferendosi a Tokyo, dove conosce da un lato l’amore in tutte le sue forme, da quelle più triviali e squallide a quelle più alte e platoniche, dall’altro il lavoro nel mondo del fumetto, fatto di dedizione e sacrifici.

In quest’opera tornano le atmosfere e le situazioni di racconti come “La Stanza Arida” o “Shokaro”, di cui abbiamo parlato nello scorso articolo, qui trattate con maggiore maturità artistica e coinvolgimento.

L’ultima opera che ho scelto per la nostra analisi è Gli Anni Dolci(Rizzoli) in cui ci viene presentata una particolare relazione, quella tra un anziano professore ed una sua ex-alunna. Pur essendo la ragazza a fare da narratrice a prevalere è il punto di vista del professore, che fa da alter ego dell’autore stesso e permea le vicende di un’aura di malinconia.

La storia sembra essere quella di un’amicizia trans-generazionale trattata in maniera non banale, pur non mancando la riproposizione della relazione alunno/maestro che però Taniguchi non esita a ribaltare.

I temi sono ancora il confronto nostalgico tra ciò che era e ciò che è, ma questa volta non si esclude che il “mondo giovanile” possa produrre qualcosa di positivo (forse a patto che si ispiri ai valori di una volta? J) e non manca l’ennesima incursione nella natura, qui grazie ad una passeggiata nei boschi.

Altre opere.

In conclusione vanno ricordate anche opere come “Seton”, dedicata al fondatore dei boy scout americani Ernest Thompson Seton ed ambientata in un far west ben diverso da quello a cui ci hanno abituato i film western, con cowboy adolescenti e la natura, ancora una volta, a farla da padrona; “Mon Année” (inedita in Italia), scritta da Jean-David Morvan e dedicata ad un tema molto delicato ed originale come quello della crescita e dell’educazione di una bambina affetta da sindrome di Down e “Le Sommet des Dieux”, 5 volumi (inediti in Italia) dedicati all’impresa di George Mallory, primo uomo ad aver dichiarato di aver scalato l’Everest.

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